Il senatore e membro del Copasir: «La versione di Nordio che esclude il suo ministero non mi convince. La premier spieghi se abbiamo spiato un sacerdote che compie azioni umanitarie per volere del Vaticano»
Senatore di Italia Viva e membro del Copasir, Enrico Borghi ha seguito la vicenda Paragon, il caso di spionaggio che ha riguardato il direttore di Fanpage Francesco Cancellato, gli attivisti Luca Casarini e Beppe Caccia e il parroco di Mediterranea don Mattia Ferrari, particolarmente da vicino. Le audizioni del Copasir continuano ma la situazione è tutt’altro che chiara.
Senatore Borghi, lei che idea si è fatto? Chi ha spiato e perché?
«Io riepilogherei i fatti. Evitando di perdersi nella logica retroscenista, credo che non siano contestabili quattro aspetti. Il primo: è stato usato un software di altissima generazione e di grandi potenzialità che viene affidato, proprio per le sue caratteristiche, a governi democratici, per esplicita ammissione del produttore. Questo potente intrusore è stato utilizzato in Italia. Secondo fatto: questo potente mezzo è stato sospeso con certezza solo in Italia. Dalle verifiche di Meta e City Lab sappiamo che sono stati acclarati 90 casi, 61 a livello europeo, in 14 differenti paesi, ma solo l’Italia ha avuto la sospensione della licenza».
Il governo ha detto che hanno sospeso loro il contratto e che la notizia su una violazione di policy da parte dell’Italia è falsa, lei non ci crede?
«Sono stati gli articoli su Haaretz e Guardian a sostenere che la licenza nei confronti del nostro paese era stata bloccata, poi il ministro per i rapporti con il parlamento, Luca Ciriani, nella settimana di Sanremo dice che il software di spionaggio è ancora nel pieno utilizzo del nostro paese. Quindi, il venerdì sera, un’agenzia ansa non smentita, che cita fonti di governo e Paragon, dice che l’accordo è sospeso. Non ci sono comunicati ufficiali. Quindi che sia stato sospeso alle agenzie governative è ancora un fatto».
E il quarto?
«E’ stato spiato un giornalista, Francesco Cancellato, che per la policy dell’azienda che produce il software e per la legge italiana non poteva essere spiato».
Don Mattia Ferrari non ha una tutela speciale come accade per i giornalisti, ma è comunque significativo che venga ascoltata una persona così vicina a Papa Francesco con uno spyware o invece è normale?
«E’ uno dei punti che devono essere chiariti, tanto più dopo che monsignor Savino ha chiarito che la presenza di don Mattia sulla nave Mediterranea è una attività disposta dalla chiesa cattolica. Siccome è vigente il concordato e uno dei pilastri è la divisione dei poteri e quindi lo Stato non deve condizionare l’operato della chiesa cattolica e viceversa , siamo davanti ad un elemento di estrema delicatezza. Il punto politico che Italia Viva pone al governo è molto semplice: non si può continuare a navigare nella nebbia, su una vicenda che tocca profondamente il diritto alla privacy dei cittadini. Lo stato per motivi di sicurezza può usare strumenti anche potenti ma deve farlo sempre rispettando la legge».
L’ha convinta la risposta di Nordio sul fatto che la penitenziaria e il ministero della Giustizia non c’entrano?
«Non mi ha convinto lo stop and go del governo, prima il sottosegretario Mantovano manda una lettera alla Camera dicendo che a seguito della dichiarazione fatta da Ciriani in aula ogni altra comunicazione sulla vicenda era da considerare classificata e sarebbe stato investito il Copasir. Poche ora dopo il ministro Nordio, smentendo il sottosegretario Mantovano, ha fatto una dichiarazione un po’ anodina, dicendo che il ministero non ha comprato Paragon ma ciò non esclude che in linea di principio non l’abbiano mai usato o almeno io così ho inteso le sue dichiarazioni».
Ma è possibile che non si sappia chi l’ha usato? E’ una versione credibile?
«Chi ha delle responsabilità deve chiarire, vale per Paragon come per Almasri. Le due vicende hanno un singolare parallelismo a partire dal fatto che chi ha trafficato in esseri umani va a casa con tutti gli onori e chi salva vite umane riceve questo tipo di trattamento. Meloni dovrebbe venire in parlamento e assumersi le responsabilità che le competono su questa materia, invece non ha messo segreti di stato, ha lasciato che si dessero alcune interpretazioni sui media e altre completamente diverse in aula. Vuole venire almeno al Copasir a dirci le cose come stanno?»
Il Copasir avrà una risposta chiara alla fine delle audizioni che state facendo?
«Io sono convinto che farà la sua parte fino in fondo con gli strumenti che la legge gli attribuisce ma leggo che ci sono procure della repubblica che hanno avviato attività di indagini. Auspico però che la politica si assuma la responsabilità di quanto accaduto, noi viviamo nell’era digitale e stiamo per entrare in quella quantistica dove la potenza, la velocità e la capacità di calcolo dello scambio di informazioni saranno estreme. Se sbagliamo il modo in cui governiamo l’era del digitale come democrazie andremo a sfracellarci nell’era del quantistico».
Joel Kaplan chief Global affairs officer di Meta ieri ha incontrato Meloni. Secondo lei hanno parlato anche di questo?
«E’ una delle cose che vorrei chiedere al primo ministro se si decidesse a venire. Palazzo Chigi non può diventare una merchant bank e se crediamo nel primato della politica bisogna però agire seguendo anche i limiti e i doveri che l’avere incarichi pubblici impone».
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