Manager massacrato a bastonate, caccia al mandante dopo l’arresto del 55enne di Vetralla

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A Vetralla Giancarlo Santagati viene ricordato per aver minacciato, 14 anni fa, con un fucile a canne mozze il titolare di un bar dopo aver perso qualche centinaio di euro alle slot machine. 55enne di origini siciliane ma nella Tuscia da tempo, ha moglie e una figlia e saltuariamente lavora in campagna. Nel suo passato episodi di furti, minacce e reati contro la persona, come rissa e lesioni. Oggi le accuse più gravi: tentato omicidio aggravato dalla premeditazione e rapina ai danni di Vittorio Rapisarda, 68 anni, provveditore alle opere pubbliche di Lazio, Abruzzo e Sardegna del Mit.

L’ipotesi dell’agguato

Per gli investigatori, un agguato studiato nei minimi dettagli, un’azione violenta e premeditata ma che lascia ancora molte domande senza risposta. A distanza di cinque mesi dall’aggressione a bastonate subita da Rapisarda nell’androne del suo palazzo a Roma, le indagini dei carabinieri del nucleo operativo della compagnia Roma Centro e della stazione di San Lorenzo in Lucina proseguono per chiarire chi ci sia dietro il brutale attacco. Le telecamere di sorveglianza e le analisi delle celle telefoniche hanno portato all’arresto di Santagati, ritenuto l’autore materiale del tentato omicidio in via delle Carrozze, una parallela di via dei Condotti che finisce in piazza di Spagna. Ma lì chi ce lo ha mandato? E perché proprio il provveditore interregionale alle opere pubbliche è finito nel mirino?

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I sopralluoghi e il pestaggio

Secondo la ricostruzione degli inquirenti, il 55enne avrebbe pianificato l’assalto con settimane di anticipo. Più volte si sarebbe recato nei pressi dell’abitazione di Rapisarda, fingendosi un elettricista per studiarne i movimenti. La mattina del 4 ottobre, sempre travestito da tecnico e con il volto coperto da una mascherina chirurgica, ha atteso il rientro del manager. Dopo un breve scambio di battute con la scusa di interventi al quadro elettrico lo ha colpito, mentre era di spalle, alla testa con un bastone per poi infierire con almeno venti colpi anche quando era a terra. Un’aggressione brutale che ha lasciato il 68enne quasi esanime e in ospedale per due mesi.

La pista principale

Gli investigatori escludono la pista della rapina finita male. Nel borsone del dirigente portato via c’erano solo le cose della palestra, elementi che rendono poco credibile l’ipotesi di un attacco a scopo di furto. La violenza dell’azione e la pianificazione dell’agguato fanno invece pensare a un’esecuzione su commissione. Santagati non ha alcun legame noto con la vittima. Nessun contatto, nessuna connessione diretta che possa giustificare un attacco così feroce. Eppure, avrebbe studiato a lungo i movimenti del manager.

La principale pista seguita dagli inquirenti è legata al ruolo di Rapisarda nel mondo degli appalti pubblici. In qualità di provveditore gestisce gare per milioni di euro, supervisionando progetti di grande rilevanza economica. Tra le ipotesi o quella della “lezione” o l’obiettivo di alcuni documenti riservati.

L’arresto e le ulteriori indagini

Santagati è stato identificato a ridosso del lungotevere. Dopo quasi 500 metri da piazza di Spagna, si è abbassato la mascherina tenuta durante il pestaggio ed è stato immortalato dai video. Intorno alle 7 di venerdì 7 marzo, i carabinieri delle compagnie di Roma centro e di Viterbo hanno bussato alla porta della sua abitazione, in strada Sant’Angelo a Cura di Vetralla, dove vive con la moglie e la figlia. Portato nel carcere di Mammagialla, all’inizio della prossima settimana comparirà davanti al Gip per l’interrogatorio di garanzia.

Al momento non risulterebbero perquisizioni e sequestri verso il 55enne ma non è escluso che a stretto giro gli investigatori inizino a scavare nei suoi contatti, nei suoi conti bancari e nelle sue comunicazioni, sempre con l’obiettivo di arrivare a chi lo avrebbe ingaggiato e capire se c’era un compenso dietro l’agguato.

Il precedente

Nel 2011, sempre a marzo, Santagati è stato protagonista di un episodio di cronaca a Vetralla: ha minacciato con un fucile a canne mozze il titolare di un bar, che gli chiedeva di uscire perché doveva chiudere il locale, dopo aver perso 250 euro alle slot machine. Dopo che una perizia lo ha ritenuto capace di intendere e di volere al momento dei fatti, a settembre 2014 il tribunale di Viterbo lo ha condannato a due anni e mezzo di reclusione per minaccia a mano armata, illecita detenzione di munizioni (cinque cartucce) e arma clandestina. Quel Beretta calibro 12 infatti, oltre alle canne mozzate, aveva anche la matricola abrasa.



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