La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 2505 depositata il 3 febbraio 2025, intervenendo in tema di agevolazioni fiscali della c.d. prima casa, ha statuito il seguente principio di diritto secondo cui “In tema di benefici per l’acquisto della prima casa, in caso di acquisto dell’immobile adibito ad abitazione non di lusso, in comunione e pro indiviso da parte di più soggetti, la decadenza dell’agevolazione ai sensi dell’art. nota II- bis, punto 4, della Tariffa, parte prima, allegata al d.P.R. n. 131/1986, in caso di trasferimento per atto a titolo oneroso o gratuito dell’ immobile acquistato con i detti benefici prima del decorso del termine di cinque anni dalla data del suo acquisto, comporta in capo agli acquirenti la responsabilità solidale dell’obbligazione tributaria ai sensi dell’ art. 57, comma 1, D.P.R. n. 131 del 1986, rimanendo la rilevanza delle quote ideali in capo ai comunisti soltanto sul piano del rapporto interno“
La vicenda ha riguardato una contribuente a cui l’Agenzia delle entrate notificava un avviso di liquidazione con cui recuperava, ai sensi dell’art. 1, nota II-bis, punto 4, della Tariffa, parte prima, allegata al d.P.R. n. 131/1986, maggiore Iva oltre interessi e sanzioni, in revoca dell’agevolazione c.d. prima casa (Iva al 4%) fruita per l’acquisto in comunione pro-indiviso con il figlio (con titolarità di quote rispettivamente dell’1% in capo alla contribuente e del 99% al figlio) di un immobile da adibire a propria abitazione principale, venduto dopo circa 2 anni. La contribuente impugnava l’atto impositivo. I giudici tributari di primo grado accoglievano parzialmente ritenendo che “la pretesa tributaria dovesse essere limitata alla quota parte relativa all’equivalente dell’1% dell’acquisto”. L’Amministrazione finanziaria impugnava la sentenza. I giudici di appello accoglievano il ricorso dell’Agenzia. La contribuente proponeva ricorso per cassazione fondato su quattro motivi.
I giudici di legittimità rigettavano il ricorso della contribuente.
Per gli Ermellini “la contitolarità indivisa dei diritti sui beni tra soggetti tra loro estranei, […] è compatibile con le agevolazioni suddette, atteso che la facoltà di usare il bene comune, che non impedisca a ciascuno degli altri comunisti di “farne parimenti uso” ai sensi dell’art. 1102 cod. civ., non consente di destinare la casa comune ad abitazione di uno solo dei comproprietari, per cui la titolarità della quota è simile a quella di un immobile inidoneo a soddisfare le esigenze abitative (ex multis, Cass. sez. 6-5, n. 27001 del 2022; Cass. n. 27088 del 2022) “
I giudici di piazza Cavour hanno precisato che “in tema di agevolazioni tributarie per l’acquisto della “prima casa”, la condizione che il contribuente, entro un anno dal trasferimento del bene, prima del decorso del termine di cinque anni dalla data dell’acquisto con i benefici, provveda “all’acquisto di altro immobile da adibire a propria abitazione principale” (art. 1, nota II bis, della parte prima della tariffa allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131) può essere soddisfatta anche dall’acquisto non dell’intero, ma di una quota dell’immobile stesso, purché la quota sia significativa della concreta possibilità di disporre del bene per adibirlo a propria abitazione, alla stregua dei limiti all’uso della cosa comune, previsti nell’art. 1102 civ.; pertanto, l’acquisto di una quota particolarmente esigua di un immobile, non comportando il potere di disporne come abitazione propria ai sensi della disposizione richiamata, rende legittima la revoca dei benefici. (Nella specie, il contribuente aveva alienato il bene entro cinque anni e riacquistato una quota pari a quattro millesimi di altro immobile, asseritamente da destinarsi a prima casa) (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 13291 del 17/06/2011).”
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