«Il mondo intero ci deruba»

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Dopo Canada e Messico, il presidente Usa agita la clava sull’Ue con tariffe-monstre contro alcolici e champagne dell’Ue. Parigi: «Non cederemo mai». Intanto il tycoon ha un altro fronte interno da tenere in considerazione: prende corpo il rischio di uno shutdown del governo federale

La guerra dei dazi non accenna a fermarsi, anzi ci si avvia a una escalation tra i due blocchi transatlantici sempre più ai ferri corti su acciaio e alluminio e ora su altri prodotti Usa dopo la ritorsione europea all’aumento delle tariffe varate dalla Casa Bianca. Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, dopo Canada e Messico ha minacciato l’Unione europea, «una delle autorità fiscali e tariffarie più ostili e abusive al mondo», con tariffe del 200 per cento su «tutti i vini, champagne e prodotti alcolici provenienti dalla Francia e da altri paesi rappresentati dall’Ue».

«Gli Stati Uniti non hanno liberi scambi» commerciali, «hanno scambi stupidi. Il mondo intero ci deruba», ha ricordato Donald Trump, che ha indossato i panni della vittima, sul suo social Truth secondo un mantra retorico dove la Ue sarebbe stata formata per, parole sue «fregare gli Usa».

L’ennesima ritorsione

La minaccia di Trump su Truth è considerata una ritorsione contro i dazi dell’Ue sul whisky prodotto negli Stati Uniti in risposta ai dazi americani del 25 per cento su acciaio e alluminio. «Se questa tariffa non verrà rimossa immediatamente, gli Stati Uniti imporranno a breve – scrive il presidente Usa – una tariffa del 200 per cento su tutti i vini, champagne e prodotti alcolici in produzione dalla Francia e da altri paesi rappresentati dall’Ue».

«Non abbiamo nuovi commenti sulla dichiarazione del presidente Trump. Ma possiamo confermare che il Commissario Maroš Šefčovič ha contattato le sue controparti americane subito dopo gli annunci di ieri e sono in preparazione delle telefonate». Lo ha affermato un portavoce della Commissione europea dopo le nuove affermazioni di Trump che potrebbero essere confermate, rettificate o congelate come ormai abbiamo imparato secondo lo stile erratico ed ondivago della Casa Bianca.

Trump sembra voler passare da una economia fondata sui consumi interni (che oggi pesano per il 70 per cento del Pil Usa), oltre agli investimenti fissi e saldo commerciale a una basata soprattutto sull’export sullo stile italiano, tedesco o cinese. La Fed per ora guarda con preoccupazione a un possibile rialzo dell’inflazione (oggi ferma al 2,8 per cento annuo) generata dai dazi prima di proseguire con il taglio del costo del denaro. Insomma i dazi potrebbero provocare, nel breve periodo, un aumento dei prezzi negli Stati Uniti e quindi costringere la Fed a una stretta per tenere sotto controllo l’inflazione. Secondo Larry Summers, ex segretario al Tesoro, i dazi potrebbero anche portare l’economia Usa in recessione perché frenerebbe i consumi interni.

La Francia comunque resta «determinata a replicare» ai dazi evocati dal presidente Usa, Donald Trump, sullo champagne e i vini europei. «Non cederemo mai alle minacce e proteggeremo sempre le nostre filiere», ha avvertito il ministro francese per il Commercio Estero, Laurent Saint-Martin, in un messaggio pubblicato sul suo profilo X. Il ministro deplora l’escalation di Donald Trump in questa «guerra commerciale che ha scelto di dichiarare».

Si avvicina lo shutdown

Trump ha un altro fronte interno da tenere in considerazione dove aumentano i rischi di uno shutdown del governo federale. Se il Senato non approverà il provvedimento passato di misura alla Camera, venerdì si esauriranno i fondi a disposizione del governo causando una paralisi delle attività dalla mezzanotte di sabato. In Senato i repubblicani hanno bisogno di almeno otto voti democratici per approvare la misura, ma al momento i liberal continuano a fare muro e non sembrano intenzionati ad aiutare i conservatori.

«Uno shutdown non sarebbe positivo per l’economia», ha dichiarato il segretario al Tesoro Scott Bessent puntando il dito contro i democratici, considerati i potenziali responsabili della paralisi del governo. Uno shutdown potrebbe verificarsi dalla mezzanotte di sabato se il Senato non approverà il provvedimento a cui la camera ha già dato il via libera. Al momento i repubblicani in Senato non hanno i voti necessari per l’approvazione e questo aggiunge incertezza a un quadro già confuso dove le borse europee e americane sono sempre più nervose e in fibrillazione.

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