L’illusoria fortezza dell’Europa. La ricetta è “Tagliare pensioni e sanità per produrre più armi”? – La Nuova Padania

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di Cuore Verde – La proposta di un riarmo dell’Europa (ReArm Europe) si basa su una narrativa che dipinge la Russia come una minaccia imminente per una Europa che sarebbe improvvisamente inerme ed indifesa, nonostante la strategia perseguita negli ultimi tre anni  prevedesse che l’Ucraina , da sola, avrebbe dovuto sconfiggerla sul campo di battaglia fino alla “vittoria finale”.

Obiettivo che, in realtà, sulla base dei rapporti di forza, agli esperti non allineati con la comunicazione ufficiale, appariva fin dall’inizio praticamente impossibile da raggiungere. Questa contraddizione solleva interrogativi sulla urgente necessità di fondare un aumento significativo delle spese militari su timori piuttosto che su una valutazione pragmatica delle dinamiche geopolitiche e delle alleanze internazionali.

La diplomazia attuale, influenzata da precedenti approcci, sembra dunque venire meno a un’analisi realistica e strategica della situazione. Sembra quasi che l’Europa si ostini a negare che quella di Trump sia, in ogni caso, una e vera propria “rivoluzione” che , pur avendo certamente degli aspetti “barbarici” è destinata a cambiare inevitabilmente gli equilibri geopolitici mondiali.

La riconversione industriale verso un’economia di guerra in Europa solleva interrogativi significativi anche sulla sostenibilità e sui tempi di attuazione di tali strategie. La transizione da produzioni civili a quelle militari, come nel caso della fabbricazione di armamenti, richiede investimenti ingenti e non può essere realizzata rapidamente, ma piuttosto nell’arco di decenni.

Il contesto geopolitico, caratterizzato dalle ipotizzate minacce come l’invasione russa, spinge compulsivamente l’Unione europea a decisioni tempestive. Una emergenza che evoca un clima da stato di assedio. Le repentine riunioni informali di primi ministri convocate dal presidente francese e dal primo ministro inglese archiviano di fatto le normali procedure della UE.

La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen si appresta a convocare il primo Collegio di Sicurezza in assoluto affermando che “Tempi straordinari richiedono misure straordinarie. E questo vale anche per la mia Commissione”. Una urgenza che sembra evitare la dialettica del confronto sollevando molte perplessità. 

Gli ansiosi proclami di piani di riarmo e le massicce spese, a fronte di una oggettiva impossibilità di attuazione a breve termine, come imporrebbe la supposta urgenza, potrebbero essere tuttavia un tentativo di mascherare la sconfitta di una strategia che prevedeva per la crisi ucraina unicamente l’opzione militare escludendo a priori la via diplomatica, una forma di propaganda per distogliere l’attenzione dai problemi interni e dai debiti accumulati.

Rilanciare un’immagine di forza nei confronti dei russi e presentare il riarmo come una priorità potrebbe servire a nascondere fallimenti sia industriali che militari, mentre l’ingente spesa prevista di 800 miliardi, praticamente a carico dei bilanci dei singoli stati europei, potrebbe riaccendere scetticismo sulla reale necessità e sul suo impatto. Con la fine della guerra in Ucraina, si potrà veramente ancora giustificare una simile spesa? 

In ogni caso, appare molto preoccupante il linguaggio dei leader europei e il contenuto delle loro proposte che, allo stato attuale appaiono come una continua provocazione e un ostacolo per rendere ancora difficile la via diplomatica e potrebbero alimentare tensioni di natura politica e militare.

Occorre capire chi, a “livello locale”, in Italia, non solo “centrale”, con i leader di partito del governo e dell’opposizione, ma anche “territoriale”, con i presidenti di regione, in diretta rappresentanza di quei popoli che, secondo la recente sentenza della Consulta, non esistono, potrà interpretare ed attuare un reale dissenso verso una strategia di riarmo che, in definitiva, si tradurrà in un aumento cospicuo delle spese militari con dirette conseguenze sulla spese sociale.

La ricetta di Mark Rutte, segretario della NATO per “proteggere” l’Europa e’ semplice: “Tagliare pensioni e sanità per produrre più armi”. 

Giorgia Meloni ha sollevato preoccupazioni principalmente sul nome “ReArm Europe”, considerato troppo esplicito, e ha auspicato che non vengano impiegati i “fondi di coesione” per finanziare tali progetti. Matteo Salvini ha assunto una posizione critica sul riarmo e l’invio di truppe in Ucraina. Elly Schlein sta assumendo una posizione di dissenso sul riarmo europeo in contrasto con alcuni importanti esponenti del suo partito.  Il M5stelle di Giuseppe Conte, da tempo, si e’espresso contro l’invio di armi all’Ucraina e ora si pone decisamente in contrasto al “ReArm Europe”.

Questi leader politici, limitati nella loro azione dai compromessi delle alleanze politiche, dalle strategie elettorali e dai ruoli di potere, riusciranno ad interpretare ed esprimere senza esitazione il dissenso popolare verso un progetto militare  europeo che sembra ancora evitare la via diplomatica e la ripresa delle relazioni economiche con la Russia portando ad una crisi crescente dalle imprevedibili conseguenze? 

Per avere un futuro nel mondo di domani, è necessario anticipare il cambiamento anziché inseguirlo o addirittura negarlo chiudendosi in una illusoria fortezza. 

credit foto jakob-owens-Sa04XETPPx0-unsplash



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