Obbligo di BIM e uso dell’ACDat

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Dal 1° gennaio 2025 è in vigore l’obbligo di BIM per gli appalti pubblici.

Il BIM è una modalità di gestione digitale condivisa tra tutti i diversi attori dell’appalto pubblico (stazione appaltate, impresa aggiudicataria, Progettista, Direttore Dei Lavori, Direttore Tecnico etc.) delle informazioni riguardanti tutto il ciclo di vita di una struttura edilizia, a partire dalla progettazione, passando per la realizzazione e la manutenzione, potendo potenzialmente giungere nelle prospettive legislative alla fase della demolizione.

Dal punto di vista concettuale, pertanto, il BIM indica quell’ambiente di lavoro condiviso a cui accedono tutti i soggetti dell’appalto pubblico.

Dal 1° gennaio 2025 le stazioni appaltanti sono obbligate, di conseguenza, a dotarsi di metodi e, soprattutto, di strumenti di gestione informativa digitale condivisa per tutte le fasi delle costruzioni, sia di nuova realizzazione che già esistenti.

Il Codice degli Appalti pubblici all’All.I.1 art.3. lett. q) definisce i «metodi e strumenti di gestione informativa digitale delle costruzioni» quali “metodologie, processi e tecnologie abilitati dalla formulazione dei requisiti informativi e dalla modellazione dei dati, che permettono la collaborazione e lo scambio di dati strutturati fra i soggetti interessati durante tutte le fasi del ciclo di vita, in particolare finalizzati a mitigare e gestire i rischi, a migliorare lo studio della fattibilità e a incrementare l’efficacia di un investimento pubblico, nelle fasi di progettazione, realizzazione e gestione nel ciclo di vita dei cespiti fisici quali edifici, infrastrutture e reti”.

L’obbligo di BIM soggiace a limiti di valore normativamente imposti, pertanto non si applica a tutte le tipologie di appalti, ma solamente a quelli di valore pari o superiore a 2 milioni di euro.

Ciò detto, va anche ricordato che – in ogni caso – utilizzare una modalità BIM di gestione dell’Appalto Pubblico significa, al di là dell’obbligo normativo, cogliere l’opportunità di una reale transizione digitale nell’ambito della Pubblica Amministrazione accedendo a strumenti che garantiscono l’operatività in Cloud e la gestione anche in mobilità, la piena interoperabilità e condivisione collaborativa (ACDat delle informazioni), l’accesso esclusivo mediante identità digitale e, non ultimo, la sicurezza completa dei dati. Modalità di operatività non solo in linea con il Piano Triennale per l’Informatica 2024 – 2026, ma – soprattutto – in linea con quegli stessi concetti di semplificazione dei processi che animo la PA italiana.

Ritornando, dunque, al tema BIM e obbligo (nell’accezione di cui sopra); con il c.d. correttivo appalti (D.Lgs. 209/2024 in vigore dal 31 dicembre 2024) il legislatore, recependo le istanze provenienti da più parti, ha, peraltro, recentemente rideterminato in aumento l’importo minimo dal quale scatta l’obbligo di BIM rispetto alla precedente previsione di 1 milione di euro.

Il legislatore, in ogni caso, mostra un favor per il ricorso al BIM nelle opere pubbliche, laddove riserva alle Pubbliche Amministrazioni la facoltà di optare per tale sistema anche per gli appalti di importo inferiore a 2 milioni di euro.

Gli operatori del settore, pertanto, per essere competitivi e non rischiare di essere esclusi dal mercato, sono tenuti ad adeguarsi alle nuove tecnologie posto che le Stazioni Appaltanti potrebbero prevedere il BIM anche per gare pubbliche di valore inferiore alla predetta soglia.

Obbligo di BIM: i compiti delle stazioni appaltanti

Ad ogni modo, sia in caso di obbligo che nell’ipotesi di scelta del BIM, le stazioni appaltanti, prima di adottare metodi e strumenti di gestione informativa digitale delle costruzioni, indipendentemente dalla fase progettuale e dal relativo valore delle opere, devono provvedere a:

a) definire e attuare un piano di formazione specifica del personale, secondo i diversi ruoli ricoperti, con particolare riferimento ai metodi e agli strumenti digitali di modellazione;

b) definire e attuare un piano di acquisizione e di manutenzione degli strumenti hardware e software di gestione digitale dei processi decisionali e informativi;

c) redigere e adottare un atto di organizzazione per la formale e analitica esplicazione delle procedure di controllo e gestione volte a digitalizzare il sistema organizzativo dei processi relativi all’affidamento e alla esecuzione dei contratti pubblici, oltre che per la gestione del ciclo di vita dei beni disponibili e indisponibili.

L’Allegato I.9 del Codice degli Appalti Pubblici precisa inoltre che per l’adozione del BIM le stazioni appaltanti devono procedere alla nomina di un gestore dell’ambiente di condivisione dei dati ed almeno un gestore dei processi digitali supportati da modelli informativi nonché, per ogni intervento, un coordinatore dei flussi informativi all’interno della struttura di supporto al responsabile unico.

Le Stazioni Appaltanti, in particolare, dovranno procurarsi e dotarsi di un ambiente di condivisione dati in grado di garantire l’inserimento delle informazioni ed una gestione efficace ed efficiente delle stesse.

Tale Ambiente di Condivisione deve essere dotato di adeguati e specifici requisiti di sicurezza e protezione dei dati inseriti.

L’Ambiente di Condivisione Dati (ACDat o CDE) è, in altre parole, una piattaforma collaborativa a cui tutti i soggetti dell’Appalto pubblico possono accedere e in cui vengono inseriti e condivisi i dati e tutte le informazioni relative al progetto.

Lo scopo principale di tale piattaforma è quello di evitare, o quanto meno limitare, la possibilità di dispersione dei flussi informativi fra i diversi attori coinvolti nell’appalto pubblico.

Se nell’appalto con metodo tradizionale lo scambio di informazioni avviene in maniera diretta e su base volontaria dei singoli soggetti coinvolti nell’Ambiente di Condivisione Dati (ACDat o CDE) i vari soggetti possono inserire (caricare) il modello disciplinare di rispettiva competenza.

Nel primo caso è evidente il rischio di perdita e/o dispersione delle informazioni che, peraltro, potrebbero non raggiungere tutti gli interessati.

Nel secondo caso, invece, è garantita la contemporaneità e parità dell’informazione tra tutti i coloro che possono accedere alla piattaforma e ai diversi moduli disciplinari.

Le caratteristiche che deve avere l’ACDat

In considerazione della compresenza di modelli disciplinari informativi il modello BIM viene comunemente definito «federato».

Le Stazioni Appaltanti sono tenute ad esplicitare le caratteristiche dell’ACDat nel Capitolato Informativo in fase di richiesta gara.

Il Capitolato Informativo è quel documento contrattuale nel quale la Stazione Appaltante committente delinea le esigenze nonché i requisiti informativi (standard) richiesti al quale corrisponde dal lato dei partecipanti un ulteriore documento, vale a dire l’Offerta di gestione informativa in cui vengono descritte le soluzioni che si prospetta di adottare.

Pertanto, sulla scorta dell’esame dell’offerta di gestione informativa la Stazione Appaltante opererà la valutazione delle competenze di carattere tecnico dell’operatore economico partecipante.

Le soluzioni tecniche, quali ad esempio il tipo di software in grado di fornire l’ambiente di condivisione dati (ACDat), devono pertanto basarsi sui requisiti descritti nel Capitolato che, a sua volta, deve rispettare la normativa tecnica di settore.

In particolare, per quel che attiene i requisiti tecnici assume rilevanza da un lato la ISO 19650 che costituisce la norma tecnica della metodologia BIM internazionale e, per quel che attiene il quadro interno italiano la UNI 11337.

Ne consegue che tali norme tecniche devono essere rispettate sia nel Capitolato Informativo che nell’Offerta di gestione informativa.

Pertanto, nell’attuale contesto normativo, per tutte le gare di valore pari o superiore a 2 milioni di euro, nonché per le gare di importo inferiore per le quali le Stazioni Appaltanti hanno optato per il BIM, sarà obbligatorio fare ricorso a software in grado di fornire un ambiente di condivisione dati (ACDat) progettati per la gestione informativa digitale delle costruzioni conformemente a quanto previsto dall’articolo 43 e dall’allegato I.9 del D.Lgs. 36/2023.

Tali prodotti devono essere in grado di garantire che la documentazione di gara sia accessibile in formato elettronico secondo le previsioni del Capitolato Informativo a tutti gli attori dell’appalto.



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