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La situazione dell’industria cinematografica e audiovisiva italiana continua ad essere dominata dall’incertezza, anche se la notizia non sembra appassionare i media “mainstream”, che dedicano maggiore attenzione a… dove e come si potrà organizzare semmai la prossima edizione del Festival di Sanremo, dato che la Rai sta valutando alternative alla storica “location” dell’Ariston a causa di un incremento del budget richiesto dal Comune (6,5 milioni di euro)… A fronte di queste “pagliuzze” spettacolari, i più sembrano ignorare la dinamica di terribile stallo che stanno vivendo sia il Servizio Pubblico radiotelevisivo, sia il settore della produzione cinematografica e audiovisiva.
La Rai continua da mesi ad essere senza Presidente, perché il blocco partitocratico – nell’economia della Commissione bicamerale di Vigilanza – permane e lo stallo è assoluto. La Presidente Barbara Floridia (M5s) appare impotente. La Segretaria del Partito Democratico Elly Schlein ribadisce una tesi, legittima, ma che non aiuta a sbloccare: “Prima la riforma della Rai, poi le nomine” (Presidente in primis).
Qualcuno sta suggerendo un’azione di forza: mercoledì scorso 5 marzo, dalle pagine del qualificato blog specializzato “BloggoRai”, è emersa una “lettera aperta” che invita due membri del Cda a dimettersi, Alessandro di Majo (“in quota” M5s) e Roberto Natale (“in quota” Avs), rilanciando una richiesta già avanzata dal sindacato dei giornalisti Rai. Ha dichiarato Usigrai: “L’ennesimo schiaffo dei partiti e della maggioranza alla Rai si consuma in queste ore con l’Amministratore Delegato (Roberto Sergio) che deve prendere atto di non avere alcuna agibilità al di fuori dei desiderata della maggioranza e del governo che lo ha nominato… L’unica strada per uscire dal pantano sono le dimissioni di questo vertice e una nuova legge che sganci definitivamente da governo e maggioranza i vertici del servizio pubblico Radiotelevisivo e multimediale”. Da segnalare che Roberto Natale è stato in passato (1999-2006) alla guida dell’Usigrai.
Le dimissioni dei due membri del Cda che sono espressione delle opposizioni potrebbero sbloccare lo stallo, perché sarebbe veramente improponibile poter poi sostenere che la Rai possa continuare ad essere “governata” senza Presidente e con un cda tutto espressione del governo…
A fronte di questo impantanamento di Viale Mazzini, il settore cine-audiovisivo registra una situazione di deriva non meno preoccupante: la gran parte degli operatori attendeva l’esito dei ricorsi al Tribunale Regionale del Lazio presentati mesi fa da decine di società di produzione indipendente contro gli ultimi decreti che hanno modificato le regole sul “Tax Credit” per la produzione cinematografica e audiovisiva (ex lege n. 220 del 2016, la cosiddetta “Legge Franceschini). Riforma tanto cara alla sottosegretaria delegata, la senatrice leghista Lucia Borgonzoni.
L’attesa per l’udienza del 4 marzo era tanta, ma è stata delusa: il Tar ha infatti accolto una richiesta dell’Avvocatura dello Stato, la quale ha sostenuto che “è in corso di controllo da parte della Ragioneria dello Stato un provvedimento ‘correttivo’, che farebbe venir meno i vizi ‘ex adverso’ sollevati”. Il Tar ha quindi rimandato all’udienza del 27 maggio 2025 sia i ricorsi firmati dagli avvocati Christian Collovà e Alessandro Malossini, sia il ricorso presentato dall’avvocato Andrea Lo Foco, con la richiesta all’Amministrazione di confermare i tempi di pubblicazione del decreto correttivo entro 30 giorni. Fatto sta che – una volta ancora – tutto resta aleatorio, sospeso, e si rimanda comunque alle calende greche.
E, a proposito della Ragioneria, nessuno sembra ricordare che è stata la stessa Ragioniera Generale dello Stato, Daria Perrotta (che è anche membro del massimo organo di consulenza del Ministero, il Consiglio Superiore del Cinema e Audiovisivo – Csca), a dichiarare che lo strumento del “Tax Credit” – di cui ai controversi decreti ed ai vari ricorsi – andrebbe riformato meglio, in quanto non ha scadenza e non premia il merito, come ha rivelato in esclusiva Thomas Mackinson su “il Fatto Quotidiano” del 12 dicembre 2024. Si ricordi che la mala gestione del credito d’imposta ha prodotto uno “splafonamento” del budget del Ministero della Cultura per centinaia di milioni di euro… La Ragioniera impartirà la sua benedizione ad un decreto “correttivo” che non affronta di petto le tante criticità in atto?!
Grande l’insoddisfazione del centinaio di lavoratori che, mercoledì scorso, hanno organizzato un presidio di fronte al Tar del Lazio: il comitato #Siamoaititolidicoda sta ragionando su nuove forme di protesta, ma quel che continua a stupire è il perdurante silenzio della Sottosegretaria delegata, e, con lei, dello stesso ministro della Cultura Alessandro Giuli (Fdi).
Silenzio totale anche da parte delle due maggiori “lobby” del settore: i cinematografici dell’Anica (presieduta da Alessandro Usai, subentrato a Francesco Rutelli, con l’ex Dg della Siae Gaetano Blandini neo Segretario Generale) ed i televisivi dell’Apa (presieduta da Chiara Sbarigia, che è anche Presidente di Cinecittà, in un sempre latente rischio di conflitto di interessi).
Il settore è di fatto congelato (fatti salvi pochi “big player” della produzione tv, peraltro controllati da multinazionali straniere), gran parte dei lavoratori sono disoccupati (e allo stremo), gli “studios” di Cinecittà sono pressoché deserti (e da mesi non si registrano prese di posizione della Amministratrice Delegata Manuela Cacciamani, vicina alla sorella della Premier Arianna Meloni). Il blocco della produzione cine-audiovisiva e lo stallo della Rai provocano un’inquietante paralisi dell’economia complessiva delle industrie italiche dell’immaginario. Il governo tace, come se nulla fosse. E la voce delle opposizioni non s’ode.
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