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Il ReArm Europe non è stato messo in discussione. Ma non si sa ancora come verrà finanziato. Un interrogativo non da poco che, non a caso, ha assunto le vesti di protagonista al valzer della finanza di Bruxelles, iniziato lunedì 10 marzo con l’Eurogruppo e in conclusione martedì 11 con l’Ecofin.
Il tema difesa non era neppure nel programma ufficiale. Ma, come ha spiegato il ministro delle Finanze polacco, Andzej Domanski, «è per tutti chiarissimo che non c’è questione più importante da discutere». Anche e soprattutto perché gli Stati sono divisi tra loro su come finanziare il piano firmato Ursula von der Leyen. Con il piano RearmEu, la Commissione vuole mobilitare fino a 800 miliardi di euro per la difesa europea, di cui 150 miliardi in prestiti.
Berlino e Amsterdam scettici sugli eurobond
La Germania, con il sostegno dai vicini di casa olandesi, ha respinto senza convenevoli l’uso di eurobond per finanziare la difesa comune europea. Il ministro delle Finanze tedesco, Jorg Kukies, si è detto «scettico» nei confronti degli eurobond criticando il fatto che «si raccoglie debito e lo si distribuisce a 27 progetti di approvvigionamento che sono disgiunti l’uno dall’altro».
Si tratta, ha detto il ministro, «solo di alzare il debito (comune, ndr) per permettere ai vari Paesi di fare cose al livello nazionale». Più «costruttiva» invece, la posizione di Berlino in merito all’uso della clausola di salvaguardia del Patto di stabilità «dal momento che la sfida che abbiamo di fronte è nuova». Però, ha avvertito il ministro, «oltre a cambiare le regole dovremmo mostrare al mondo che l’Europa è pronta non solo a creare spazio fiscale ma anche a risolvere la mancanza di competitività».
Pareri condivisi dal ministro delle Finanze olandese, Eelco Heinen: «L’urgenza di spendere di più per la difesa è sotto gli occhi di tutti» ma «dobbiamo guardare agli strumenti che abbiamo, nel quadro delle regole che sono in vigore». Per questo motivo «l’Olanda non è a favore degli eurobond né a contrarre più debito comune, perché non si tratta di una soluzione a lungo termine. Più debito indebolisce l’economia, mentre noi dobbiamo potenziarla».
L’Italia propone 16,7 miliardi di garanzie per mobilitare 200 miliardi privati
La questione è una: bisogna investire in difesa ma non è chiaro come. Per l’Italia, per esempio, la strada da imboccare è quella della flessibilità fiscale istituendo, secondo quanto scrive l’Adnkronos, uno schema europeo di garanzie pubbliche, denominato European Security & Industrial Innovation Initiative. Secondo le elaborazioni del ministero dell’Economia, un sistema di garanzie pubbliche per approssimativamente 16,7 miliardi potrebbe, mediante meccanismi di leva, mobilitare fino a 200 miliardi di investimenti privati sui prossimi 3-5 anni.
Un tema su cui il ministro Giorgetti insisterà durante la cena informale post-Eurogruppo, in scia alle parole del vicepresidente della Commissione Europea Valdis Dombrovskis. «Le circostanze cambiano e le regole fiscali devono evolversi di conseguenza», ha detto il rappresentante lettone. A questo proposito, ha detto, l’esecutivo Ue propone «di attivare le clausole di salvaguardia del Patto di Stabilità per un periodo di tempo limitato e noi suggeriamo quattro anni, che consentiranno agli Stati membri di spendere di più per la difesa, fino all’1,5% del pil per ciascuno di quegli anni».
Una posizione apprezzata e condivisa dal governo spagnolo, rappresentato a Bruxelles dal ministro delle Finanze Carlos Cuerpo, «anche se», ha detto, «occorre andare oltre l’accesso ai prestiti per finanziare le spese per la difesa e prevedere anche un elemento di trasferimenti di fondi».
Nella conferenza stampa al termine dell’Eurogruppo, Dombrovskis ha segnalato che tra le molte opzioni all’esame figura anche la «capacità di prestito» del Mes. Il pacchetto della Commissione verrà presentato nell’arco di una «settimana o un paio di settimane. Stiamo proponendo una capacità di prestito aggiuntiva di 150 miliardi di euro garantita dal bilancio dell’Ue», ha ricordato, una «flessibilità fiscale aggiuntiva» e anche una «revisione di medio termine della politica di coesione per utilizzare anche i fondi di coesione per rafforzare la sicurezza degli Stati membri. Stiamo esaminando il ruolo che può svolgere la Banca europea per gli investimenti, che sta lavorando al suo piano d’azione per la sicurezza e la difesa». (riproduzione riservata)
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