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Che cosa dicono e che cosa non dicono i grandi giornali su primi effetti e sicuri scenari del piano ReArm Europe per titoli di Stato e finanze pubbliche. Il commento di Liturri
L’annuncio di un dissennato programma di spese militari ha provocato uno sconquasso sui mercati obbligazionari e valutari di proporzioni epocali. Era da 35 anni che il Bund tedesco non registrava un calo dei prezzi (specularmente, un rialzo dei rendimenti) di entità simile a quello degli ultimi giorni.
Una tendenza che ha trascinato al ribasso quasi tutti i titoli obbligazionari governativi europei, con i titoli italiani e francesi anch’essi nell’occhio del ciclone, risparmiati solo marginalmente. Titoli che normalmente oscillano di pochi centesimi, in poche ore hanno visto variazioni di 40/50 punti base. Solo venerdì le acque si sono relativamente calmate e il Btp si è fermato a un rendimento del 3,90% (3,50% venerdì scorso) il Bund al 2,84% e il Oat al 3,55%.
Enormi sono i dubbi di natura giuridica sulla praticabilità delle proposte di Ursula von der Leyen e del Cancelliere in pectore Friedrich Merz. La prima dovrà passare dalle forche caudine della maggioranza in Consiglio, che dovrà esaminare ed approvare la proposta del prestito da 150 miliardi a favore degli Stati membri. A questo proposito, la Francia ha idee diverse rispetto alla Germania. Poi ci sarà anche da capire come funzionerà la disattivazione delle clausole di salvaguardia “nazionali”, per sbloccare una spesa da 650 miliardi a carico dei bilanci nazionali, a cui i mercati hanno reagito malissimo.
Poi ci sarà da convincere la Bei a modificare le regole che impediscono di finanziare il settore della difesa, perché molte attività sono tassativamente escluse dalla operatività della banca. Problema molto simile a quello che sta emergendo nel Regno Unito, dove molti fondi pensione che nella loro politica di investimento aderiscono strettamente ai fattori Esg hanno il divieto di investire in imprese che producono armi.
Merz invece dovrà fare i conti con la forzatura di convocare nei primi giorni della prossima settimana il Bundestag per fargli approvare in tutta fretta (il 25 marzo arrivano i nuovi deputati!) con la maggioranza richiesta dei 2/3, una modifica costituzionale rilevante. Da un lato dovrà essere possibile esentare dal freno al debito le spese per la difesa superiori al 1% del PIL (quindi quelle oltre 40 miliardi), dall’altro dovrà essere varato un fondo speciale pluriennale di 500 miliardi destinato a spese per le infrastrutture, anche militari.
Come ipotizzato da diversi quotidiani tedeschi, basterebberoqualche decina di franchi tiratori – soprattutto tra i Verdi, destinati a non far parte del prossimo governo – per far saltare tutto.
Ma ciò che francamente affascina e, sotto certi aspetti indigna, di tutto ciò è il racconto che ne viene fatto dalla gran parte della stampa.
Quello che è stato un epocale sconquasso sui mercati è stato di volta in volta, derubricato, interpretato, manipolato. Il crollo dei prezzi è diventato “rialzo dei rendimenti”, affermazione di per sé corretta, ma equivalente a dire che una salita è una discesa vista dall’alto. «Troncare, sopire…», sembra essere stato l’ordine dall’alto che è arrivato nelle redazioni.
Gli archivi sono pieni di invettive e accuse di irresponsabilità contro chi, appena qualche anno fa, prometteva di aumentare il deficit di qualche decimale, magari per finanziare scuole, infrastrutture civili, spese sanitarie, e veniva additato al pubblico ludibrio come un dissennato scialacquatore. Immediatamente gli veniva puntata alla tempia la pistola dello spread e dei mercati in subbuglio.
Oggi, si propone di aumentare (solo per le spese militari!) il deficit/PIL di circa 1,5 punti percentuali (l’Italia ha chiuso il 2024 al 3,4%, quindi poco meno della metà del deficit/Pil storico) e nessuno dà dell’irresponsabile alla von der Leyen? Nessuno accusa i tedeschi di destabilizzare l’economia europea con un cambio di rotta non concordato con i partner e quindi foriero di ulteriori squilibri, solo per tutelare gli interessi della propria industria nazionale? Perdipiù, questi annunci hanno mandato, come prevedibile, i mercati obbligazionari sottosopra e questo disastroso effetto è stato presentato quasi come un effetto positivo (sono le prospettive di maggiore crescita! Abbiamo dovuto sentire anche questo…)?
Stiamo davvero vivendo un mondo al contrario. Anche e soprattutto nel mondo dell’informazione.
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