Effettua la tua ricerca
More results...
CREMONA – Il giorno che gli ha cambiato per sempre la sua vita lo ha cerchiato di rosso: è la notte di sabato 11 maggio del 2024, quando il vicino di casa Mehedi Lahrache, 37 anni, marocchino, lo ha ridotto quasi in fin di vita, prendendolo a pugni e spaccandogli la testa con un mattone. Glielo ha lanciato da dietro. La corsa in ospedale, la sala operatoria, l’intervento al cranio, un mese in Terapia intensiva in pericolo di vita, la lunga riabilitazione al centro di Fontanellato (Parma), la memoria che ancora vacilla, la convivente da allora sempre al suo fianco, giorno e notte, per aiutarlo anche a riempire i suoi molti «non ricordo».
Lahrache oggi è stato rinviato a giudizio per le lesioni gravi causate al connazionale Abdellah Rharrad, 47 anni. Con le aggravanti di aver messo in pericolo la vita del suo dirimpettaio e di avergli cagionato «una malattia certamente o probabilmente insanabile», (indebolimento sensibile delle funzioni superiori).
Un anno fa Lahrache era finito in carcere per tentato omicidio. Lesioni gravi per il Tribunale del Riesame di Brescia, che nel riqualificare il reato, aveva mandato il 37enne ai domiciliari, dove è tuttora. L’uomo vive con sua madre non più in via Sardagna, ma in un paese del Cremonese. Assistito dall’avvocato Giorgio Lazar, lo straniero affronterà il processo: prima udienza il 22 maggio prossimo.
All’udienza preliminare di ieri, Rharrad e la sua convivente si sono costituiti parte civile con gli avvocati Alessandro Vezzoni e Santo Maugeri. Borgo Loreto, palazzina dell’Aler in via Sardagna, civico 1/C. Vittima e aggressore abitano sullo stesso pianerottolo, al quarto piano. Tra i due i rapporti sono pessimi da tempo. Le forze dell’ordine qui sono intervenute già un paio di volte nel 2023, una nel 2024: il 5 aprile. Cazzotti, minacce.
Intorno alla mezzanotte dell’11 maggio, i due litigano per strada, l’aggressione continua nell’androne del palazzo. C’è chi sente le urla e chiama il 112, c’è chi vede. A mezzanotte e sei minuti arrivano le pattuglie della Volante e la Squadra mobile. Rharrad è a terra, incosciente, perde molto sangue, è gravissimo. Si chiama il 118. Chi lo ha ridotto così è sparito.
Gli agenti della Volante raccolgono le prime testimonianze. C’è un residente che ha visto, sa chi ha conciato in quel modo il 47enne, ma non fa il suo nome, perché ha paura di ritorsioni. Intanto, Lahrache non si trova. È buio.
I poliziotti lavorano con le torce in mano. Sul balcone al quarto piano di via Sardagna 1/C, spunta un uomo. Gli agenti puntano le torce. È Lahrache. Abbagliato dal fascio di luce, lo straniero si copre il volto con la mano destra. I poliziotti vedono che se l’è fasciata in maniera rudimentale. E notano anche delle escoriazioni sul suo volto. I sospetti che sia lui l’aggressore li portano nella palazzina. Chi indaga, bussa alla porta dell’uomo, ma lui non apre. Ci provano, ci riprovano, i poliziotti a farsi aprire la porta, ma Lahrache non la apre, se non per pochi centimetri. Gli agenti faticano a convincerlo, finché il 37enne, finalmente, apre e si mette sull’uscio. È a petto nudo e indossa un paio di pantaloncini. Sul volto ha delle escoriazioni, la mano destra è gonfia, su una delle nocche c’è un’evidente escoriazione dalla quale esce sangue fresco. Sulla schiena è pieno di graffi.
I poliziotti gli chiedono se sa qualcosa in merito all’uomo trovato a terra rantolante e privo di sensi. Mehedi dice di non saperne nulla. Arriva la Scientifica.
In via Sardagna gli investigatori continuano a raccogliere indizi. Tutto porta a lui, a Lahrache. In casa gli sequestrano i vestiti imbrattati di sangue. Li aveva nascosti dietro la porta. Alle 3,25 viene chiamato il sostituto procuratore Andrea Figoni, il pm che oggi ha chiesto il rinvio a giudizio dell’imputato.
Quella notte, Lahrache viene arrestato e portato nel carcere di Ca’ del Ferro con l’ipotesi di accusa di tentato omicidio.
Due giorni dopo, nell’interrogatorio di garanzia, lo straniero si avvale della facoltà di non rispondere. Il gip convalida l’arresto e lo tiene in carcere. Lahrache non è uno ‘pulito’. È già stato condannato per reati in materia di stupefacenti, per resistenza, per lesioni personali, per evasione e furti.
Il gip evidenzia nel provvedimento «l’intensità dolosa» e la «rilevantissima pericolosità sociale». Il marocchino è in carcere, il suo connazionale è in un letto della Terapia intensiva: lotta tra la vita e la morte. Prima che il vicino di pianerottolo lo riducesse quasi in fin di vita, Rharrad aveva un lavoro: muratore qualificato. Da quel sabato, la sua vita e quella della sua convivente sono state stravolte.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link