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L’ultimo appuntamento di domenica, nell’Arena del Congresso di Identità Milano 2025, è stato incentrato completamente sul binomio riuscitissimo tra agricoltura e turismo. Perché mai più di oggi la voglia di girare e scoprire nuovi territori è legato al ritorno alle origini e alla terra. Al centro ancora ovviamente il cibo, questa volta come vettore e portatore di messaggi, «un modo per unire, far viaggiare le persone e portarle in luoghi diversi» ha spiegato Paolo Vizzari, moderatore del panel.
L’agricoltura diventa quindi non solo una fonte di sostentamento, ma anche una risorsa per valorizzare i territori. Questo legame profondo tra la terra, i prodotti che essa genera e il turismo sta creando nuove opportunità per lo sviluppo locale e la valorizzazione delle tradizioni. Un esempio tangibile di questa sinergia è rappresentato proprio dall’agriturismo, che unisce il fascino della natura alla bellezza della cultura enogastronomica.
Agriturismo: un nuovo modo di fare turismo
L’agriturismo è più di una semplice forma di soggiorno. È un’esperienza che fa sentire i visitatori parte di un luogo, un viaggio attraverso il cibo, la storia e le tradizioni locali. Come sottolinea Eleonora Masseretti, Presidente di Terranostra Lombardia, «questo tipo di realtà oggi riescono a parlare a un pubblico sempre più vasto, non solo attraverso la gastronomia, ma anche con attività didattiche, sociali e ludiche – e continua – La gente non cerca solo un posto dove mangiare e dormire, ma desidera entrare in contatto con la natura, sentire la passione e l’autenticità dei produttori locali e vivere esperienze che li facciano emozionare. Fare sistema è la nostra grande forza». L’enogastronomia, dunque, diventa uno degli elementi principali che spinge i turisti a scoprire i territori italiani. Ogni regione ha il suo fascino, una ricchezza di tradizioni e sapori che rende unica ogni esperienza. La forza di questo settore si manifesta quando le varie componenti – agricoltura, turismo, gastronomia – lavorano insieme in sinergia. E ne è convinta Francesca Caproni, Direttrice Gal Trasimeno Orvietano: «è importantissimo il lavoro di squadra tra enti pubblici e privati, il successo risiede nell’ottimizzazione delle risorse locali senza sprechi, valorizzando ciò che ogni territorio ha da offrire».
La cucina come storia e identità
La cucina contadina e la gestione sostenibile della terra possano essere un tutt’uno. Ne è convinta Stefania Giardinetti, chef agricola, che ha un’azienda di 16 ettari e prepara i suoi piatti utilizzando solo ingredienti freschi e locali, spesso raccolti direttamente dal suo orto. La sua filosofia è chiara: «per me ecosostenibilità vuol dire tenere vivo il territorio. E poi essere uniti». E a chi le chiede qual è il suo piatto forte risponde: «Vedo quello che ho, apro la mia dispensa, vado nel mio orto, controllo se le galline hanno fatto le uova. Quello che non produco lo acquisto dalle mie vicine di casa, utilizzo solo prodotti del territorio». E anche Caterina Ceraudo, chef e proprietaria del ristorante stellato Dattilo, racconta come il suo approccio alla gastronomia si sia evoluto attraverso un’immersione totale nei territori vinicoli e agroalimentari. Il motto in casa Ceraudo è “felice chi fa felice gli altri” e partendo proprio da questa considerazione si sviluppa l’idea di Caterina in cucina, che è una celebrazione del legame tra cibo e territorio, ogni piatto racconta infatti una storia, quella degli ingredienti che lo compongono, racconti di tradizione che però non tralasciano anche lo sguardo al nuovo. «Il nostro ristorante aveva già una stella Michelin – spiega – ma quando sono entrata io l’ho svestito e completamente rivestito di mio». Suggestioni, emozioni, territori da esplorare. Il dialogo tra fornitori e ristoratori diventa quindi fondamentale per creare un’esperienza autentica che affascina i viaggiatori e li rende parte di un racconto che va oltre il semplice consumo.
La cucina come storia e rispetto per la terra
Anche Antonia Klugman, chef de L’Argine a Vencó, lega altamente la sua attività al territorio e nello specifico al Collio. «Ho vissuto in prima persona la trasformazione di questo luogo, che negli anni Ottanta era fiorente, ma che poi ha vissuto un periodo di crisi per riprendersi solo grazie all’enogastronomia». Gestire un ristorante in campagna ha cambiato anche il suo approccio agli ingredienti. «Le materie prime sono dei raccoglitori di storie e informazioni, dopo che passano attraverso le nostre mani hanno una vita diversa». Per lei, ogni piatto è la narrazione di ciò che si nasconde dietro ciascun elemento. E aspetto cardine della sua cucina è il rispetto per l’ambiente. Infatti Antonia ha scelto di non utilizzare la pesca da strascico, per tutelare i fondali marini. «La bellezza della natura mi arricchisce, mi fa stare bene quando ragiono sui piatti – e continua – spero che questo arrivi al cliente in modo magico». E in questo incantesimo speciale, un ruolo fondamentale lo ha il Collio, scelto consapevolmente da adulta: «vivo in una terra di pace che è stata di guerra. Sono fortunata a essere nata in questa epoca, trovo bombe inesplose nel mio orto. Dove un tempo c’era dolore, oggi c’è vita e armonia».
La formazione per il futuro del turismo
Il legame tra agricoltura, gastronomia e turismo non si ferma ai produttori e agli chef, ma coinvolge anche la formazione delle nuove generazioni. Vittorio Dall’Aglio di Fipe (Federazione Italiana Pubblici Esercizi) e presidente di Ascom, pone l’accento sull’importanza di formare i giovani, sia in cucina sia in sala, per offrire un turismo culturale di qualità. E quello agricolo richiede competenze specifiche, ma anche una visione sistemica che metta in relazione tutte le realtà locali. Questo è il punto cruciale anche per Paola Terenziano, che evidenzia come raccontare la propria realtà aziendale possa creare un legame profondo con il pubblico. La valorizzazione dei piccoli borghi, il racconto delle storie dietro ogni prodotto – come quello del tartufo e del suo legame con il cane da ricerca – sono elementi che contribuiscono a creare un turismo esperienziale, capace di attrarre e coinvolgere le persone in modo autentico. Un mistero che si svela pian piano attraverso la scoperta: un cagnolino nel bosco che insegue il profumo del tartufo, il rapporto con l’uomo, la cavatura. «Si parte sempre da piccoli borghi per andare a valorizzare il capitale umano – spiega – Abbiamo una grandissima eredità morale. Come si fa a comunicarla? Con il racconto, aprendo anche ai più piccoli, alle scuole».
Vivere il territorio: un lussuosissimo ritorno alle radici
Lea Gasparoli racconta la bellezza di vivere il territorio, un concetto che non implica necessariamente un ritorno stretto al passato, ma un modo moderno di entrare in contatto con la natura. «Agricoltura è un concetto moderno, è la voglia di andare a conoscere il territorio – e spiega – è il concetto di una cucina ambientale, di territorio… il lusso più grande è proprio riuscire a raccontare un luogo attraverso un piatto».
L’importanza della sensibilità e dell’empatia
Un altro aspetto cruciale del turismo agricolo è la sensibilità verso le persone e l’ambiente. E la Fondazione Cottarella rappresenta un esempio di come il cibo possa diventare uno strumento di cura e di crescita personale. Il cibo non è solo nutrimento, ma anche un’emozione che cura e unisce. La ristorazione e l’agricoltura, quindi, possono diventare luoghi di benessere e di condivisione, dove il cibo è protagonista non solo della tavola, ma anche delle relazioni umane.
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