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Dal degrado, con tanto di piantagione di marijuana in area demaniale, a un polo culturale e turistico, capace, però, di sollevare l’economia di un territorio martoriato. Hanno già risposto in tanti all’«appello» del parco archeologico di Pompei per risanare il polverificio borbonico, gigante malato sulle rive del fiume Sarno, a Scafati nel salernitano, a un tiro di schioppo dagli scavi pompeiani.
Un project financing in un’area immensa dove coesistono di fianco edifici borbonici, destinati alla produzione di polvere da sparo, riconversioni di inizio Unità d’Italia, con uno dei tabacchifici più grandi del Paesi, palazzi moderni e capannoni ormai sventrati. L’unico comun denominatore l’abbandono di quello che una volta era il fiore all’occhiello del territorio, insinuatosi dappertutto, rendendo l’enorme complesso un ammasso fatiscente tra muri scrostati, travi arrugginite, finestre rotte, chiesette saccheggiate. Resiste un bellissimo filare di platani, alberi ormai centenari, che introducono, lungo un viale di 400 metri all’opificio voluto, nel 1851 da Ferdinando II di Borbone, completato nel 1857 per allontanarlo da Torre Annunziata, densamente popolata, dove c’era la sede originaria della real fabbrica di polveri e nitri, giudicata troppo pericolosa.
«Quando lo vidi la prima volta – confessa il direttore del Parco Gabriel Zuchtriegel – rimasi impaurito. Un’area enorme, trentamila metri quadrati (più della metà del Demanio e il resto di proprietà del Comune di Scafati, ndr), dove fu scoperta anche una piantagione di marijuana nascosta al suo interno». Pian piano però Zuchtriegel ha iniziato a mettere le cose a posto insieme con il suo staff, facendo rete con le altre istituzioni, il Comune di Scafati e appunto il Demanio.
E da ieri si sono visti i primi frutti. Hanno risposto, tra le altre, imprese come MA group, ATI project, Kroll, Redo, STI engineering, Irgenre, Alario, Encon, REA, Grande, Bourelly.
E ieri mattina l’agenzia del Demanio e il parco archeologico di Pompei hanno incontrato investitori privati e stakeholder per illustrare gli obiettivi di valorizzazione del polverificio e l’avviso di consultazione di mercato, pubblicato lo scorso 27 gennaio, per raccogliere proposte di riqualificazione di un bene dello Stato di grande valore storico-artistico e identitario, unico per contesto e potenzialità di sviluppo.
«Abbiamo abbracciato questo progetto con una nuova visione: passare la centralità all’utenza che ospita il bene, quindi al cittadino che vive il bene. Noi dobbiamo creare valore» ha spiegato Alessandra dal Verme, direttore dell’agenzia del Demanio. «Anche perché – ha continuato – quando un cittadino vede un bene demaniale nel degrado lo collega allo Stato. E poi il polverificio Borbonico rappresenta un’opportunità unica per gli investitori interessati a un grande progetto di valorizzazione del patrimonio pubblico».
L’obiettivo in pratica è quello di realizzare, attraverso il partenariato pubblico-privato, un progetto di rigenerazione di un complesso di 15 ettari in una posizione strategica tra Napoli e Salerno, che per dimensioni (29.000 mq coperti e 173.000 metri cubi di volumetrie) e vocazione architettonica, culturale e agricola, ha tutti gli elementi per essere trasformato in un polo di grande attrattività turistico-culturale, ambientale e di ricerca scientifica.
All’evento, presso l’auditorium del Parco Archeologico di Pompei, è stata annunciata la proroga dell’avviso di consultazione di mercato al prossimo 30 aprile. Il sindaco di Scafati, Pasquale Aliberti, punta a un polo turistico attrattivo assicurando che il Comune salernitano è disponibile a «mettere in campo varianti urbanistiche necessarie a vantaggio dei privati che vorranno investire».
Partner dell’operazione The European House – Ambrosetti spa. Cetti Lauteta, responsabile Practice Scenario Sud di Teha Group ha ricordato i numeri economici della Campania. «Qui non c’è il deserto, come tanti pensano. Come Ambrosetti abbiamo aperto un osservatorio, “Verso Sud”, la nostra piattaforma. Una terra di potenzialità ma di grande dinamismo e con solide realtà. Basti pensare al turismo. Ogni turista porta in Campania 167 euro contro i 144 della media nazionale. Quindi c’è qualità. E poi abbiamo previsto un potenziale di investimenti nel Meridione di 163 miliardi sino al 2030. Insomma, per fare un paragone calcistico, la crescita della Campania è roba da serie A».
A Bruno Discepolo, assessore regionale all’Urbanistica, il compito di ricordare che «alcuni esperimenti del genere in passato sono falliti. Ma mi sembra che qui sia stato fatto tutto bene e anche la Regione Campania, tra le sue direttrici urbanistiche, punta ai nuovi paradigmi della rigenerazione urbana più che al consumo di nuovo suolo».
L’idea, come detto, è quella di un grande polo ricettivo, culturale, sociale ed economico. Gli scavi di Pompei superano stabilmente i 4 milioni di visitatori all’anno. Ma il parco è fatto anche di altre realtà, come il museo di Boscoreale, Oplontis, Stabiae, Longola, la Reggia di Quisisana. Tutte piccole realtà che tentano di trovare i loro spazi nell’enorme flusso di turisti a Pompei e in Campania.
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