L’Europa in armi che manda la sinistra in frantumi

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#finsubito


Il mondo cambia in fretta, sullo scenario internazionale a cui ci eravamo abituati nel secondo dopoguerra è calato il sipario. Se la caduta del Muro di Berlino aveva concluso la stagione della guerra fredda tra Est e Ovest e il vincitore, l’Ovest, aveva preteso di inglobare e mangiarsi il cuore dello sconfitto, l’avvento di Trump alla presidenza USA ha concluso la stagione dell’unità di un Occidente allineato sotto le bandiere a stelle e strisce, sempre e comunque. La pax americana – segnata da guerre imperialiste, persino colonialiste e continui massacri, ma fuori dall’Europa occidentale – è finita e rischia di fulminare persino il suo faro, la NATO. Mentre le destre che avevano già rialzato la testa sul finire del “secolo breve” espugnano mezza Europa e Oltreoceano abbattono la Statua della libertà, le sinistre, sia quelle socialdemocratiche che quelle già radicali, sfumano dissanguandosi e perdendo i valori fondativi e insieme i rapporti con il suo antico azionista di riferimento, smettono di essere popolari così asfaltando la strada ai populismi. Il modello sociale europeo era già progressivamente sfumato, la democrazia rinsecchita e isterilita.

 

Dentro questa temperie minacciosa, chi ha a cuore il legame indissolubile tra libertà ed eguaglianza, chi si batte per l’autonomia dell’Europa, chi ancora alza la bandiera della pace e quella della solidarietà con le vittime di guerre, dittature, fame, desertificazione che cercano la vita dove credono ne resti ancora un po’, è disorientato, solo, non rappresentato, impoverito economicamente e culturalmente. Così, nel vuoto lasciato dalla politica, in Italia è piombata una proposta partita dall’“Amaca”, la rubrica del giornalista Michele Serra: perché non scendiamo tutti in piazza in difesa dell’Europa, senza gonfaloni di partito, uniche bandiere ammesse quelle dell’Unione europea? La proposta è stata raccolta e rilanciata dall’unico partito non di destra rimasto in circolazione: Repubblica. Ci vorrebbe, per non restare stritolati tra l’avventurismo mercantile di Trump in un’America orientata e dominata dai miliardari, e il cinismo aggressivo di Putin, un’Europa indipendente, politica, capace di svolgere un ruolo attivo in questa difficile transizione verso un mondo nuovo segnata da guerre, violenze, autoritarismi, diseguaglianze. Allora tutti in piazza. Ma per quale Europa? Quella che svuota i granai e riempie gli arsenali? Quella priva di una Costituzione e priva di autonomia politica estera perché le 27 nazioni che la costituiscono non sono disposte a cedere sovranità? Quella che sceglie non la strada della diplomazia e della pace, ma la strada del riarmo e della guerra, e punta ad armare 27 stati investendo ciascuno il 3% del PIL, come se la storia non abbia insegnato nulla sui rischi conseguenti? Quella che alza muri contro i migranti e costruisce lager extraeuropei per chi riesce a scavalcarli? Quella che ancora vuole vincere, usando i corpi degli ucraini, una guerra già persa contro la Russia, che ha cancellato più di un milione di vite umane, però avanti fino alla fine?

 

In teoria nessuno di quelli che parteciperanno alla manifestazione di sabato 15 in Piazza del Popolo a Roma vuole questa Europa, ma alcuni pensano che comunque è meglio che niente, da qui bisogna partire, dai 27 eserciti nazionali per ora alleati domani chissà, per difenderci dalle presunte mire putiniane di invaderci e soggiogarci. Tra questi ci saranno i centristi con Calenda e ci sarà lo storico di M. Il figlio del secolo Antonio Scurati alla ricerca dei “giovani guerrieri” d’Europa, “feroci, formidabili, orgogliosi e vittoriosi”, un po’ di sindaci di destra e persino Gianfranco Fini, e i combattenti seguaci di Von der Leyen che militano nel PD di Elly Schlein ma la boicottano, da Gentiloni a Letta, da Prodi a Picierno, ad alzo zero. Ma in piazza ci saranno anche tanti e tante che vorrebbero battersi per un’Europa di pace, diritti, eguaglianza disegnata a Ventotene da un nucleo coraggioso, quello sì, di uomini veri imprigionati in un’isoletta dalla follia nazi-fascista. Nel dare il suo assenso all’appuntamento, Maurizio Landini, al termine di un confronto anche aspro in CGIL, ha messo in fila tutte le critiche all’Europa che c’è, quella disarmata politicamente che decide di armarsi di missili, droni e carri armati comprati dagli armigeri di Trump per difendersi da Trump e Putin. Landini dice a chiare lettere per quale UE la CGIL si batte e continuerà a battersi, un’Europa che “o è per la pace, per i diritti e per il lavoro o non è”. Un’Europa fondata sullo stato sociale e attiva nella ricerca della pace in Ucraina e in Palestina, perché la nostra Costituzione dice chiaramente che l’Italia rifiuta la guerra come mezzo per la soluzione dei conflitti. Perciò, Serra non se la prenda a male, la CGIL porterà in Piazza del Popolo le bandiere della pace.

 

L’effetto Serra

Michele Serra è stato usato dal suo giornale per dividere il mondo tra buoni e cattivi, e tutti com’è comprensibile fingono di essere buoni, cioè con Bruxelles visto che nella convocazione della manifestazione non si dice quale Europa si vuole. Il giornalista è stato costretto ad aggiornare per cinque volte le ragioni del suo appello “prepolitico”, come lo definisce lui stesso. Perché c’è bisogno di stare insieme in un mondo di pazzi. Ma “l’effetto Serra” ha scassato il mondo a cui l’appello si rivolge. Le sinistre politiche e quelle sociali, pur partendo da un’analisi comune e da una comune critica all’Unione europea con l’elmetto, si dividono tra chi parteciperà all’evento (il PD, AVS, CGIL, CISL e UIL, mezza Anpi, alcune associazioni cattoliche) e chi se ne chiama fuori (5 Stelle, Arci, mezza Anpi, alcune altre associazioni cattoliche, Sbilanciamoci). Poi c’è chi, non essendo stato in grado negli ultimi anni di organizzare grandi appuntamenti unificanti per la pace, si ritaglia uno spazio fuori e contro Piazza del Popolo: Rifondazione, Potere al popolo, sindacalismo di base manifesteranno a un chilometro di distanza per la pace e contro questa Europa. E ad aprile Conte porterà in piazza il M5S contro il riarmo. Le divisioni a sinistra si rinnovano a Strasburgo, dove il PD si spacca a metà come una mela su un testo che sposa l’armata Von der Leyen: metà si astiene accettando la mediazione di Elly Schlein che però convince solo i pacifisti che avrebbero votato no e metà vota sì come i socialisti del resto d’Europa. Contro il Re-Arm, M5S e AVS. Come 110 anni fa, la sinistra si spacca sulla guerra. Anche le destre italiane si dividono tra il sì di Fratelli d’Italia e Forza Italia e il no della Lega, ma a cena e al governo si ritrovano sempre insieme.

 

Già da domenica 16 marzo, passato l’effetto Serra, bisognerà lavorare sodo per rimettere insieme i cocci di ciò che resta di un pensiero autonomo dal pensiero unico guerriero.



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