Maxi truffa all’Agenzia delle Entrate, 3 arresti della Finanza nel Reggino

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Il comando provinciale della Guardia di finanza di Reggio Calabria, su disposizione della magistratura, ha posto agli arresti domiciliari 3 persone e sequestrato beni per oltre 700mila euro. Le indagini, svolte a partire dal 2019, hanno avuto origine da una segnalazione della direzione provinciale dell’Agenzia delle entrate di Reggio Calabria, nella quale venivano evidenziate anomalie sulla compilazione di alcune dichiarazioni fiscali. 

E’ stata così scoperta un’organizzazione criminale che aveva acquisito le credenziali di accesso ai servizi telematici dei contribuenti carpite indebitamente (anche attraverso il coinvolgimento di pubblici ufficiali infedeli) o ottenute mediante la diretta comunicazione da parte dei contribuenti stessi (a volte ignari, a volte compiacenti di quanto stava accadendo). In questo modo, gli indagati riuscivano a sostituirsi a questi ultimi, a inserire le relative dichiarazioni, a gestire le pratiche di rimborso e a verificarne il buon esito. 

Il sistema truffaldino – che nel tempo si era ramificato su un vasto territorio della provincia di Reggio Calabria, permettendo l’ottenimento di ingenti profitti – aveva raggiunto una portata talmente ampia da attirare anche l’attenzione di alcune cosche di ‘ndrangheta, in particolare di quella dei Pisano detti “i Diavoli”, egemone nella piana di Gioia Tauro. Per ogni rimborso non dovuto, ciascun soggetto restituiva al sodalizio il 40% del percepito, trattenendo per sé il restante 60%. Al riguardo, sono stati individuati, complessivamente, oltre 1.200 modelli dichiarativi infedeli, relativi agli anni di imposta dal 2016 al 2022, che hanno consentito indebiti rimborsi per un importo complessivo pari ad euro 718.426,25 (di cui circa 312.119,29 corrisposti ai membri dell’associazione criminale), sottoposti a sequestro con l’odierno provvedimento cautelare.

Cessione crediti fiscali

procedure celeri

 

L’associazione criminale era organizzata in maniera strutturata e gerarchica. Al suo vertice figuravano i destinatari degli arresti domiciliari, i quali si servivano di “intermediari” che avevano il compito di “procacciare” contribuenti e indurli – dietro la proposta di ottenere denaro facile sotto forma di rimborsi – a fornire i propri dati personali, le credenziali di accesso al portale dell’Agenzia delle Entrate e la documentazione necessaria alla presentazione delle dichiarazioni fiscali fraudolente. 

I contribuenti coinvolti venivano “arruolati” tra parenti o amici degli stessi procacciatori o nell’ambito di intere categorie omogenee di soggetti quali, ad esempio, alcune associazioni di pescatori dell’area tirrenica, i dipendenti di alcune società a partecipazione statale e i dipendenti di talune aziende operanti in alcune aree portuali calabresi. La struttura criminale si è avvalsa anche di pubblici ufficiali infedeli, uno di cui in pensione, i quali, sfruttando il loro status di dipendenti dell’Agenzia delle Entrate, si adoperavano per procurarsi altre credenziali di accesso di contribuenti. 

Le dichiarazioni fiscali sono state così alterate con varie metodi: l’indicazione, nell’elenco dei familiari a carico, di appartenenti ad altro nucleo familiare, oppure di cittadini italiani cancellati dall’Anagrafe dei comuni italiani e iscritti all’Aire (Anagrafe italiani residenti all’estero); l’inserimento di spese sanitarie, spesso anche di ingente entità inesistenti; la richiesta di rimborsi Irpef in relazione a ritenute fittiziamente subite con riguardo a redditi falsamente percepiti. 

I vertici del sodalizio, per non essere individuati, adottavano una serie di accorgimenti come l’assenza di contatti diretti con i contribuenti finali (in modo da salvaguardare la propria identità) oppure l’utilizzo di una rete di operatori Caf inesistenti dislocati sul territorio, o l’apertura di veri e propri centri di raccolta che, accreditati presso sigle sindacali nazionali, nei fatti si rivelavano invece fittizi. Inoltre, allo scopo di ridurre al massimo il rischio di essere scoperti, il rimborso indebitamente richiesto e ottenuto veniva sempre limitato ad una somma inferiore a 4.000 euro (limite oltre il quale è prevista l’attivazione delle procedure automatizzate di controllo in tema di dichiarazioni dei redditi). 

 

Intervistati:

Agostino Tortora, comandante provinciale Guardia di Finanza Reggio Calabria

Giovanni Ferrajolo, comandante del gruppo Guardia di Finanza Reggio Calabria

Finanziamo agevolati

Contributi per le imprese

 



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