Le mani di Pechino sulla guerra in Myanmar

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Caffè Lungo La Cina ha assunto il ruolo di mediatore nella guerra civile birmana, considerato che il conflitto coinvolge anche regioni lungo i suoi confini. Il 18 gennaio scorso, Pechino ha negoziato un trattato di cessate il fuoco tra la giunta militare e il Myanmar National Democratic Alliance Army (MNDAA), una delle numerose fazioni ribelli. Come hanno reagito le altre organizzazioni armate al cessate il fuoco? Assumerà la Cina un ruolo sempre più attivo nella guerra civile in Myanmar?

Dopo l’accordo pattuito a gennaio dello scorso anno e non rispettato da nessuna delle due parti, il 18 gennaio 2025 la giunta militare del Generale Min Aung Hlaing ha firmato un secondo trattato di cessate il fuoco con il Myanmar National Democratic Alliance Army (MNDAA), un’organizzazione armata ribelle attiva nello Stato di Shan, regione al confine con la Cina. Questo accordo viene siglato in un contesto di crescente debolezza del regime birmano, che ha visto numerose aree del Paese passare sotto il controllo delle varie organizzazioni armate etniche. L’incontro tra le parti, mediato da Pechino, è avvenuto a Kunming, nella provincia cinese di Yunnan, locata a est del confine con il Myanmar. Nonostante i dettagli non siano stati rivelati, alcune fonti sostengono che il cessate il fuoco preveda la rinuncia, da parte del MNDAA, al controllo dell’importante città di Lashio, Stato di Shan settentrionale, che tornerà a essere amministrata dal regime. L’accordo è stato fortemente desiderato dalla Cina, la cui preoccupazione principale è assicurare stabilità lungo i confini e proteggere i propri interessi economici e commerciali in Myanmar. Il portavoce del Ministero degli Affari Esteri cinese Mao Ning ha affermato che “la riduzione delle tensioni nel Myanmar settentrionale è nell’interesse comune di tutte le parti in causa […] e contribuisce a garantire la sicurezza, la stabilità e lo sviluppo della zona di confine tra Cina e Myanmar”. Nei mesi precedenti l’accordo, la Cina aveva chiuso tutte le zone di frontiera dello Stato di Shan controllate dal MNDAA e dallo United Wa State Army (UWSA) al fine di interrompere le esportazioni verso le aree amministrate dai ribelli.
La firma del cessate il fuoco pone due questioni. La prima riguarda le reazioni delle altre fazioni ribelli. Il MNDAA è, infatti, parte della Three Brotherhood Alliance, una coalizione di forze di resistenza che comprende anche Arakan Army (AA) e Ta’ang National Liberation Army (TNLA). Potrebbe il cessate il fuoco portare a una disgregazione della Three Brotherhood Alliance? Il secondo punto chiave riguarda il ruolo della Cina nel conflitto birmano: quali interessi persegue e fino a che punto è disposta a spingersi per proteggerli?

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Fig. 1 – Il generale Min Aung Hlaing, capo della giunta militare birmana, partecipa ai festeggiamenti per il Capodanno cinese a Yangon, 25 gennaio 2025

Nonostante non ci siano state dichiarazioni dirette a riguardo, l’AA e il TNLA hanno portato avanti politiche diametralmente opposte dalla firma del cessate il fuoco tra il regime militare e il MNDAA. L’Arakan Army ha continuato gli attacchi contro il Tatmadaw – l’esercito birmano – nello Stato di Rakhine che l’AA controlla quasi totalmente: solo la capitale Sittwe, il porto di Kyuakpyu e Manaung sono amministrate dalla giunta. Proprio a Sittwe, intensi scambi di artiglieria tra i ribelli e il Tatmadaw si sono registrati nelle ultime settimane. Secondo diverse fonti, il bombardamento su Sittwe presagisce un futuro assalto frontale da parte dall’AA, che trae vantaggio da un sempre più debole e isolato Tatmadaw. D’altra parte, il TNLA si è anch’esso avvicinato alla Cina e discussioni riguardo un cessate il fuoco sono in corso – un ufficiale del TNLA ha confessato che non hanno potuto resistere alle pressioni cinesi. Tuttavia, i primi negoziati tra TNLA e giunta sono falliti. Le forze di resistenza avrebbero proposto una cessazione delle ostilità per permettere alla popolazione civile di ricevere beni di prima necessità. Non è chiaro perché i negoziati siano naufragati. Al momento, sia l’AA che il TNLA continuano a combattere.

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Fig. 2 – Giovani reclute della Ta’ang National Liberation Army (TNLA) durante la cerimonia di chiusura del loro addestramento, novembre 2024

La Cina, nonostante supporti finanziariamente e diplomaticamente il regime militare birmano, ha investito in numerosi progetti infrastrutturali per la creazione del China-Myanmar Economic Corridor (CMEC), parte della Belt and Road Initiative. Il CMEC ha tra i suoi scopi quello di collegare al mare le regioni orientali dell’entroterra cinese. Uno dei progetti chiave è la costruzione di autostrade e ferrovie che colleghino la provincia cinese di Yunnan con l’importante porto birmano di Kyaukphyu. La guerra civile birmana ha messo in pericolo i piani di realizzazione. Ad aprile 2024, almeno il 53% del valore degli investimenti cinesi – equivalente a 28 miliardi di dollari – si collocava in aree totalmente o parzialmente controllate dalle forze di resistenza. La fragilità del regime militare, ulteriormente indebolito dalle recenti perdite territoriali, ha spinto la Cina ad agire per tutelare i propri interessi economici. La mediazione offerta da Pechino, tuttavia, nasconde anche ambizioni geopolitiche: marginalizzando il ruolo dell’ASEAN, la Cina si propone come attore chiave nella risoluzione della crisi, consolidando la propria influenza regionale e limitando l’intervento delle potenze occidentali. Nel corso del 2025, è certo che la Cina continuerà a supportare il regime birmano tramite aiuti militari, sempre più fondamentali per il Tatmadaw, e organizzerà nuovi negoziati per salvaguardare i propri confini e interessi strategici.

Andrea Pezzati

Photo by mssrusso0 is licensed under CC BY-NC-SA



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