Un’emergenza che si aggrava
La questione delle demolizioni in Campania ha ormai raggiunto proporzioni allarmanti: si stima che siano oltre 300.000 le abitazioni a rischio abbattimento. Dietro questi numeri ci sono famiglie, lavoratori e cittadini che rischiano di perdere l’unica casa a loro disposizione, senza alcuna alternativa abitativa concreta.
Questa situazione è il risultato di decenni di inerzia politica e istituzionale, caratterizzati da:
• Assenza di strumenti urbanistici aggiornati, che ha impedito ai cittadini di costruire legalmente.
• Politiche abitative insufficienti, che hanno lasciato migliaia di famiglie senza un alloggio popolare.
• Lentezza nell’esecuzione delle sentenze, che ha favorito il consolidarsi dell’abusivismo come prassi diffusa.
• Applicazione selettiva delle demolizioni, che colpisce i più deboli mentre grandi speculatori restano impuniti.
Abusivismo di necessità: una questione sociale
I comitati e le associazioni che difendono il diritto alla casa ribadiscono una distinzione fondamentale: non si tratta di giustificare l’abusivismo, ma di garantire giustizia a chi ha costruito per necessità.
Migliaia di famiglie, dopo anni di attesa vana per un alloggio popolare, si sono viste costrette a costruire su terreni di proprietà, non perché situati in aree a rischio, ma perché bloccati da strumenti urbanistici obsoleti. L’unica alternativa era restare senza casa.
Eppure, mentre queste abitazioni modeste e di necessità vengono abbattute con rapidità, strutture abusive di lusso, hotel e ville rimangono in piedi, come dimostra il caso dell’ex Tiberio Palace Hotel di Napoli, non demolito ma acquisito al patrimonio comunale.
Lentezza giudiziaria e crescita del fenomeno
Oltre alla responsabilità della politica, un ruolo decisivo lo ha avuto la magistratura, che con la sua lentezza e omissioni ha indirettamente favorito l’espansione dell’abusivismo.
Le sentenze di demolizione passate in giudicato non sono state eseguite in tempi ragionevoli, creando un effetto perverso:
• I cittadini, vedendo che per anni le demolizioni non venivano eseguite, hanno maturato la convinzione che fosse possibile costruire impunemente.
• Nuove generazioni hanno replicato questa prassi, consolidando l’abusivismo come un “male necessario” per ottenere un diritto costituzionale: la casa.
• La mancata esecuzione tempestiva delle sentenze ha permesso un aumento esponenziale del fenomeno, trasformando un’emergenza urbanistica in un’emergenza sociale di dimensioni enormi.
Se lo Stato avesse agito con chiarezza e tempestività, se la magistratura avesse eseguito le sentenze con criteri equi e in tempi certi, probabilmente il fenomeno non avrebbe raggiunto le dimensioni attuali.
Demolizioni mirate ai più deboli: un problema di equità
Oggi, invece, assistiamo a una repressione selettiva, che si concentra sulle abitazioni più facili da abbattere:
• Case di pochi metri quadri, uniche risorse per intere famiglie, vengono demolite senza alternative abitative.
• Grandi speculatori, invece, riescono a evitare gli abbattimenti grazie a cavilli burocratici o all’elevato costo delle operazioni di demolizione.
L’Accordo di Programma del 9 aprile 2013, firmato solo da quattro comuni (Torre del Greco, Boscoreale, Boscotrecase e Trecase) con la Procura di Torre Annunziata, ha solo aumentato la disparità di trattamento, lasciando fuori migliaia di cittadini in condizioni analoghe.
Si crea così una violazione del principio di uguaglianza sancito dall’articolo 3 della Costituzione, con cittadini che, a seconda della zona in cui risiedono o del tribunale competente, vengono trattati in modo differente per lo stesso reato.
Le responsabilità politiche e istituzionali
La politica e la magistratura hanno contribuito entrambe a questa crisi. Le principali responsabilità sono:
• Mancata pianificazione urbanistica, che ha impedito soluzioni legali per il diritto alla casa.
• Assenza di politiche di edilizia popolare, che ha costretto i cittadini a soluzioni di emergenza.
• Lentezza nell’attuazione delle sentenze, che ha indotto nuove generazioni a ripetere gli errori del passato.
• Mancata distinzione tra abusivismo di necessità e abusivismo speculativo, con demolizioni indiscriminate che non tengono conto della condizione sociale delle famiglie coinvolte.
Proposte per una soluzione equa
Per risolvere questa emergenza, servono interventi concreti che rispettino la legge ma anche la giustizia sociale:
- REGOLARIZZAZIONE SELETTIVA DELL’ABUSIVISMO DI NECESSITÀ
• Un condono mirato per le abitazioni che rappresentano l’unica risorsa abitativa e che non si trovano in aree vincolate.
• Criteri chiari per distinguere tra abuso di necessità e abuso speculativo. - RIFORMA URBANISTICA REGIONALE
• Aggiornamento dei piani regolatori per consentire nuove costruzioni regolari.
• Aree destinate all’edilizia residenziale per rispondere al fabbisogno abitativo. - MORATORIA SULLE DEMOLIZIONI SENZA ALTERNATIVE ABITATIVE
• Bloccare le demolizioni delle prime case fino a quando non sarà garantita una soluzione alternativa per le famiglie coinvolte. - ESTENSIONE DELL’ACCORDO DI PROGRAMMA A TUTTA LA REGIONE
• Creare un regolamento unico per le demolizioni in tutta la Campania, garantendo parità di trattamento tra i cittadini. - EFFICIENZA GIUDIZIARIA E TEMPI CERTI
• Stabilire tempi chiari per l’esecuzione delle sentenze, per evitare il ripetersi di abusi e garantire certezza del diritto.
• Creare un fondo per le demolizioni delle grandi strutture abusive, affinché non siano solo i più deboli a subire le conseguenze della legge.
Il rispetto della legge deve valere per tutti
Come affermato dal giudice Raffaele Cantone, la legge deve essere applicata senza discriminazioni:
“Se lo Stato ha concesso condoni edilizi prima del 2003, questi devono valere per tutti, anche per i campani. La legge è legge, anche se non piace.”
Oggi, però, assistiamo a un’applicazione selettiva e ingiusta, che colpisce solo chi non ha i mezzi per difendersi.
Uno Stato di diritto non può permettersi di essere forte con i deboli e debole con i forti.
È il momento di affrontare il problema con serietà, garantendo equità e giustizia senza giustificare la speculazione.
Raffaele Cardamuro
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