Lutto nella biodiversità: il chiurlottello e la prima estinzione globale di un uccello europeo

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Ogni estinzione è un lutto per la biodiversità e purtroppo il chiurlottello, o chiurlo dal becco sottile, (Numenius tenuirostris) è ormai estinto al 96%, secondo la comunità scientifica. Questa percentuale che ci dà il 4% di speranza dipende dal fatto che la specie ha un areale esteso ed è un uccello migratore transcontinentale, quindi non possiamo per ora avere la certezza di avere detto addio per sempre a questo bel limicolo che un tempo si riproduceva nella Siberia occidentale e svernava nel Mediterraneo. Uno studio condotto dai ricercatori di Rspb, BirdLife International, Naturalis Biodiversity Center di Leiden e il Museo di Storia naturale di Londra afferma che l‘ultima osservazione accertata risale al 1995, nonostante le diverse iniziative internazionali di ricerca mirata e il crescente numero di rilevatori impegnati sulle due sponde del Mediterraneo nei monitoraggi invernali degli uccelli acquatici nell’ambito dell’International Waterbird Census, coordinato in Italia dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra).

Dove viveva

Il chiurlottello è – o più probabilmente era – un uccello presente dalle coste del Mediterraneo fino alle regioni occidentali dell’Asia, particolarmente abbondante in Italia, Paese chiave per la specie a giudicare dal numero di avvistamenti prima del 1995 e dal numero di reperti museali raccolti fra l’800 e il ‘900. “Quando il chiurlottello ha smesso di tornare nel suo principale sito di svernamento a Merja Zerga, in Marocco, sono stati compiuti molti sforzi per cercare di localizzarlo nelle zone di riproduzione”, racconta Alex Bond, Senior Curator in Charge of birds del Museo di Storia naturale di Tring. “Diverse spedizioni e centinaia di migliaia di chilometri quadrati di ricerca non hanno, purtroppo, portato a nulla”.

Esemplare di Numenius tenuirostris esposto al MUSE di Trento (foto credit: Wikipedia / Ghedoghedo) 

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Perché è scomparso

La probabile estinzione della specie non è imputabile a una singola causa, ma a una serie di fattori, molti dei quali correlati all’impatto delle attività umane. Secondo gli studiosi, le principali cause sono state le bonifiche estensive delle zone umide e un prelievo venatorio massiccio soprattutto negli ultimi tempi, quando la sua popolazione era già ridotta, frammentata e in declino. Anche la scarsa diffidenza nei confronti dell’uomo ha reso il chiurlottello facile preda di cacciatori e collezionisti. Il Piano d’azione nazionale realizzato per la tutela della specie nel 2001 dall’Ispra (allora Istituto nazionale per la fauna selvatica) su incarico del Ministero dell’Ambiente, secondo lo stesso Istituto è stato “ampiamente disatteso in fase applicativa e non è purtroppo stato in grado di incidere sull’andamento negativo della sua popolazione”.Va sottolineato che più di 150 specie si sono estinte a livello globale dal 1500. Il 90% delle estinzioni di uccelli ha colpito le specie insulari. Secondo Alex Berryman, responsabile della Lista Rossa Iucn per BirdLife International e coautore dello studio sul chiurlottello, “mentre l’ondata di estinzioni nelle isole potrebbe rallentare, il tasso di estinzioni continentali è in aumento. Questo è il risultato della distruzione e del degrado degli habitat, dello sfruttamento eccessivo e di altre minacce”.

Le preoccupazioni degli studiosi

“Questa è una delle storie più devastanti che siano emerse nel campo della conservazione della natura da un secolo a questa parte”, afferma Nicola Crockford, Principal Policy Officer della Rspb. “Si tratta della prima estinzione globale conosciuta di una specie di uccelli proveniente dall’Europa continentale, dal Nord Africa e dall’Asia occidentale ed è accaduto nel corso della nostra esistenza. Come possiamo aspettarci che i Paesi extraeuropei si impegnino per salvare le loro specie quando i nostri Paesi, relativamente ricchi, hanno fallito in questo?”. Per salvare gli uccelli, sottolinea Alex Berryman, “è necessario un intervento urgente di conservazione, senza il quale dobbiamo prepararci a un’ondata di estinzione molto più ampia che si abbatterà sui continenti”. Secondo Alex Bond, “affrontare il cambiamento climatico, la distruzione dell’habitat e l’inquinamento è la migliore opportunità che abbiamo per proteggerli”.



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