‘Ndrangheta, il neomelodico Benincasa si difende

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L’alibi del neomelodico Benincasa nel processo alla ‘ndrangheta di Rocca di Neto: un cacciatore gli avrebbe prestato il fucile per un selfie


CROTONE – La foto che sembra “inchiodarlo” perché lo immortala mentre imbraccia un fucile semiautomatico? Era un selfie fatto con un cacciatore di passaggio. Una foto poi finita in una chat di famiglia, giusto per fare uno “scherzo”. Ci sono pure due testimoni. In aula, davanti al Tribunale penale di Crotone, lo hanno “scagionato”.

Almeno questa è la difesa di Salvatore Benincasa da Rocca di Neto, detto “Sciuriddu”, cantante neomelodico con la passione per le armi. Passione che emergerebbe dalle conversazioni intercettate a suo carico nel processo che lo vede imputato per due episodi di occultamento di fucili con l’aggravante mafiosa. Il processo è quello contro la presunta cosca Corigliano-Comito, dominante nella Valle del Neto e con proiezioni a Manhattan, secondo la ricostruzione della Dda di Catanzaro.

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BENINCASA E LA FESTA CANORA

Siamo nell’ottobre 2022. La scena descritta da Benincasa è quella di una «festa canora» in campagna, nei pressi di Cirò Marina. L’onda neomelodica, infatti, è inarrestabile, non solo a Rocca di Neto ma in tutto il Crotonese. Mangiate e musica. Non occultamento di arsenali, secondo la versione di Benincasa. Il suo repertorio, in cui spiccano brani come “Figghiolu ‘i ‘ndrangheta”, a quanto pare interesserebbe anche qualche amante della caccia al cinghiale.  «Allora, stavamo montando l’impianto.

Nel frattempo arrivavano i ragazzi, i cacciatori. Io ero seduto su una collinetta. Poi è arrivato un vecchietto e gli ho chiesto solo la cortesia di fare una fotografia. Lui ha preso il fucile. L’ha tolto dalla fodera. Ha visto se era carico o no, ed era scarico. Mi ha fatto fare il selfie e se l’è messo di nuovo nella fodera». Benincasa, davanti al Tribunale penale di Crotone, alla presenza del pm antimafia Paolo Sirleo, così ha risposto alle domande del suo difensore, l’avvocato Maggiorino Bubba Bello.

IL VECCHIETTO

«Quindi il fucile gliel’ha prestato questo signore?», incalza il legale. «Sì, un vecchietto che stava venendo a piedi». «E mi sa dire come si chiama?». «Non lo so». «La foto l’ha fatta lei in autoscatto oppure gliel’ha fatta il vecchietto?».

«In autoscatto. Poi l’ho pubblicata sul gruppo di famiglia. Per dire: voi state dormendo, noi siamo qui che fra poco mangiamo, cantiamo e ci divertiamo. Tutto qua, era una foto giusto così, ironicamente». Il cacciatore non si trova, però. Ma due assistenti di Benincasa che erano con lui per il “sound-check” in aperta campagna avrebbero assistito al selfie. «Eravamo io, il ragazzo che mi monta l’impianto e l’altro ragazzo che mi aiuta». Si chiamano Matteo Santoro e Andrea e Manfredi. «Eravamo vicini», ha spiegato il cantante.

CANTAUTORE

Prima di ammettere le loro testimonianze, il presidente del collegio giudicante, Michele Ciociola, ha però voluto vederci chiaro. «Che fucile era?». «Non ne capisco tanto. Se vi dico un fucile qualsiasi, vi dico una bugia». Insomma, «C’era una battuta di caccia e noi eravamo stati chiamati per cantare là». «Quindi era là in veste di cantautore o di cacciatore?», chiede incuriosito il presidente Ciociola. Benincasa precisa: «cantautore». «Un cantautore alla battuta di caccia? Per celebrare il coraggio ardito dei cacciatori, avete fatto la musica?». «Facevano questa battuta e poi a mezzogiorno si mangiava».

Sorvoliamo sulla definizione di “cantautore”, perché Benincasa, autore di canzoni inneggianti alla ‘ndrangheta, non è esattamente un “collega” di Guccini o De Gregori. «Sugnu di famigghia malandrina/ fazzu parti ‘i l’omini d’onuri/ tutti mi salutano ‘a matina/ finc’a lu capu di la ‘ndrina», è, del resto, l’incipit di uno dei suoi brani più famosi. E le Questure spesso vietano le esibizioni dei neomelodici perché sembrano strizzare l’occhio a disvalori legati al mondo criminale.

ARMI, VINO E SALSICCE

Ma i dubbi del presidente Ciociola si sono appuntati anche sulla posa assunta per le foto. «Se lei ha fatto una foto con l’autoscatto, come se l’è fatto? Come lo manteneva il fucile?». «Avevo il fucile qua, sul braccio». «E dove si trovava precisamente?». «Eravamo in campagna. C’era un magazzino che poi là hanno fatto i tavolini. Hanno messo il vino, le salsicce». «E l’impianto come lo attaccavate?» «C’era il gruppo elettrogeno».

GLI “EVENTI”

Nuova udienza per sentire i testi “a discarico”. «Lavoriamo insieme con la musica e ci conosciamo da tanto tempo», ha detto Santoro rispondendo all’avvocato Bubba Bello che chiedeva lumi sull’”evento”, altro termine inflazionato. «Cioè, avete partecipato a questo evento?». «Sì, certo. Abbiamo partecipato a questo evento di caccia». «Lei è stato chiamato solo per cantare o per fare prima la battuta di caccia e poi cantare?», chiede, invece, il presidente Ciociola? «A noi ci hanno chiamato per cantare». In particolare, Santoro ha notato «da lontano» Benincasa che si faceva il selfie con un anziano cacciatore. «Stavamo montando l’impianto. Eravamo tutti quanti insieme. Venne questo vecchietto. Stava ritornando dalla battuta di caccia. Salvatore si è fatto una foto con questo fucile, togliendolo dalla custodia».

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Santoro non rammenta chi fossero i partecipanti alla festa, nonostante, come evidenziato dal presidente Ciociola, non siano trascorsi «30 o 40 anni». Ma in quell’ottobre di caccia gli “eventi” erano tanti. «È stato anche un mese che abbiamo lavorato tanto, quindi non posso ricordarmi tutte le persone che mi chiamano». Del resto, la sera ci fu un altro “evento”. «Quindi l’evento musicale post battuta di caccia è avvenuto la mattina?». «Sì. Fino al primo pomeriggio».

SECONDO TESTE

Analoga la testimonianza dell’altro collaboratore di Benincasa. «Siamo andati là per questa festa dei cacciatori con Matteo e Salvatore, perché il cantante è Salvatore, è lui che deve cantare, noi montiamo solo gli strumenti. Matteo fa il fonico ed io gli do una mano. Poi Salvatore se n’è andato un po’ più avanti di noi, stava arrivando un cacciatore con il fucile. Ho visto che Salvatore si è preso il fucile del cacciatore, se l’è imbracciato e si è fatto la foto». Almeno una delle due imputazioni di cui deve rispondere Benincasa potrebbe essere “smontata”. Ma il proprietario del fucile non si trova. Non si sa manco chi è il “vecchietto”.

MATRIMONI DEL CLAN

Ma c’è anche un gruppo di conversazioni a sostegno di un’altra accusa, quella di cessione di un fucile di calibro non precisato a un coimputato che lo avrebbe poi occultato. Accusa non oggetto dell’interrogatorio condotto dal difensore. Benincasa, del resto, compare spesso nelle intercettazioni anche in qualità di “cantante”.

In questa veste avrebbe partecipato ai matrimoni del clan, per esempio a quello di una figlia di Domenico Berlingieri, indicato dai pentiti come il guardaspalle del boss di Papanice Domenico Megna, storico alleato della cosca rocchitana, che ovviamente prese parte al banchetto per le nozze del suo fedelissimo. Benincasa, inoltre, era tra quanti accolsero con casse di agrumi il boss Megna giunto a Rocca di Neto per un summit.

Del resto, suo suocero è Martino Corigliano, fratello di Pietro, presunto capo bastone locale insieme al quale è stato più volte immortalato dagli inquirenti nel corso delle indagini sulla cosca egemone nella Valle del Neto.

PASSIONE DI FAMIGLIA

Dalle intercettazioni emerge che quella per le armi era una passione di famiglia, tanto che Benincasa avrebbe addirittura insegnato a un figlio a usarle. «Siamo andati al piazzale. Mio figlio ha preso il capriccio che voleva andare a sparare. Il compare gli ha detto “non ti preoccupare che adesso ti faccio sparare. Ed il compare ha mandato due a prendere la pistola. C’erano cirotani. Parlavano di mira e non mira. E gli ho detto che il fucile è una cosa e la pistola un’altra. Quello gli ha caricato la pistola e poi gli ha detto “spara”. Mio figlio ha sparato quattro botte. E una decina dopo. Ho il video».

Il BAZOOKA

 Il capo d’imputazione, però, si riferisce alla cessione al coimputato Pietro Marangolo. Benincasa sembra manifestare il possesso di un’arma micidiale provata a un altro poligono improvvisato. Elementi che sembrano stridere con quanto dichiarato in aula, essendosi dichiarato scarsamente competente in materia di armi.

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«Lui la voleva. Quando gli ho picchiato io a quel bidone sembrava un bazooka. A me piace come è potente. Prende a uno e lo fa schizzare indietro dieci metri».

Altro che feste canore.



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