Riccardo Ielmini, non siamo che poveri cristi o poveri diavoli

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Impetuoso, audace, martellante: che gran sorpresa “Spettri diavoli cristi noi” di Riccardo Ielmini. Un romanzo fuori da schemi e omologazioni, tra le avventure – oscuri accadimenti, bizzarri personaggi e terribili rivelazioni – di un gruppo di ragazzi in un piccolo mondo, la Contea, e una forte, ma non netta, ambivalenza bene/male. Non senza un risvolto malinconico emozionale… 

«Non chiedere mai più al diavolo di occuparsi del diavolo». Nel libro questa suona quasi come una minaccia.

Spettri diavoli cristi noi (180 pagine, 16 euro) non è un libro convenzionale. Ma il mio vuole essere solo un monito.

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Ora un consiglio: anche qualora siate avvezzi ad approcci più consuetudinari non spaventatevi, serve solo un po’ di apertura mentale e di coraggio. Lo stesso che certamente non è mancato alla Neo Edizioni quando ha scelto come vincitore del suo primo Premio nazionale di narrativa 2024 questo racconto di Riccardo Ielmini, uscendo fuori dagli schemi e riconoscendo all’autore l’audacia di esprimersi libero da vincoli e omologazioni. (È notizia di qualche ora anche la candidatura al Premio Strega 2025). Questa lungimiranza editoriale non è da tutti… noi lettori siamo altrettanto pronti?

Povero diavolo…

All’inizio credevo di leggere una sorta di noir, poi sono spuntate le messe nere e ho pensato ad un horror gotico, poi qualche omicidio misterioso mi ha portato verso il thriller e alla fine quando si è palesato un risvolto malinconico emozionale – forse autobiografico? – ho capito che non ci avevo capito niente. Spettri diavoli cristi noi è molte cose, dosate con sapienza per creare un racconto impossibile da incasellare entro i limiti comuni di denominazione di genere. Leggendolo si ha l’impressione di ascoltare una sorta di canto popolare mistico, quasi leggendario.

…compiendo in bmx le infinite perlustrazioni del nostro piccolo mondo antico alla ricerca di cristi e spettri, io e gli altri della ghenga li trovavamo su, alla sommità del bosco…

Quel “piccolo mondo” è la Contea, grande protagonista e sfondo delle avventure della ghenga, la Confraternita, Noi, un gruppetto di ragazzi che in sella alle loro bmx si ritroverà invischiata in oscuri accadimenti, bizzarri personaggi e terribili rivelazioni.

Nelle orecchie sempre il suono della voce delle “vecchie” che tentano con la paura di costruire un impalcatura morale solida nei ragazzi contro il Diavolo, il male che aleggia ed è in agguato.

È forte ed insistente questa ambivalenza bene/male, Cristo e anticristo che però si mescola, non è netta ma assume contorni sfumati in base alle vicende che non appaiono sempre chiare ma sono veri e propri casi da risolvere per i membri della ghenga.

Per questo i capitoli si susseguono in episodi apparentemente autonomi – squarci di ricordi di gioventù, recitativi di singoli personaggi, una meravigliosa incursione metaletteraria in onore di Roberto Bolaño – che andando avanti si scoprono intrecciati, con i protagonisti e i ricordi che tornano come spettri della memoria.

… che pena mi fa

Ma il coraggio di queste pagine risiede soprattutto nello stile, rendendolo un punto di forza.

Riccardo Ielmini è impetuoso e a tratti pare quasi “posseduto”, come probabilmente gli direbbero le vecchie della Contea.

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Alcuni capitoli seguono una logica allucinata rendendo la scrittura martellante, paratattica, simile ad un flusso di coscienza in cui le parole si rincorrono schiacciando ogni pausa con un urgenza tale da non lasciare spazio neanche ai capoversi.

Eppure c’è tra queste righe così apparentemente impulsive anche qualcosa di più introspettivo, un sentimento che quando riemerge può sembrare tangibile: la nostalgia. Quella nostalgia per un passato fatto di cose semplici e amici ormai perduti, perché scomparsi o lontani.

E a chi resta, resta una malinconia che culla nel ricordo. Una consapevolezza che ci ricorda che alla fine di tutto, con gli errori o con i meriti, altro non siamo che poveri cristi o poveri diavoli.

Anche la mia ghenga ha patito i segni del tempo e si è dibattuta: qualcuno ha rapinato e scialato carne a Cap d’Agde, qualcuno ha oscillato fra stenti e lussi, qualcuno ha continuato a struggersi al baluginio di desideri e santità. Io sono rimasto qui, nel mio qui di slanci tiepidi, meraviglie intermittenti e malinconie sanguinanti. Ho ancora i miei desideri, e mi faccio scuotere.

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