“Assunse il figlio della dirigente, ma non lavorava”: perché Iervolino è stato condannato per corruzione al ministero del Lavoro

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Tra il segretario della Cisal Francesco Cavallaro e il direttore generale del ministero del Lavoro Concetta Ferrari c’era un “rapporto sinallagmatico corruttivo”, cui il patron della Salernitana Danilo Iervolino ha concorso “fattivamente e decisamente”. È quanto si legge nelle motivazioni della sentenza di primo grado scritta dal giudice per l’udienza preliminare Enrico Campoli che, lo scorso dicembre, accogliendo la richiesta della procura di Napoli, ha condannato per corruzione Cavallaro e Iervolino rispettivamente a 5 anni e 4 anni di carcere. Dal processo di primo grado, inoltre, è emerso che Iervolino, ex proprietario della Unipegaso, ha utilizzato la “propria” università “per gestire fatti illeciti esterni alla stessa”.

La vicenda è partita dalla scissione asimmetrica parziale del patronato Encal-Inpal in patronato Encal-Cisal e patronato Inpal. Per questa scissione serviva l’autorizzazione del ministero del Lavoro che prima si era opposto e poi ha cambiato idea dando il via libera nel 2019 alla separazione. Questo comportava concreti benefici economici che dovevano essere ripartiti tra le due sigle sindacali. E qui è entrato in gioco il ministero: non solo per il nulla osta all’operazione ma anche per la ripartizione che, “burocraticamente, prevedeva il rilevante intervento della Direzione generale, facente capo alla Ferrari”. Sotto processo per gli stessi fatti, quest’ultima avrebbe privilegiato la Cisal di Cavallaro, il sindacalista calabrese che, così, ha ottenuto “sino al triplo delle somme attribuite rispetto all’altro ente”.

Le 52 pagine della sentenza sono impietose nel descrivere il comportamento della dirigente pubblica: “A dispetto degli accordi notarili sottoscritti tra i due enti di Patronato (scissisi), e delle note di riparto trasmesse al Ministero (per gli anni 2015, 2016, 2017 e 2018), – sottolinea il gup – le successive liquidazioni, adottate, in prima persona, dalla Ferrari, seguivano una assegnazione totalmente illegittima ragion per cui le stesse sono da ritenersi penalmente illecite e diretto precipitato della corruzione”.

In sostanza, Concetta Ferrari si è messa “‘a disposizione’ rispetto alle richieste del Cavallaro costituendo ella con lo stesso un ferreo, e permanente, sinallagma corruttivo che ha interessato un ragguardevole, arco temporale, di cui l’assunzione del figlio della prima, Antonio Rossi, presso l’università telematica ‘Pegaso’, a far data dall’1/4/2019, costituisce senz’altro l’atto più rilevante”. Il tutto grazie all’intervento di Cavallaro su Iervolino: “Gliel’ho chiesto a Danilo, ma non per telefono – ha affermato in un’intercettazione il segretario della Cisal – perché io andai a casa a cercarlo, tre anni fa, nel 2019, gli dissi: ‘dà una mano a sto figliolo’. Danilo mi disse: ‘Non voglio sapere manco perché…. Si prese il curriculum, lo fece commutare in contratto”.

“Tutto ok Rossi, tu ordini e io eseguo”. A parlare con Cavallaro era Mario Rosario Miele condannato a 2 anni e 8 medi di reclusione. Già direttore generale del Patronato e presidente del Centro di assistenza fiscale della Cisal, Miele fino a pochi mesi fa era un dirigente della Salernitana di Iervolino. All’epoca dei fatti fungeva “da cerniera operativa fondamentale” nelle relazioni tra la Ferrari ed il Cavallaro del quale era “fedele esecutore delle sue volontà”. In altre parole “si adoperava fattivamente per la contrattualistica di Antonio Rossi con l’Università Telematica Pegaso”. In questo modo il figlio della dirigente del ministero, “per più di un triennio ha percepito un compenso di prima fascia, quale professore straordinario, senza svolgere alcuna attività di docenza”.

I magistrati non hanno dubbi: Rossi “è stato pagato per non fare alcunché”. “Basti solo osservare, – scrive il gup nella sentenza – che il tempo trascorso sulla piattaforma e-learning, che per un ateneo telematico costituisce lo snodo centrale dell’insegnamento e della ricerca, di poco più di un’ora, ne sigilla, significativamente, la totale inesistenza”. Non sarebbe stato possibile senza il consenso dell’ex patron dell’Ateneo: “È del tutto evidente che lo Iervolino ha messo, consapevolmente, a disposizione del Cavallaro la struttura della Università Telematica Pegaso per svolgere una funzione servente per le necessità del secondo”.

Ma questo non è bastato per assicurarsi la benevolenza della dirigente del ministero. L’assunzione alla Pegaso del figlio non è stato l’unico “favore” con il quale Cavallaro avrebbe ringraziato la Ferrari per la scissione del patronato Encal-Inpal. I sospetti della Procura hanno trovato “pieno riscontro probatorio – scrive il gup – nella messaggistica whatsapp”. Cavallaro, infatti, si sarebbe interessato anche dell’altro figlio della dirigente pubblica, Alessandro Rossi (non indagato, ndr), “in occasione dello svolgimento degli esami orali per il concorso di commissario della Polizia di Stato”.

“Segretario tutti in posizione domani”. “Si, tutti pronti”. Al promemoria del giovane è seguito uno scambio di messaggi tra Cavallaro e il vice capo di gabinetto del ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Fabia D’Andrea, anche lei rinviata a giudizio nello stesso processo. “Ciao, Vostro Onore, ti ricordi di me domani, Rossi Alessandro”. “Ti faccio sapere… sono molto prudenti ma se ci stavano problemi mi avrebbero chiamata”. I problemi non ci sono stati e dai piani alti di un ministero parte un altro messaggio sul cellulare a Cavallaro: “Tutto apposto, fai i complimenti, il ragazzo è stato bravo, un po’ si è emozionato ma tutto ok …… non diciamolo alla mamma… ce lo feci Commissario che era il più… gliel’ho portato avanti, gli ho dato una mano di aiuto quando era ispettore”.

Lo stesso figlio, inoltre, ha acquistato a un prezzo vantaggioso di 18mila euro un’Audi Q3 (quotata 22mila e 300 euro) di proprietà di una federazione collegata al sindacato Cisal. Una cessione diretta che è stata “schermata” attraverso l’interposizione di una concessionaria alla quale Cavallaro, prima che venisse consegnato il suv, ha pagato anche le “spese di manutenzione straordinaria e del tagliando” con i fondi del sindacato. Direttamente alla dirigente Ferrari, infine, il segretario sindacale ha regalato un soggiorno in Calabria, a Tropea, assieme al marito e, per Natale, una borsa Luis Vuitton (“Mi piace moltissimo, anche il colore. Me la tengo”).

“Tutte queste utilità costituiscono il sigillo dell’accordo corruttivo – conclude il gup – Non è possibile nessun’altra lettura alternativa, delle continuative, e pregnanti, elargizioni che il Cavallaro, all’interno del rapporto confidenziale costruito, fa copiosamente confluire verso la Ferrari nell’arco temporale che riguardava, prima, l’emissione della valutazione tecnica positiva del Ministero e, poi, la suddivisione delle risorse tra i due patronati scissisi”.



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