Di Giulia Botta
BELGRADO. I Balcani occidentali sono una regione complessa che ha affrontato diversi problemi nel corso della storia recente.
Dopo il crollo della Jugoslavia negli anni ’90, la regione è stata teatro di conflitti, guerre e instabilità politica che hanno portato a cambiamenti territoriali.
Una mappa dei Balcani
La regione, caratterizzata da una complessa miscela di gruppi etnici, ha vissuto tensioni storiche tra questi, sfociate in conflitti sanguinosi nel recente passato, limitando la coesistenza pacifica e la stabilità.
Nonostante istituzioni fragili ed economia stagnante, molti Paesi mirano all’ingresso nell’UE, ma ostacoli come riforme incomplete e dispute di confine rallentano il processo.
Nei Balcani occidentali, le tensioni etniche vengono spesso politicizzate e trasformate in narrazioni dominanti.
Le narrazioni sul passato e sull’identità culturale sono componenti critiche dell’identità di uno Stato, ed hanno un ruolo rilevante nel generare opinioni e visioni individuali del mondo.
Nel contesto informativo, la narrazione non è solo comunicazione, ma uno strumento per rendere le informazioni più accessibili e di più diretto impatto emotivo. In un ambiente informativo, questa capacità di coinvolgere può influire sulla percezione del pubblico.
Seguendo gli eventi che di recente stanno interessando la regione balcanica, è possibile osservare un comune denominatore tra le narrazioni dei leaders.
Il comune denominatore tra le proteste di Belgrado, le decisioni della Republika Srpska (RS) contro la Bosnia ed Erzegovina, e l’incertezza sul risultato delle recenti elezioni in Kosovo rappresenta l’instabilità politica e istituzionale dell’area, legata a tensioni etniche e a questioni di sovranità irrisolte.
A Belgrado, sin da novembre 2024, dopo il crollo della pensilina della stazione ferroviaria di Novi Sad che causò 15 vittime,
il Paese è stato attraversato da proteste di massa guidate da studenti universitari e cittadini indignati per la corruzione percepita nel governo e nei settori delle costruzioni. Le manifestazioni sono continuate nel 2025, con decine di migliaia di persone che hanno marciato a Belgrado e in altre città serbe, chiedendo responsabilità e trasparenza.
Le proteste hanno portato alle dimissioni di alcuni funzionari, ma la narrativa promossa dai vertici è stata quella di ribadire la solidità dello stato contro tentativi di destabilizzazione.
Il primo ministro del Kosovo, Albin Kurti
In Kosovo, dopo le elezioni parlamentari dello scorso febbraio, non sono stati ancora resi noti i risultati finali, nonostante ciò l’uscente primo ministro Kurti, benchè non sembri avere al momento una maggioranza assoluta per formare un nuovo Governo, si presenta come colui che esprime un potere legittimo acquisito.
Nelle ultime settimane, la Republika Srpska (RS), una delle entità che compongono la Bosnia ed Erzegovina, è stata teatro di significativi sviluppi politici che hanno acuito le tensioni nel Paese.
Milorad Dodik condannato da un Tribunale di Sarajevo
Il 26 febbraio scorso il Tribunale di Sarajevo ha condannato Milorad Dodik, Presidente della RS, per la sua disobbedienza alle decisioni dell’Alto Rappresentante internazionale in Bosnia ed Erzegovina.
Dodik ha respinto la sentenza, definendola un attacco al popolo serbo e sovranità statale, e ha annunciato misure radicali comeleggi che vietano alle autorità centrali di operare nella RS, minando l’assetto costituzionale stabilito dagli Accordi di Dayton del 1995, che posero fine alla guerra bosniaca.
Governance legittima e sovranità restano le narrazioni dominanti in un quadro frammentato.
I leader locali si appellano al concetto di legittimità democratica per consolidare il proprio potere, rischiando di alimentare la polarizzazione, tensioni etniche e instabilità istituzionale.
Questo rende la stabilizzazione della regione un processo complesso. Di conseguenza, superare le divisioni etniche e rafforzare le istituzioni democratiche sarà cruciale per il futuro dei Balcani occidentali.
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