Il Vulture si apre al turismo internazionale con il progetto europeo “TwoEu”

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Il Vulture è una destinazione turistica ricca di autenticità, coinvolgente e stimolante a nord della provinca di Potenza, in Basilicata, e per promuoverla è natoTwoEu“, un progetto triennale di comunicazione europea e internazionale, finanziato dall’Unione europea, che punta a valorizzare i prodotti principe, il vino Aglianico e l’olio evo, attraverso lo sviluppo di campagne mirate per i social media e la partecipazione ai più importanti eventi enogastronomici, momenti d’incontro tra i produttori, il trade e la stampa internazionale.

Il Vulture tra storia e sapori: il progetto che valorizza il territorio

Vulture: a Roma la presentazione del progetto TwoEu

Il piano è stato presentato a Roma, nella sede della Stampa estera, dai rappresentanti dei due consorzi di tutela di olio e vino: Antonietta Rucco, per il Consorzio olio del Vulture Dop e Francesco Perillo, presidente di quello dell’Aglianico del Vulture. È un vino rosso celebre fin dall’antichità per il suo pregio e per la vocazione alla longevità, celebrato fin dai tempi del poeta Orazio, nativo di Venosa. Una qualità celebrata anche nei secoli successivi, come ha detto all’incontro il produttore Gerardo Giuratrabocchetti di una storica famiglia di vignaioli giunta alla settima generazione. Giuseppe Calabrese, conduttore del programma televisivo di RaiUno Linea Verde, ha invece raccontato l’offerta di un territorio generoso, delle bellezze storiche e naturalistiche come il Parco del Vulture e della sua comunità aperta e ospitale.

Il Vulture si apre al turismo internazionale con il progetto europeo “TwoEu”

A Roma la conferenza stampa di presentazione del progetto TwoEu

All’incontro, moderato da Stefano Carboni, comunicatore enogastronomico e docente all’Università di Roma Tor Vergata, ha fatto seguito una degustazione di piatti tipici. Il vino e l’olio arricchiscono una cucina è a base di prodotti in stretta analogia con le risorse naturali dell’ambiente e con la fertilità dei suoli del vulcano spento,  come ortaggi, legumi e a grano, prodoti caseari da allevamento ovini. Ma la destinazione offre anche bellezze naturali, come le colline punteggiate da olivi e il Parco del Vulture. Ne rimase affascinato anche Ferdinando di Borbone, penultimo re delle due Sicilie, che era di passaggio ma che si concesse un cambio il programma.

Siad

Vulture, terra di eccellenze: olio e vino al centro del progetto TwoEu

«Con il progetto triennale TwoEu – ha detto Antonietta Rucco – intendiamo non solo valorizzare ma anche raccontare il nostro territorio e le sue eccellenze anche sui mercati esteri». L’olio extravergine d’oliva Vulture Dop è della varietà autoctona Ogliarola, presente sulle pendici sud orientali del Monte Vulture sin dal 65 a.C. come testimonia il poeta latino Quinto Orazio Flacco. Anche in blend con altre varietà è molto apprezzata dai consumatori per il suo alto profilo sensoriale. Il Consorzio raccoglie la maggior parte dei coltivatori, dei frantoiani e dei confezionatori dei nove comuni ricadenti nell’area geografica a denominazione Vulture (Atella, Barile, Ginestra, Maschito, Melfi, Rapolla, Rionero, Ripacandida e Venosa).

In un’agricoltura di sopravvivenza l’olio era uno dei pochi prodotti in grado di produrre reddito e la sua produzione fu particolarmente seguita con tutte le attenzioni e garanzie di valori gustativi e nutrizionali e il contesto vanta una naturale sostenibilità. Giallo ambrato con riflessi verdi, ha un profumo fruttato con note d’erba falciata e il sapore è leggermente amaro con una lieve nota piccante. La potatura è manuale così come la raccolta, a novembre e dicembre. Il trasporto delle olive al frantoio avviene nella stessa giornata di raccolta. La molitura avviene entro 24 ore dalla raccolta ed è realizzata esclusivamente mediante processi meccanici. L’olio viene conservato in locali poco illuminati, dove la temperatura non supera i 18°C e non scende mai al di sotto di 10°C.

Dell’Aglianico del Vulture, ha parlato Francesco Perillo, il presidente del Consorzio nato nel 1986. «La nostra aspirazione – ha detto – è che il progetto TwoEu non solo aumenti la visibilità dei nostri vini ma anche che rafforzi l’economia locale creando nuove opportunità per la nostra comunità. Con la strategia delineata oggi, intendiamo invitare il mondo a scoprire e a partecipare a questa storia straordinaria». L’Aglianico ha qui la sua terra d’elezione con una produzione d’eccellenza che comprende 35 produttori in oltre 15 comuni e riunisce viticoltori, vinificatori e imbottigliatori, singoli o associati, impegnati al rigoroso rispetto del disciplinare, a combattere la contraffazione, a sostenere la ricerca per migliorare le tecniche di viticoltura e vinificazione, a promuoverne in vari modi l’autenticità. L’areale è nella parte nord-est della regione Basilicata e comprende i comuni di Atella, Barile, Ginestra, Melfi, Rapolla, Ripacandida, Rionero in Vulture, Maschito, Venosa, Ruvo del Monte, Rapolla e San Fele. L’Aglianico del Vulture, registrato dal 1971 nel Registo Nazionale,  ha un’itentità definita: rosso rubino intenso con riflessi granati, profumo caratteristico, sapore asciutto, sapido, gradevlmente tannico e si armonizza con l’invecchiamento.

Il Vulture si apre al turismo internazionale con il progetto europeo “TwoEu”

Il Vulture e il progetto TwoEu: promozione internazionale per olio e vino

L’arrivo di culture diverse ha influito nei secoli e ne restano testimonianze archeologiche e storiche. Vennero arabi, sanniti, i luki detti poi lucani, romani, angioini, albanesi (arbereshe) e normanni. Nel Castello di Melfi Federico II redasse le Constitutiones Augustales, il codice del XIII secolo che regolava la vita economica e sociale. Ma le altre culture entrarono anche in cucina, fondendosi sulle tradizioni locali basata su cereali, formaggi e salumi di un’economia rurale. Secondo Marco Terenzio Varrone, i conquistatori romani seppero dare una nuova identità alla salsiccia locale “lucanica” difondendola in tutto l’Impero e oggi è anche l’insaccato tipico del Nord Italia. Nei consumi entra anche il baccalà, importato da Federico II per la sua conservabilità e il rafano sarebbero stato introdotto dai Normanni. Con l’arrivo del peperone dalle Americhe nel XVII secolo ad opera degli Spagnoli venne selezionata una qualità che fette origine al peperone crusco, l’oro rosso lucano, presente in varie ricette. Il più antico manoscritto che codifica le ricette fu redatto nel 1524 da Antonio Camuria, cuoco al servizio dei nobili Carafa.





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