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Le imprese cercano talenti: «Decisive le competenze»


Per ora rimane congelata la parte del Decreto coesione che riguarda gli sgravi per l’assunzione di giovani under 35 da parte di imprese private.

Ad oggi, in base al portale del Governo, il decreto varato nel maggio 2024 e che avrebbe dovuto avere efficacia per le assunzioni fatte dall’1 settembre 2024 non risulta ancora adottato, nemmeno a fronte dell’approvazione della Commissione europea arrivata solo a fine gennaio e senza effetto retroattivo per chi in questi mesi ha assunto giovani e per ora non si vede riconosciuti i bonus.

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«A prescindere dal beneficio momentaneo della riduzione di alcuni oneri contributivi per determinate categorie di lavoratori, per le aziende è comunque utile assumere giovani o donne dimostrando responsabilità sociale e quindi maggiore affidabilità agli occhi delle banche. E’ mia impressione che l’invocato beneficio fiscale a cui molti avrebbero puntato grazie al Decreto Coesione non avrà un grandissimo impatto sulle decisioni di assunzione», afferma Andrea Martone, professore associato di Organizzazione aziendale all’Università Liuc.

Professore, data l’incertezza economica generale non è comunque auspicabile che i nuovi incentivi possano andare in porto nei termini promessi dal decreto?

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Le aziende tendono ad assumere giovani e donne quando ci sono condizioni economiche che lo rendono più vantaggioso, ma prevedere cosa accadrà nei prossimi mesi sul fronte governativo rispetto alle condizioni di vantaggio previste dal decreto è molto difficile. In questo momento in cui non è chiaro se dovremo investire tutte le risorse in un riarmo, sarebbe rischioso per le imprese che pensano a delle assunzioni contare sul fatto che verranno avviati o meno incentivi per giovani e donne. Penso che nessuno minimamente ragionevole rischierebbe previsioni in tal senso, è un momento molto difficile. Gli sgravi previsti dal decreto coesione rappresentano un’opportunità che tutte le aziende avrebbero gradito e voluto sfruttare, tuttavia nell’incertezza generale l’impatto di questo mancato finanziamento ci sarà ma sarà molto limitato.

Quali altre logiche avrebbero oggi più senso nelle decisioni di assunzione da parte delle imprese?

Incentivi a parte, assumere giovani e in particolare donne in ogni caso è conveniente, non in senso economico bensì per tutti quei parametri di valutazione della responsabilità sociale dell’azienda che vengono utilizzati dalle banche per determinare se le aziende sono affidabili o meno.

Ad esempio?

Ad esempio, un’azienda che non dimostra di rispettare la parità di genere è un’azienda che rischia una vertenza sindacale o una class action che potrebbe indurla al pagamento di cifre ingenti, e questo aspetto interessa alle banche perché incide sull’affidabilità di un’impresa cliente.

Le aziende nelle decisioni di assumere tendono ad essere reattive soprattutto sui benefici immediati o comunque di breve periodo, come spesso è la durata delle decontribuzioni?

Qualunque azienda di fronte a un beneficio che non abbia un particolare costo in termini di adempimenti da svolgere è sempre molto reattiva. Ma se portiamo il focus sul nostro territorio sappiamo di essere in una situazione vicina alla piena occupazione, soprattutto per alcune categorie di lavoratori. Frequento molto una serie di incontri e convegni organizzati da responsabili delle risorse umane e imprenditori e il primo problema che viene presentato dalle imprese non è quello di essere incentivate ad assumere bensì è il fatto di non riuscire a trovare le persone che vorrebbero. Il bonus giovani andava a creare un incentivo su qualcosa che era già in realtà molto incentivato. Dobbiamo dire con chiarezza che sui nostri territori dell’Insubria e del Lario la disoccupazione non è fra i temi principali: il tema principale è trovare lavoratori che sappiano offrire ciò di cui hanno bisogno le aziende. Le aziende vorrebbero assumere giovani ma a fronte di quelle competenze che alla fine sono le solite, attinenti alle lauree Stem. Per un laureato Stem non servono incentivi, le aziende sono disposti ad assumerli e a pagarli adeguatamente, e ciò non vale solo per le medie imprese ma anche per tante piccole realtà.

Dunque il tema dell’incentivo nei nostri territori non ha un grande impatto?

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Direi proprio di no, non è comunque determinante. In una recente conferenza dell’associazione italiana dei direttori del personale (l’Aidp) un responsabile delle risorse umane ha detto tra il serio e il faceto una cosa molto vera, raccontando come si sia rovesciata la relazione durante i colloqui di lavoro: un tempo si finiva il colloquio col direttore del personale che ringraziando diceva ’le faremo sapere’. Oggi sempre più spesso il candidato al termine dell’incontro tiene in sospeso l’interlocutore dicendo che si riserva di dare una risposta all’offerta di lavoro. Certo l’esempio fa parte dello storytelling di questi tempi, però nasconde dati statistici in grado di dimostrare che il tema dell’occupazione oggi sembra davvero essersi ribaltato.

E’ anche tempo per le aziende di trovare nuove modalità per attrarre i giovani?

Direi che oggi il vero problema non è quello di aiutare i giovani ad entrare nel mondo del lavoro ma, in un’ottica di benessere sociale e collettivo, è quella di incoraggiare i giovani, le donne ma in definitiva tutti i lavoratori ad acquisire certe competenze che mancano e che per le aziende ora sono diventate il vero problema. Bisogna riuscire a far crescere la qualità della forza lavoro per realizzare un’occupazione funzionale al benessere del Paese, delle imprese e dei lavoratori. Non c’è dubbio che vada ridotta al minimo l’incoerenza che oggi c’è fra domanda e offerta di lavoro.

© Riproduzione riservata



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