Il principio del contraddittorio preventivo, di cui all’articolo 6-bis, L. 212/2000, introdotto dal D.Lgs. 219/2023, prevede che tutti gli atti recanti una pretesa impositiva, autonomamente impugnabili dinanzi agli organi della giurisdizione tributaria, sono preceduti, a pena di annullabilità, da un contraddittorio informato ed effettivo, escluso per gli atti automatizzati, sostanzialmente automatizzati, di pronta liquidazione e di controllo formale delle dichiarazioni, individuati con Decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, nonché per i casi motivati di fondato pericolo per la riscossione (cfr. D.M. 24 aprile 2024). L’articolo 7-bis, D.L. 39/2024, inserito in sede di conversione in L. 67/2024, ha escluso, altresì, quelli per i quali la normativa prevede specifiche forme di interlocuzione tra l’Amministrazione finanziaria e il contribuente e gli atti di recupero conseguenti al disconoscimento di crediti di imposta inesistenti.
Per consentire il contradditorio, l’Amministrazione finanziaria comunica al contribuente, con modalità idonee a garantirne la conoscibilità, lo schema di atto, assegnando un termine non inferiore a 60 giorni per consentirgli eventuali controdeduzioni, ovvero su richiesta, per accedere ed estrarre copia degli atti del fascicolo. L’atto non è adottato prima della scadenza del termine di cui al primo periodo.
Se l’atto adottato all’esito del contraddittorio tiene conto delle osservazioni del contribuente ed è motivato con riferimento a quelle che l’Amministrazione ritiene di non accogliere, occorre verificare cosa accade nell’ipotesi in cui l’Ufficio prende atto delle osservazioni, le accoglie e archivia il procedimento.
In questo contesto potrebbe “giocare” l’articolo 6-bis, comma 1, D.L. 73/2022, inserito in sede di conversione del D.L. 73/2022, che ha introdotto, dopo il comma 5, dell’articolo 6, L. 212/2000, il comma 5-bis, titolato “Comunicazione di conclusione di attività istruttoria al contribuente”, prevedendo che “In caso di esercizio di attività istruttorie di controllo nei confronti del contribuente del cui avvio lo stesso sia stato informato, l’amministrazione finanziaria comunica al contribuente, in forma semplificata, entro il termine di sessanta giorni dalla conclusione della procedura di controllo, l’esito negativo di quest’ultima. L’amministrazione finanziaria, con proprio provvedimento, individua le modalità semplificate di comunicazione, anche mediante l’utilizzo di messaggistica di testo indirizzata all’utenza telefonica mobile del destinatario, della posta elettronica, anche non certificata, o dell’applicazione “IO”. Con il medesimo provvedimento sono definite le modalità con le quali il contribuente fornisce all’amministrazione finanziaria i propri dati al fine di consentire la suddetta comunicazione in forma semplificata. La comunicazione dell’esito negativo della procedura di controllo non pregiudica l’esercizio successivo dei poteri di controllo dell’amministrazione finanziaria, ai sensi delle vigenti disposizioni. Le disposizioni del presente comma non si applicano alle liquidazioni di cui agli articoli 36-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e 54-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633”.
La norma, inserita nell’ambito dello Statuto del contribuente è, tuttavia, ancora in costruzione, nell’attesa del provvedimento che, oltre a indicare le modalità di interlocuzione semplificate, possa eventualmente “arricchirla”.
La comunicazione dell’esito investe la procedura di controllo nel suo complesso, atteso che il dettato introdotto si riferisce all’attività istruttoria di cui il contribuente è stato informato e quindi sembra interessare sia l’attività di controllo interna che esterna.
Il comma 5-bis, dell’articolo 6, L. 212/2000, una volta emanato il provvedimento, imporrà all’Amministrazione finanziaria di comunicare al contribuente, entro il termine di 60 giorni dalla conclusione della procedura di controllo, l’esito negativo di quest’ultima. Tuttavia, se per l’attività esterna sussistono dei limiti di permanenza, comunque derogabili, per l’attività di controllo interna (c.d. a tavolino) non sussistono detti limiti, così che l’esito del controllo negativo potrebbe avvenire pure a distanza di mesi/anni (qualora l’annualità non sia in scadenza).
Anche perché la comunicazione dell’esito negativo della procedura di controllo non pregiudica l’esercizio successivo dei poteri di controllo dell’Amministrazione finanziaria.
In pratica, una volta comunicato l’esito negativo del controllo, l’Ufficio può comunque utilizzare gli ordinari poteri di controllo. E non potrebbe essere diversamente, atteso che il potere di controllo si esaurisce con l’avviso di accertamento (tralasciando, qui, le problematiche relative all’accertamento integrativo e all’autotutela in malam partem).
La norma introdotta, come abbiamo visto, non si applica alla liquidazione delle dichiarazioni, pur se, trattandosi di liquidazioni centralizzate, l’esito viene comunicato. L’esclusione non investe, altresì, il c.d. controllo formale, di cui all’articolo 36-ter, D.P.R. 600/1973, dove comunque al contribuente vengono già oggi comunicati gli esiti del controllo, anche negativi.
La norma, che allo stato sembra quasi “in bianco”, pur apprezzabile al fine di dare certezza ai contribuenti sottoposti a controllo, lascia aperte diverse questioni, atteso che appare sicuramente difficile non riconoscere all’Ufficio “il diritto al ripensamento”, in un momento in cui si è ancora in una fase istruttoria. Si pensi al caso in un cui il pvc segnali all’Ufficio un recupero di un costo non inerente, che l’organo accertatore, dopo averlo esaminato, lo archivi, in quanto ritenuto inerente, con contestuale comunicazione al contribuente. Se successivamente perviene una segnalazione, dove attraverso un controllo incrociato si contesta la falsità di quella stessa fattura, a nostro avviso, l’Ufficio può benissimo procedere all’accertamento. E gli esempi potrebbero continuare.
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