Con un clima internazionale che sembra riscaldarsi e complicarsi col passare delle settimane e, con l’Ue che si prepara a una guerra commerciale con gli Stati Uniti, l’Italia del vino è obbligata a guardare con attenzione all’andamento dei mercati secondari. Intascato il record assoluto degli 8 miliardi di euro di export, primato che custodisce in sé diverse contraddizioni, appare opportuno valutare nuovi sbocchi, non tanto nella speranza di sostituire quelli storici quanto di differenziare il proprio portafoglio. I numeri dell’export di vino made in Italy sono chiari e denotano un certo sbilanciamento: Stati Uniti, Germania e Regno Unito, con 3,8 miliardi di euro, pesano per quasi il 50% sul giro d’affari. Nel 2024, l’andamento delle spedizioni verso questi tre clienti fondamentali ha registrato incrementi nei valori in tutti e tre i casi, con una crescita negativa a volume per il solo paese tedesco. Ma c’è un ma.
Fattori di rischio e opportunità
In questi tre top market, diversi fattori (in parte contingenti e in parte strutturali) lasciano supporre un possibile futuro arretramento delle richieste di vino dall’Italia: i dazi all’import annunciati da aprile negli Stati Uniti per decisione della presidenza Trump e il contesto di calo reale dei consumi certificato dagli analisti di mercato; gli effetti delle nuove accise sugli alcolici nel Regno Unito e il cambiamento delle abitudini dei consumatori britannici; il trend di riduzione degli acquisti da parte delle famiglie in Germania, alle prese coi conti della crisi economica. Seguendo la classifica dei primi dieci acquirenti, altri mercati di sbocco per il vino italiano hanno riservato sorprese, come la Russia (in positivo) e la Francia (in negativo). Ma ci sono anche destinazioni minori che, a fari spenti, stanno emergendo. Pertanto, viste le incognite che potranno riservare i tre più importanti clienti del vino italiano, proprio tali mercati possono rappresentare una concreta alternativa per numerose imprese vitivinicole.
I mercati principali
Andiamo per ordine, partendo dall’andamento della top 10 delle destinazioni del vino italiano, nel 2024. Si è già detto di Stati Uniti, Germania e Regno Unito ma un altro mercato nordamericano può costituire un’interessante variante: il Canada, che lo scorso anno ha viaggiato in terreno positivo, evidenziando una netta ripresa degli acquisti, considerato che i volumi esportati dall’Italia sono saliti da 70,9 a 73,6 milioni di litri, per un corrispettivo di 447 milioni di euro (+15,3 per cento). In questo Paese, la guerra commerciale Trump-Trudeau (che presto lascerà il posto a Mark Carney) è solo agli inizi e l’abbandono strategico dei prodotti made in Usa non potrà che creare nuovi spazi per il vino tricolore.
Tornando nel continente europeo, in flessione, secondo i dati Istat elaborati dal settimanale Tre Bicchieri del Gambero Rosso, troviamo la Svizzera, con 68 mln di litri (-4%) e valori a 411 mln di euro (-1,9%). La Francia, grande acquirente di Prosecco Dop, è stabile a volumi (94 mln di litri) e in lieve calo nei valori (-0,8% a 304,6 mln di euro), ma riesce a vendere all’Italia più vino (quasi 100 milioni di euro) di quanto ne acquisti. Buona, e in doppia cifra, la crescita dei Paesi Bassi (+12% a volume e +10% a valore) ma soprattutto quella della Russia, che scala alcune posizioni e chiude il 2024 con 70 milioni di litri di vino italiano acquistato (+40%) e 257 milioni di euro di giro d’affari (+45%). Belgio stabile in quantità e in flessione a valore (227 mln/euro), in ripresa la Svezia (+6,7% in quantità e +3% a valore, 189,6 mln/euro) che riesce a superare un Giappone che ha acquistato 44,7 mln di litri (+12,5%), con valori stabili a 184,2 mln di euro. Da dimenticare – ma non è più una novità – il 2024 della Cina, che ha perso l’11,8% nelle quantità e il 10% nel giro d’affari, sceso a 89,5 milioni di euro.
I mercati emergenti
Il 2024 è stato un anno dalle crescite in doppia cifra per molte destinazioni emergenti rispetto a quelle mature, ma non per questo meno importanti. Innanzitutto, rimanendo nello stesso Continente europeo, si nota in doppia cifra positiva l’Austria che, con 55 mln di litri di vino italiano acquistato (+13%), si porta a 163,6 milioni di euro di fatturato (+14,3%); altro grande affezionato al vino made in Italy è la Polonia, con 39,6 mln di litri (+5,3%) e 128,6 mln di euro (+0,6%); la Repubblica Ceca ha acquistato meno vino, 37,5 mln di litri (-8,7%), ma ha speso di più del 2023, con 105,6 mln di euro (+4 per cento).
Forti rialzi per tre mercati dell’Europa centro-orientale: Romania a 10,5 mln di litri (+9%) con 40,5 milioni di euro (+10%); Grecia 11,8 mln di litri (+40%) con 33,7 milioni di euro (+22,7%) e soprattutto la vicina Croazia, che con 7,8 mln di litri vede quasi raddoppiare gli acquisti dall’Italia (+90% in un anno) per un giro d’affari di 15 milioni di euro (+41 per cento). Tranne per la Polonia, la spumantistica registra importanti incrementi in doppia cifra su tutti i mercati: spiccano gli oltre 20 punti percentuali a valore guadagnati in Grecia, Austria e il +37% della Croazia.
Il caso Irlanda
Da segnalare, in particolare, nell’analisi dell’export di vino italiano, il caso dell’Irlanda, paese verso cui l’Italia ha visto incrementare nel 2024 le spedizioni da 13,5 a 16,5 milioni di litri, con un giro d’affari passato da 48,9 a 58,5 milioni di euro, che equivale a un +20 per cento in entrambe le voci. E non si tratta di un fuoco di paglia. Perché, a ben guardare, il dato 2024 è l’esito di una progressione costante nel quinquennio ed è nettamente superiore anche ai valori pre-pandemia, quando il giro d’affari del 2019 era salito a 35,1 milioni di euro. Nella primavera 2026, nonostante i tentativi del ministro italiano Lollobrigida di persuadere il governo locale a tornare sui propri passi, in Irlanda entrerà in vigore la legge che impone gli alert salutistici nelle etichette dei vini. Si vedrà se la comunicazione pianificata dal ministero della Salute avrà l’effetto di ridurre i consumi di alcolici e le importazioni.
i ministri Francesco Lollobrigida (Italia) e Martin Heydon (Irlanda)
Opportunità per il Mercosur
L’Ue, come ha evidenziato la stessa presidente Von der Leyen. sta guardando con molta attenzione al Mercosur (Brasile, Argentina, Paraguay, Uruguay e Bolivia) e all’India come destinazioni commercialmente da potenziare e scoprire per il futuro del settore agroalimentare. Per i vini, il Mercosur (46,7 mln di euro e +15% nel 2024) sarebbe una buona occasione di crescita (come sostenuto da importanti associazioni di categoria di fronte al nuovo accordo commerciale in discussione) anche se oggi il Brasile è lo stato che occupa la fetta più grande del mercato vinicolo. Nel 2024, le vendite sono salite da 9,77 a 11 milioni di litri, per 41,3 milioni di euro (con la spumantistica a pesare per circa 10%), pari a una crescita del 12,6%. Nel Centro America, anche il Messico (dove il Gambero Rosso approderà a settembre 2025 con il suo World tour) ha acquistato più vino italiano: 18,5 mln di litri (+9%) con valori in rialzo da 51,7 a 56,8 mln di euro, ovvero quasi il +10 per cento. Piccolo, piccolissimo mercato, ma con incrementi incoraggianti per l’Ecuador: 3,7 milioni di litri di vino acquistati (+11%) e 6,8 mln di euro, con un aumento annuo del 10 per cento.
Brasile – Rio de Janeiro
Paesi Arabi e Asiatici
Dall’altra parte del mondo, buona performance degli Emirati Arabi, con 4,3 mln di litri di vino acquistati (+32,5%) a 27,7 mln di euro (+34,5%) e gli spumanti che segnano un +20% annuo, a quota 10 milioni di euro. L’India resta ancora una promessa. Il mercato per l’Italia vale appena un milione di litri, ad oggi le tasse influiscono pesantemente sul prezzo finale al consumo e un accordo commerciale con l’Europa, caldeggiato dalla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, farebbe decollare gli scambi e aprire nuove prospettive.
Emirati Arabi Uniti – Dubai
Più a est, in Thailandia, l’Italia ha inviato 3,4 milioni di litri di vino (+26%) per 21,6 mln di euro di giro d’affari (+18%), con una spumantistica che ha corso meno della media (+7%), toccando i 5 milioni di euro. Tra gli altri mercati, Singapore è in lieve calo a 21,7 milioni di euro, la Corea del Sud è stabile a 50,6 milioni di euro, Hong Kong scende da 25 a 22 milioni di euro negli acquisti di vino italiano. Stabili le vendite in Australia, a 72,2 milioni di euro. Mentre, tra i mercati in calo evidente, ci sono la “promettente” Nigeria, scesa a 935mila litri (con -38%) e valori a 2,28 mln di euro e, in Europa, la Norvegia che, con 19,5 mln di litri nel 2024, ha perso il 9 per cento dei volumi, per una spesa passata da 103 a 92 milioni di euro.
Il quadro rimane molto complesso. Di sicuro, c’è che, con quanto sta accadendo a livello internazionale, questo 2025 difficilmente potrà replicare la performance esportativa dello scorso anno. Il presidente Trump ha rincarato la dose, giovedì 13 marzo, minacciando maxi tariffe del 200% sui vini Ue e sullo Champagne. Occorre, per questo motivo, mettere le mani avanti, prevenire, studiare alternative a partire dalle strategie di promozione dei vini (con fondi Ocm o risorse supplementari), provando a diversificare con l’obiettivo di limitare i danni economici. In un quadro di assoluta indeterminatezza, questi rappresentano l’unica certezza.
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