«Con i privati tempi lunghi, normativa da cambiare»

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Quell’occhiolino del vigile del fuoco che lo ha avvertito della presenza di Rosalia, ancora viva sotto le macerie della palazzina crollata a Bari, non lo dimenticherà mai. Il sindaco Vito Leccese racconta le 26 ore trascorse in via De Amicis, dai minuti poco dopo il crollo dell’edificio fino al ritrovamento della 74enne. Leccese ha scelto la strada del silenzio (anche social), dell’apprensione, della vicinanza ai vigili del fuoco durante la corsa contro il tempo per recuperare l’anziana signora.

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Sindaco Leccese, lei ha seguito tutte le operazioni di soccorso sin dal primo momento dopo il crollo, cosa ha provato quando le hanno detto che una speranza c’era ancora per Rosalia?

«Sono arrivato sul posto alle 19.05, poco dopo il crollo e sono rimasto lì fino a quando la signora Rosalia è stata portata via in ambulanza.

Fino alla tarda mattina del giovedì, quindi il giorno dopo il crollo, le operazioni procedevano a mani nude, nella zona dove era stata avvertita la vibrazione del telefonino, che poi la signora mi ha confermato, quando sono andato a trovarla al Policlinico, che aveva lasciato in un’altra stanza. Poi hanno incominciato a usare le ruspe e i cani non hanno mai dato segnali di presenze. Quando è stata ritrovata è stato un momento da brividi. In 26 ore seguendoli in diretta avevo capito tutti i loro segnali: con uno squillo di tromba si chiedeva il silenzio assoluto per ascoltare, tre squilli il pericolo imminente e bisognava allontanarsi, e poi anche i gesti che usavano. Perché sul posto non potevano andare in tanti, c’era e c’è ancora il pericolo crollo dei solai. Giovedì sera è stato chiesto all’improvviso il silenzio e uno dei funzionari dell’Usar (Urban search and rescue) il reparto dei vigili del fuoco addetto proprio ad agire in caso di disastri, mi ha fatto l’occhiolino, mi sono abbracciato con Nino, il figlio della signora, gli ho detto “Vedrai che la ritroveranno viva”. E poi dopo qualche attimo hanno incominciato a parlare con lei».

Lei è andato a trovare la signora Rosalia in ospedale, cosa le ha raccontato?

«Sì, ricordava cosa era successo. Mi ha raccontato che una volta che ha sentito questo scricchiolio forte è scappata e si è salvata perché protetta dalla porta blindata che le ha fatto da scudo. Aveva le gambe bloccate e poteva muovere solo il braccio destro, è riuscita così a proteggersi la bocca per evitare di ingerire la polvere. Ad un certo punto ha visto la luce della torcia e ha iniziato a parlare con i vigili. Solo il cane non si sa che fine abbia fatto, lei ricorda che era con lei e poi però si è allontanato. I vigili del fuoco sono stati di una umanità e delicatezza incredibili. La comandante aveva una planimetria e andava dal figlio ogni volta che trovavano qualcosa per individuare la stanza. Una professionalità straordinaria. È stato incredibile averla ritrovata dopo 26 ore viva, dopo che era stato accertato che per il tipo di materiali da costruzione dell’epoca, soprattutto tufo e travi di cemento, gli spazi dell’aria sarebbero stati esigui».

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Qual è la situazione attuale?

«Dopo la convalida del sequestro e il ridimensionamento dell’area, i tecnici comunali hanno effettuato un sopralluogo accertando che lo stabile di via Pinto 22 poteva essere riaperto, così i 12 residenti che erano stati evacuati, potranno rientrare questa mattina nelle loro abitazioni. Restano ovviamente chiusi gli altri due stabili di via De Robertis e in via Pinto (adiacente all’immobile crollato) e stiamo assistendo 20 persone evacuate».

Ha incontrato le famiglie che sono state allontanate dalle loro case?

«Sì, alcune quella sera, altre le incontrerò nelle prossime ore per poter ascoltare le loro esigenze e capire di cosa hanno bisogno».

Il Comune ha ricostruito quanto accaduto, sottolineando che il crollo è avvenuto dopo l’avvio dei lavori di consolidamento statico.

«Io adesso non voglio parlare di responsabilità anche perché non spetta a me. Aspettiamo di capire cosa sia successo realmente, il sostituto procuratore era sul posto nell’imminenza del disastro, lasciamo fare le indagini alla Procura. C’è la massima attenzione, l’evento è stato così drammatico e ha colpito in modo così forte la comunità che ha risposto bene in termine di solidarietà. Siamo ancora nella fase del soccorso e della messa in sicurezza».

In un recente report avete detto che in un anno ci sono state 200 pratiche attivate dall’edilizia pericolante. Ora è necessaria una ulteriore ricognizione?

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«I controlli ci sono sempre, appena vengono fatte le segnalazioni parte la procedura. Di quelle 200 pratiche solo una, quella di via De Amicis, ha portato alla dichiarazione di inagibilità. Il sindaco è responsabile e deve tutelare la pubblica incolumità, ma non è semplicissimo perché quando si interviene su beni privati c’è una procedura da seguire, bisogna prima mandare le diffide, poi attendere una tempistica e nel caso procedere in danno».

Quindi c’è un problema normativo di base?

«Io credo di sì. Sui sindaci ricadono responsabilità enormi, i sindaci sono diventati i punti di riferimento di prossimità ma non hanno strumenti normativi e amministrativi. Tutto quello che si può fare facciamo, tenuto conto della difficoltà che negli ultimi tempi i Comuni stanno affrontando dal punto di vista finanziario e di dotazione organica. Noi, rispetto al 2019 non siamo ancora riusciti a recuperare quello che abbiamo perso con il blocco del turn over disposto dalla spending review. Le faccio un esempio: nel 2000 i dirigenti erano 99, oggi dopo 25 anni sono 50, la metà e non perché abbiamo sbagliato le politiche di reclutamento, ma per effetto dei turn over e dei tagli».

Nessun allarme sulle condizioni di alcuni palazzi a Bari?

«Assolutamente no, ho letto con attenzione e in parte condiviso anche l’analisi che ha fatto il presidente dell’Ance Bari Bat, Nicola Bonerba, sulla necessità di ammodernare il patrimonio immobiliare, ma io credo che gli interventi debbano essere inquadrati in una programmazione urbanistica più ampia che debba prevedere la rigenerazione urbana e la riduzione del consumo di suolo. Se continuiamo a utilizzare strumenti che portano ad usare in modo irrazionale il suolo, non facciamo un buon servizio al territorio; questa città non può più permettersi di pensare alla trasformazione edilizia del territorio senza inserire il tutto in una dimensione complessiva di rigenerazione urbana e sociale. Questa è la sfida di questa amministrazione. Questa è la sfida del nuovo Pug che dovrà tenere conto delle nuove sensibilità e delle nuove esigenze».

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