avocado e ortaggi alle stelle, 2 dollari un’arancia

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I dazi di Trump e i cambiamenti climatici rischiano di fare saltare i prezzi e i consumi di frutta e verdura nei mercati mondiali. 

Un esempio. Se si colpisce l’avocado messicano, si vende molto meno Guacamole e il frutto del vicino meridionale degli Stati Uniti virerà le sue rotte commerciali verso l’Europa. Scenario che ha già allarmato i produttori africani. L’Avocado exporters association of Kenya che ha pubblicato un’analisi preoccupata. 

Arance a 2 dollari, il succo che il Canada comprerà altrove 

Il succo d’arancia del continente americano – non solo gli Usa – soffre da tempo, come myfruit.it ha scritto nei mesi scorsi, a causa dei cambiamenti climatici. Prezzi altissimi, ha studiato il fenomeno anche il Financial Times, e calo delle vendite. A queste problematiche si sommano gli annunciati dazi di ritorsione del Canada che comprano il succo dalla Florida. L’import del Paese del presidente Justin Trudeau potrebbe approdare su altre sponde.

La situazione è grave come sottolinea Viviana Mazza, corrispondente a New York del Corriere della Sera, che scrive: “Le arance costano oggi 1 dollaro e 20 centesimi l’una, ma quelle biologiche costano di più. In un banchetto per strada, dove il prezzo era tre per due dollari, qualcuno osservava: ottimi prezzi. I prezzi a Brooklyn sono circa il doppio di quelli di Milano”. 

Le vitamine di questo passo diventeranno consumo esclusivo per le élite.

Ortaggi, cipolle, piccoli frutti importanti negli Usa in gran parte da Messico e Canada 

Il gigante statunitense è ricco e produttivo, ma pure con un ricco import dai due Paesi confinanti. Ecco i dati riportati nella corrispondenza dagli Usa: “Il 99% dei pomodori che gli Stati Uniti ha importato nel 2024 vengono dal Messico (86%) e dal Canada (13%). Il 99% della lattuga importata viene dal Messico (88%) e dal Canada (11%). L’88% delle carote vengono dal Messico (49%) e dal Canada 839%). Il 70% degli avocado dal Messico. Il 67% delle fragole, mirtilli, lamponi, more dal Messico (63%) e dal Canada (4%). Il 60,7% delle cipolle e dell’aglio importati vengono dal Messico (52%) e dal Canada (8,7%). Il 57,8% di tutti i fagiolini e piselli importati vengono dal Messico (56%) e dal Canada (1,8%)”.

L’americano medio consuma più di 4 chili di avocado l’anno 

Dazi del 25% sull’avocado messicano innescheranno scenari anche sulla ristorazione. Sulla testata Foreign Policy si legge che  nel 2021 “l’americano medio ha consumato oltre 4 chili di avocado all’anno, tre volte di più rispetto ai primi anni 2000″.

Numeri importanti e visto che la cucina messicana è ben presente nel territorio statunitense sono allarmati i ristoratori. Il Foreign Policy ha sentito alcuni rappresentanti della categoria: “Questa prospettiva preoccupa lo chef Hugo Ortega, un ristoratore con diversi ristoranti messicani a Houston. Se le tariffe proposte entreranno in vigore, ha detto Ortega, devo far pagare più di 20 dollari una pallina di guacamole”.  Si stima un calo pesante delle vendite. 

I timori dell’Avocado exporters association of Kenya, avocado messicano verso l’Europa

L’associazione africana  in un post su Linkedin ha condiviso un’ analisi preoccupata dell’impatto dei dazi di Trump sul commercio globale di avocado. Le conseguenze solcano l’Atlantico e approdano in Africa. 

“La recente imposizione di un dazio del 25% sul Messico da parte dell’amministrazione Trump ha innescato un cambiamento significativo nelle dinamiche del mercato globale dell’avocado. Di fronte a dazi più elevati sulle esportazioni verso gli Stati Uniti – si legge nell’analisi – il Messico sta ora reindirizzando l’intera produzione, pari a circa 1,3 milioni di tonnellate all’anno, verso il mercato europeo. Durante la stagione critica dell’avocado in Europa (da maggio a settembre), anche un contributo stagionale di 500-600 mila tonnellate dal Messico inciderà sostanzialmente sul consumo annuale totale di avocado dell’Europa pari a circa 800mila tonnellate”.

Le conseguenze per l’Africa? “Questo afflusso crea un ambiente altamente competitivo, soprattutto per gli esportatori kenioti che in genere inviano solo 70-100mila tonnellate in Europa nello stesso periodo. Storicamente, l’eccesso di offerta del mercato ha portato a significativi cali dei prezzi, come si è visto quando le spedizioni stagionali del Perù hanno spinto i prezzi a circa 0,75-1 euro il chilogrammo. Con i volumi più grandi del Messico e i costi di spedizione più bassi, i prezzi potrebbero scendere ancora di più, fino a una stima di 0,50-0,75 euro il chilo, ben al di sotto dei livelli di pareggio (circa 1,50-2 euro il chilogrammo) per i produttori kenioti”.

 Uno scenario di rischi e incertezze che si propaga oltre i Paesi interessati direttamente dai dazi e che influenza tutto il commercio mondiale di frutta e verdura



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