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Matteo Salvini: “Pagassero i giudici, se amano particolarmente i clandestini”
Le sezioni unite della Corte di Cassazione hanno accolto il ricorso presentato da un gruppo di migranti a cui, dal 16 al 25 agosto del 2018, fu impedito di sbarcare della Guardia Costiera che li aveva soccorsi in mare dietro disposizione dell’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini. I giudici hanno quindi stabilito che il Governo italiano dovrà risarcirli. Una sentenza che ha scatenato l’indignazione della maggioranza. “Sentenza vergognosa, perché mi sembra un’altra invasione di campo indebita”, ha dichiarato il vicepremier a margine di un evento a Palazzo Lombardia. “Pagassero i giudici, se amano particolarmente i clandestini, ne accolgano un po’ a casa loro. Se di fronte allo splendido palazzo della Cassazione allestissero un bel campo rom o un bel campo profughi, qualcuno cambierebbe idea“, ha aggiunto. Nell’istanza si chiedeva la condanna del Governo italiano a risarcire i danni non patrimoniali determinati ai profughi dalla privazione della libertà. Il collegio ha rinviato al giudice di merito la quantificazione del danno di fatto, condannando però il Governo. Per la vicenda, il Tribunale dei ministri di Palermo indagò l’allora ministro dell’Interno Salvini per sequestro di persona ritenendo illegittimo il trattenimento dei profughi sull’imbarcazione italiana. Il caso fu poi trasmesso a Catania per competenza territoriale e la Procura etnea chiese l’archiviazione.
Il tribunale dei ministri locale la respinse chiedendo al Senato l’autorizzazione a procedere per il leader della Lega. A Palazzo Madama (erano i tempi del Governo M5S-Lega) la Giunta per le Autorizzazioni a procedere votò contro. Scrivono i giudici nelle motivazioni della sentenza: “L’obbligo del soccorso in mare corrisponde a un’antica regola di carattere consuetudinario, rappresenta il fondamento delle principali convenzioni internazionali, oltre che del diritto marittimo italiano e costituisce un preciso dovere tutti i soggetti, pubblici o privati, che abbiano notizia di una nave o persona in pericolo esistente in qualsiasi zona di mare in cui si verifichi tale necessità e come tale esso deve considerarsi prevalente su tutte le norme e gli accordi bilaterali finalizzati al contrasto dell’immigrazione irregolare”. I giudici escludono “che il rifiuto dell’autorizzazione allo sbarco dei migranti soccorsi in mare, protratto per dieci giorni, possa considerarsi quale atto politico sottratto al controllo giurisdizionale. Si è in presenza, piuttosto, di un atto che esprime una funzione amministrativa da svolgere, sia pure in attuazione di un indirizzo politico, al fine di contemperare gli interessi in gioco e che proprio per questo si innesta su una regolamentazione che a vari livelli, internazionale e nazionale, ne segna i confini. Le motivazioni politiche alla base della condotta non ne snaturano la qualificazione, non rendono, cioè, politico un atto che è, e resta, ontologicamente amministrativo. Non vi è dunque difetto assoluto di giurisdizione”. La Cassazione aggiunge: “Nella misura in cui l’ambito di estensione del potere discrezionale, anche quello amplissimo che connota un’azione di governo, è circoscritto da vincoli posti da norme giuridiche che ne segnano i confini o ne indirizzano l’esercizio, il rispetto di tali vincoli costituisce un requisito di legittimità e di validità dell’atto, sindacabile nelle sedi appropriate. E tra tali vincoli rilievo primario ha certamente il rispetto e la salvaguardia dei diritti inviolabili della persona. L’azione del Governo, ancorché motivata da ragioni politiche, non può mai ritenersi sottratta al sindacato giurisdizionale quando si ponga al di fuori dei limiti che la Costituzione e la legge gli impongono, soprattutto quando siano in gioco i diritti fondamentali dei cittadini (o stranieri), costituzionalmente tutelati”.
Foto © Imagoeconomica
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di Saverio Lodato
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