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Il Parlamento europeo “accoglie con favore il piano in 5 punti ‘Re-Arm EU’ proposto dalla presidente della Commissione il 4 marzo”, perché “l’Ue deve agire con urgenza per garantire la propria sicurezza autonoma, rafforzando i partenariati con partner che condividono gli stessi principi e riducendo notevolmente la propria dipendenza dai paesi terzi” e deve assumersi “maggiori responsabilità all’interno della Nato, soprattutto quando si tratta di garantire la sicurezza nel continente europeo”. Ma servono maggiori impegni comuni e maggiore flessibilità nei finanziamenti. In una parola: gli eurobond e anche il divieto di usare i fondi strutturali per gli armamenti. È quanto si legge nella bozza di risoluzione di maggioranza Ppe-Socialisti-Liberali sulla difesa che sarà votata mercoledì dalla plenaria del Parlamento europeo a Strasburgo e che spacca i gruppi e le delegazioni nazionali.
Spaccato il Pd, che probabilmente si dividerà tra astensioni e voti a favore. Contrario il Movimento cinque stelle che martedì protesta nel palazzo dell’Eurocamera con Giuseppe Conte e una cinquantina di eletti anche del Parlamento italiano. “Vogliamo partire da qui per costruire l’opposizione sociale al piano Ursula”, dicono. Spaccato anche il centrodestra, con Forza Italia a favore, la Lega contraria, ma anche nel partito della premier Giorgia Meloni, Fratelli d’Italia, ci sono delle richieste di modifica, per esempio sulla clausola del ‘buy European’, tanto cara a Emmanuel Macron, decisamente meno alla leader italiana che vuole continuare a comprare componentistica militare da Donald Trump.
Il quadro completo dei posizionamenti sarà chiaro tra stasera e domani. Ma intanto c’è la bozza, visionata da Huffpost. “L’Ue – si legge – si trova ora di fronte a una svolta nella sua storia e nella sua costruzione, mantenere la normalità non è più un’opzione, poiché significherebbe la fine di un’Europa sicura e protetta”. “L’Ue e i suoi Stati membri devono scegliere tra agire in modo sincronizzato e unendo le forze per superare le minacce e gli attacchi alla sicurezza dell’Ue, o restare soli, in balia di avversari aggressivi e partner incostanti”.
E allora il testo di maggioranza, preparato da Popolari, Socialisti e liberali, chiede un maggiore impegno comune, a partire dall’idea “di esplorare il sistema di obbligazioni di difesa europee per finanziare in anticipo investimenti militari su larga scala” e anche “l’uso di ‘Coronabond’ inutilizzati (avanzati dal recovery pensato per il covid, ndr.) per integrare il piano della Commissione ‘Re-Arm Eu’, poiché stiamo ora sperimentando un’urgente necessità di rafforzare la sicurezza e la difesa per proteggere i cittadini, ripristinare la deterrenza e sostenere gli alleati, in primo luogo l’Ucraina”.
Remano in direzione contraria gli emendamenti preparati dal Movimento Cinquestelle e condivisi dal loro gruppo politico The Left, che esprimono “profonda preoccupazione per la decisione del Consiglio Europeo straordinario di approvare il piano di riarmo europeo proposto dalla Commissione”, ritengono che “l’aumento della spesa per la difesa non sia la soluzione per arrivare a una pace duratura”, che lo scorporo delle spese dal piano di stabilità dovrebbe sostenere misure volte “ad affrontare l’aumento del costo della vita e servizi essenziali”. Inoltre no all’uso dei fondi strutturali europei per le spese militari, perché “sono vitali per lo sviluppo delle comunità locali negli Stati Membri”. Infine, tra le proposte di modifica ci sono anche considerazioni sul fatto che “a seguito dell’annuncio della Presidente Von der Leyen sul piano di riarmo europeo, le azioni delle società del settore della difesa hanno registrato nelle borse europee incrementi significativi”. La richiesta è di inserire “un meccanismo di tassazione di tali extra profitti per finanziare i servizi essenziali quali la sanità e l’istruzione degli Stati Membri”.
I dubbi su ReArm-Eu spaccano il Pd, il più lacerato sulla questione. Al voto di mercoledì probabilmente i Dem si divideranno tra astenuti (i parlamentari più vicini alla segretaria Elly Schlein) e favorevoli, riferiscono alcune fonti parlamentari mentre si tratta ancora sulla bozza di risoluzione. La maggiorana delle delegazioni dei Socialisti&democratici voterà a favore. Ma è spaccata anche la maggioranza di centrodestra, con la Lega più vicina al no, Forza Italia vicina al sì con il Ppe e Fratelli d’Italia che sta valutando degli emendamenti in quanto contesta l’impostazione del testo troppo vicina alla richiesta della Francia di dare la priorità alle commesse militari all’interno della produzione bellica europea. In questo, Meloni è più vicina alla posizione della Germania che invece non vuole condizionamenti e chiede di poter acquistare liberamente sul mercato extraeuropeo, a partire dagli Usa.
Il testo “esorta gli Stati membri a smettere di invocare l’articolo 346 del Trattato come mezzo per eludere l’applicazione della direttiva sugli appalti, compromettendo così il mercato comune della difesa” e “invita la Commissione a rivedere le direttive sul trasferimento di prodotti per la difesa e la regolamentazione degli appalti pubblici della difesa, nonché la direttiva sui trasferimenti intracomunitari, al fine di rafforzare il mercato comune della difesa e di introdurre flessibilità per quanto riguarda situazioni di crisi come quella che stiamo attualmente affrontando”.
Un’impostazione che non fa bene “all’industria italiana e non solo”, dicono nel partito della premier. L’Italia “ha una forte presenza di componentistica americana”, se il ‘buy European’ diventa una “condizione” per gli acquisti “è solo un favore ai francesi”.
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