Dazi, l’appello da Brescia: «Evitiamo la guerra commerciale: a rischio più settori»

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Le mosse Usa e le contromisure Ue suscitano più reazioni. Pasini: «Vanno aperti altri sbocchi commerciali». Gozzi: «Non mettiamo a rischio la competitività industriale» Marinoni Martin: «L’Europa deve svegliarsi». «Mariotti: «La partita è politica»






L’attenzione. La sfida dazi tiene in allerta non solo la siderurgia




L'attenzione. La sfida dazi tiene in allerta non solo la siderurgia



L’attenzione. La sfida dazi tiene in allerta non solo la siderurgia

 «Impedire una guerra commerciale, che può avere ripercussioni in più direzioni». L’appello arriva da più fronti: imprenditori e associazioni di categoria temono che la «guerra dei dazi» tra Usa, Europa (che ieri ha lanciato una contromossa del valore di 26 miliardi di euro sui prodotti statunitensi) e le altre potenze economiche mondiali possa causare effetti a catena, in una situazione già complicata.

Se le esportazioni verso gli Usa non preoccupano particolarmente, anche considerato un livello di vendite non particolarmente elevato per l’acciaio bresciano e lombardo, i rischi riguardano soprattutto l’inasprirsi di rapporti commerciali con alcuni grandi player internazionali, ma anche l’«invasione» di prodotti provenienti (in particolare) da Cina e Far East, che potrebbero essere dirottati dagli Usa all’Europa, con altre gravi ripercussioni sull’economia continentale. Ad essere richiamata, come spesso accade, è l’Unione europea, il cui peso sullo scacchiere economico mondiale dipenderà anche da come saprà rispondere alle mosse del presidente Usa Donald Trump.

«Le esportazioni italiane di acciaio verso gli Stati Uniti non sono particolarmente importanti: l’anno scorso sono state pari a circa 200mila tonnellate. La principale preoccupazione per l’industria lombarda, quindi, riguarda gli eventuali dazi che potrebbero colpire le principali filiere protagoniste del nostro export verso gli Stati Uniti come il tessile, il food, la meccanica – commenta Giuseppe Pasini, presidente di Confindustria Lombardia e leader di Feralpi Group -. In questa fase è importante che l’Unione europea lavori per creare delle misure di salvaguardia per le produzioni continentali e per aprire nuovi mercati di importazione ed esportazione attraverso nuovi accordi bilaterali. Il nostro auspicio come associazione è che la reazione europea ai dazi americani sia finalizzata ad agevolare un negoziato, e sia evitata una escalation di questa guerra commerciale dalla quale ne usciremmo tutti perdenti».

Prendendo spunto dalla contromisura dell’Ue, per il leader di Federacciai, Antonio Gozzi, «i quantitativi di acciaio importati dall’Ue sono marginali: circa 120mila tonnellate l’anno». Quindi «l’imposizione di un dazio del 25% sull’acciaio americano ha un effetto più simbolico che concreto. Il vero nodo della questione è comprendere se questi dazi vengano utilizzati come strumento di negoziazione dagli Usa in altri ambiti strategici.

Il rischio è che, invece di tutelare la competitività dell’industria siderurgica europea, queste misure diventino parte di un gioco diplomatico più ampio, un’insensata guerra commerciale, con possibili impatti su vari settori economici». Per Giovanni Marinoni Martin, leader del settore Metallurgia, Siderurgia e Mineraria di Confindustria Brescia (e vice presidente della Ori Martin di Brescia), «c’è in atto una guerra commerciale, in cui gli Usa cercano di proteggere il proprio mercato e spingono affinché le produzioni avvengano su suolo nazionale. È una politica che nel breve periodo costituirà un problema, ma alla lunga spingerà i produttori a trasferirsi: nel mentre, sarà penalizzato chi esporta, anche se non è detto che non si possa comunque essere competitivi, riducendo i margini».

Il problema è «che l’Europa sarà al centro della tempesta, perché Cina, India e Far East guarderanno al Vecchio Continente per vendere il loro acciaio – aggiunge -. Spero che l’Ue si svegli al più presto e si renda conto che il Green Deal è una scelta strategica e concettualmente bellissima, ma cara: oggi le nostre filiere sono sotto attacco perché il patto verde europeo porta i beni a essere più cari, mentre il resto del mondo va avanti con il carbone con costi molto inferiori. Stiamo andando a sbattere, la transizione come è impostata oggi, soprattutto quella della mobilità, non funziona».

Il confronto

Marco Mariotti, vice presidente vicario di Confapi Brescia e di Unionmeccanica nazionale, evidenzia che «si tratta di una partita politica, l’Europa deve usare tutti gli strumenti a disposizione per una «moral suasion» nel confronti degli Usa: in passato, il multilateralismo economico ha fatto crescere tutti i Paesi, con il Wto che è stato un pilastro fondamentale. Oggi è il grande assente e le regole dei trattati vengono messe da parte per lasciare spazio alla muscolarità politica». I dazi sono strumenti previsti in materia antidumping o antisussidio, ma «quelli di Trump sono politici, si tratta di una misura irrazionale – prosegue Mariotti -. Questo perturba un sistema economico che vuole un equilibrio». L’allarme sui dazi arriva anche dall’European Steel Association (Eurofer), convinta che «le esportazioni di acciaio dell’Ue verso gli Usa, già diminuite di un milione di tonnellate rischiano ora di ridursi di almeno un altro milione».

Mario Conserva presidente di Face (Federazione dei consumatori di alluminio in Europa), vuole l’azzeramento della struttura daziale Ue (3-4-6%) sulle importazioni di alluminio grezzo, perché «ridurre i costi è essenziale per rafforzare la competitività dell’industria europea di settore e garantirne la sopravvivenza in un mercato globale caratterizzato da una concorrenza durissima e spesso sleale». Al contrario, va mantenuto il dazio protettivo del 7,5% per i prodotti finiti a valle e accelerata l’applicazione di strumenti di difesa commerciale, come i dazi antidumping: «L’industria dell’alluminio è già troppo vulnerabile e non deve subire ulteriori compromessi nei trattati internazionali», conclude Conserva.





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