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Chi la dura la vince. Vale per il turismo organizzato e, in modo particolare, per le nostre care agenzie di viaggi, che oggi si giocano la loro rivincita sul cosiddetto fai-da-te e guardano al futuro, dopo lo scossone Covid, forti di una nuova verve. Numeri alla mano, seppur lentamente e a piccole dosi, il comparto delle adv sembra consolidarsi e soprattutto ripopolarsi: una buona notizia arriva dalle rilevazioni dell’Annuario del Turismo Italiano 2025, edito dal Gruppo L’Agenzia di Viaggi Magazine che è anche patrocinante dell’Osservatorio Travel Innovation del Politecnico di Milano, che racconta come a gennaio di quest’anno le aziende italiane attive nel turismo organizzato sono in tutto 6.600, e dunque esattamente cento in più rispetto a quelle censite nel 2024 e con i dettaglianti puri che sono in tutto 5.750.
IL VALORE DELLE AGENZIE
Possiamo quindi affermare che il turismo organizzato gode di buona salute. «Quasi ottima», ci spiega Pier Ezhaya, general manager tour operating del Gruppo Alpitour, che a metà febbraio ha investito per il brand Alpi la bellezza di 5 milioni di euro per una maxi campagna contro i luoghi comuni (in cui rientrano anche quelli contro il turismo organizzato), che ha seguito il varo di un piano affine, sempre a supporto dell’intermediazione, per Eden Viaggi. «Dal 2023 il settore ha ripreso a marciare forte – dichiara al nostro giornale il top manager – Stanno emergendo i valori e i vantaggi che il turismo organizzato può garantire ai viaggiatori, e non parlo solo delle garanzie che si hanno a livello normativo, ma anche della capacità che ha questo comparto di consegnare alla gente una vacanza più immersiva, profonda, completa ed esclusiva». Oggigiorno, infatti, i clienti non vogliono visitare meramente i luoghi, ma entrare in contatto con il territorio, con la cultura e con la natura locale, e in questo senso i tour operator e le agenzie possono giocare un ruolo da protagonisti. «Più la vacanza si riduce al semplice volo+hotel e più diventiamo surrogabili – prosegue Ezhaya – All’opposto, più la vacanza richiede conoscenza del territorio ed esperienze e più noi diventiamo essenziali e distintivi».
Un altro dato importante ce lo consegna l’ultimo report pubblicato dal Gruppo Expedia, che per le agenzie di viaggi prevede il programma Taap, “Decoding the travel advisors client”, condotto in partnership con l’americana Wakefield Research. L’indagine supporta la tesi, ovvero il ritorno delle persone nelle agenzie di viaggi. A fare la parte del leone, tra le ragioni per cui i viaggiatori si avvalgono della consulenza degli agenti, c’è la loro grande esperienza e specializzazione (questo vale per il 46% degli intervistati). A ciò, si affianca la possibilità di accedere alle offerte speciali, così come l’essere in grado di offrire un’ampia gamma di servizi che è tra i maggiori driver di fedeltà per un agente.
Le persone si affidano alle agenzie di viaggi – sempre di più – anche per la richiesta di assicurazioni, crociere e biglietti ferroviari. Negli ultimi due anni, secondo Expedia e Wakefield, più della metà dei viaggiatori italiani (il 59%) si sono serviti di un’adv, contro un 44% di media.
I BUONI ESEMPI
La forza della distribuzione sta anche nel saper cambiare pelle e reinventarsi, come sta accadendo alla storica Business Class Viaggi, diventata la futuristica The Travel Lounge – con sedi a Roma e Montesilvano, in provincia di Pescara – e creata da Dante Colitta, Fabio Angiolillo e Laura D’Elia. Non è stato fatto altro che costruire degli open space immersivi dedicati a ciascun continente con allestimenti e foto che ne raccontano ogni aspetto, mentre sui maxi schermi vanno in onda filmati spettacolari che invitano a partire. Tutto intorno pareti green con muschio capaci di trasmettere al cliente un senso di relax e accoglienza, perché l’esperienza deve partire dall’agenzia di viaggi, con il payoff “ispirazioni senza confini” che invita a immaginare e sognare il viaggio perfetto. «Rinnovare il format – ha riferito Fabio Angiolillo durante l’evento di lancio – si- gnifica andare incontro a un mercato più esigente per cui l’accoglienza diviene sempre più importante nell’approccio al viaggio. A questo si aggiunge la volontà di far stare bene anche le persone che lavorano molte ore qui dentro tra colori caldi, fotografie e filmati di destinazioni da sogno».
Va detto, però, che vivere un momento positivo non significa assicurarsi il futuro. «L’evoluzione dei costumi, dei bisogni, dei consumi e della tecnologia è rapidissima e bisogna avere visione per trarne da essa i massimi benefici invece che accusarne i colpi – prosegue Ezhaya – Il futuro può essere roseo perché abitiamo un settore che è in crescita e lo sarà per i prossimi 15-20 anni (l’Un Tourism, nel suo Barometro pubblicato in avvio del 2025, ha parlato di una previsione degli arrivi turistici internazionali del +3-5% dopo la ripresa totale post Covid, ndr), ma senza trasformazione rischieremo di essere spinti in periferia mentre invece meritiamo un ruolo centrale».
CI VUOLE INNOVAZIONE
Bisogna, perciò, godere del successo che si sta vivendo senza darlo per scontato, sapere essere critici, aperti al cambiamento e lavorare di squadra. La ricetta resta la stessa: fare sistema per guardare con fiducia ai prossimi anni. E quando si parla di futuro, non si può non fare riferimento all’innovazione, che più che importante sarà una componente essenziale Ma su questo, a dire il vero, siamo un po’ in ritardo: secondo il report dell’Osservatorio Travel Innovation del Politecnico di Milano presentato a fine gennaio, la digitalizzazione, la raccolta dei dati e gli strumenti di intelligenza artificiale generativa stanno già influenzando in modo significativo le abitudini dei viaggiatori, che li utilizzano principalmente nelle fasi di ispirazione e ricerca. In Italia il tasso di utilizzo si aggira al 15% e l’uso dell’Ai è ancora in fase sperimentale da parte delle agenzie e delle strutture ricettive dato che solo l’1% di loro la sfrutta in un modo che possiamo definire completo.
«Siamo in ritardo tecnologico rispetto ad altri settori – conclude Ezhaya – Ci sono studi fatti da McKinsey & Company, Boston Consulting e Accenture che dimostrano come ci siano pochi investimenti nelle startup nel nostro campo, o come la spinta all’innovazione sia risibile o ancora come solo una minima parte delle aziende del settore possa essere definita “Ai Achievers”, ossia in grado di cogliere tutte le opportunità dell’intelligenza artificiale. È altresì vero che un settore poco capitalizzato e con margini modesti non abbia ampi spazi di investimento ma questa è una rivoluzione totale che travolgerà tutto e se non staremo al passo sarà difficile mantenere un ruolo centrale nell’universo del turismo. Al di là delle innovazioni tecnologiche dobbiamo anche essere aperti all’innovazione culturale e sociale».
«Purtroppo – conclude il top manager – c’è un po’ di resistenza al cambiamento nel nostro settore. Paradossalmente, il fatto che i trend siano buoni ci porta a ritardare le azioni, mentre invece se fossimo in difficoltà le cercheremmo per sopravvivere. Proprio per questo dobbiamo pensare che questo momento luminoso va preservato e bisogna sforzarsi di abbandonare alcune best practice che ci hanno accompagnato per decenni e guardare all’innovazione senza resistenza».
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