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Da oggi nelle sale italiane “Il caso Belle Steiner”, film ispirato al romanzo “La morte di Belle”, di George Simenon.
Protagonisti dell’adattamento sono Charlotte Gainsbourg e Guillaume Canet, rispettivamente nei panni di Cléa e Pierre.
Il film
Pierre è sposato con Cléa, insegna matematica al Liceo Simenon e viene sospettato di essere il colpevole della morte di Belle, adolescente che studia nella scuola dove lavora l’uomo ed ospite nella casa della coppia perché figlia di un’amica.
Il quarantacinquenne è l’unico sospettato per l’omicidio, perché si trovava da solo nella villetta, ad ascoltare musica e a correggere i compiti, quando Belle lo saluta, rientrando in casa, prima della mezzanotte.
Inoltre, dal telefono e dalla vita della ragazza escono cose inaspettate: foto di lui scattate di nascosto e attività di lei, anche sui social, per le quali veniva chiamata “la regina della notte”.
Il protagonista di questo thriller pieno di morbosità, pioggia, interrogatori e indagini, sembra essere anaffettivo, interessato solo allo studio delle formule matematiche, e distaccato dalla morte della ragazza.
Pierre si dichiara innocente, ma non si difende più di tanto e afferma solo di non sapere cosa possa essere accaduto. Di Belle dice: “Era solo una ragazzina, io neppure la guardavo” pur essendo descritto da una vicina di casa come un voyeur, definizione che l’uomo non nega: “Credo che lei sappia perfettamente che la guardo e le sta bene“. Assediato dai media che lo accusano di femminicidio, Pierre non si scompone mai, e questo atteggiamento alimenta i sospetti.
L’attore Guillaume Canet, “Pierre” nel film (Getty)
Le accuse di violenza sessuale al regista
Una frase significativa di Pierre ne sottolinea l’ambiguità: “La teoria della probabilità deriva dal gioco. Giochiamo a calcolare e la sfida è individuare un punto fermo per trovare finalmente un equilibrio”.
Mentre un cartello prima dei titoli di coda del film sottolinea la cronaca che ha coinvolto di recente il regista Benoît Jacquot: “A firma della produzione e della troupe, questo disclaimer condanna ogni persona coinvolta in molestie sessuali di genere”.
La frase si riferisce alle accuse mosse a Benoît Jacquot dalle attrici Judith Godrèche (sua ex compagna), Isild Le Besco, Vahina Giocante e Julia Roy.
Il caso è scoppiato nel 2024 e la produzione del film ha scelto questa strada per distanziare quanto più possibile l’opera dal clamore intorno al regista, coinvolto nel #METOO francese.
La polizia francese ha già interrogato Benoît Jacquot, insieme al collega regista Jacques Doillon, dopo che l’attrice 52enne Judith Godrèche li aveva accusati di aver abusato sessualmente di lei quando aveva quindici anni. Gli uomini hanno sempre negato le accuse.
Judith Godrèche (Getty)
La relazione tra la Godrèche e Jacquot
Godrèche, famosa per i ruoli in film come “La maschera di ferro” e “L’appartamento spagnolo”, è una delle figure centrali del movimento contro le violenze nel mondo del Cinema francese e all’apoca dei fatti da lei denunciati, aveva una relazione con Jacquot. Era il 1986: lei aveva 14 anni e lui 39 anni, i genitori di lei avallavano il rapporto e la coppia visse in un appartamento a Parigi fino alla separazione, nel 1992. Nella denuncia l’attrice dice di aver subito violenza sessuale e di essersi sentita spesso “un oggetto inanimato”.
“La morte di Belle” di George Simenon (Adelphi.it/)
Il libro, il film, la realtà
Ambientato diversi anni dopo rispetto alla storia originale, e con alcune differenze narrative, il film, come il libro, racconta la dinamica di isolamento che si trova a vivere Pierre.
In un crescendo di indagini ed indizi, l’uomo resta sempre più solo, già colpevole prima del giudizio definitivo e, in questo meccanismo, gioca un ruolo fondamentale l’attenzione mediatica rivolta al caso. Tema del film che strizza l’occhio all’attualità, dove spesso vengono spettacolarizzati orrori per solleticare il voyeurismo dello spettatore, attratto e terrificato da ciò che gli viene mostrato. Curioso di scoprire la realtà e “sollevato” dall’essere migliore del “mostro sbattuto in prima pagina”.
Nella trama de “Il caso Belle Steiner” giocano un ruolo fondamentale i social e i media online, piazze virtuali dove non mancano l’affastellarsi di teorie e dubbi e leoni da tastiera, cose che lo discostano un po’ dal libro, pubblicato in francese nel 1952 e tradotto in inglese nel 1954, ma che trattano, in un meta-racconto ciò che accadde nella realtà che ruotò intorno alla sua pubblicazione: il romanzo disturbò la comunità di Lakeville (città dove Simenon visse) perché gli abitanti vi riconobbero, nonostante la diversa ambientazione, l’ispirazione alla loro comunità.
Dal libro al film, dalla realtà al libro, dal film alla realtà: in un caledoscopico gioco di rimandi, i temi, le morbosità e le denunce rimbalzano fino alla vita personale del regista che nel 2011, in un documentario, disse di essere consapevole del fatto che il rapporto con la Godrèche avesse “infranto la legge e trasgredito le regole sociali”.
“Calcolare e la sfida è individuare un punto fermo per trovare finalmente un equilibrio”.
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