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Dazi Usa, in Emilia-Romagna danneggiato un export da oltre 10,5 miliardi l’anno, a partire da automotive, meccanica, farmaceutica e alimentare. Oltre 6mila le imprese coinvolte


Con i dazi annunciati dal presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, in Emilia-Romagna è danneggiato un export da oltre 10,5 miliardi di euro: quello Usa è infatti il primo mercato di destinazione delle esportazioni di beni da parte delle imprese emiliano-romagnole. Supera anche la Germania.

Per L’Emilia-Romagna, il suo sistema economico e le sue filiere manifatturiere, potremmo essere alla vigilia di uno scenario drammatico, con ricadute durissime, visto il legame commerciale e di interscambio profondo con gli Stati Uniti. Stiamo parlando di grandi Gruppi così come di aziende artigiane e di migliaia di posti di lavoro. È per questo che chiediamo con forza al Governo italiano di guidare la delegazione europea in una trattativa nel difendere gli interessi del Paese, con voce forte e unica. Ma anche di reagire con intelligenza affermando tutti i modelli di sviluppo sanciti nella bussola competitiva che si sta discutendo in Europa, senza indugio e senza titubanze.

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È la posizione, molto preoccupata, della Regione Emilia-Romagna, espressa dal presidente, che segue da vicino il ‘dossier dazi Usa’ insieme al vicepresidente con delega allo Sviluppo economico e all’assessore all’Agricoltura e ai Rapporti con la Ue.

Nel 2024, l’Emilia-Romagna ha rappresentato, con un export di beni verso gli Usa di quasi 10,5 miliardi di euro, pari al 16,2% del totale delle esportazioni italiane nel mercato americano (64,8 miliardi di euro), la seconda regione per valore assoluto dopo la Lombardia (con il 21,2% dell’export nazionale negli Usa), prima di Toscana (15,8%) e Veneto (11,2%). Per la regione gli Stati Uniti rappresentano il 12,5% dell’export regionale complessivo (83,6 miliardi di euro). Oltre 6mila le imprese interessate.

I principali settori per valore di export sono: i mezzi di trasporto/automotive (quasi 3,3 miliardi di euro esportati, pari al 31% dell’export regionale verso gli Usa), i macchinari e gli apparecchi industriali (3,1 miliardi di euro, pari al 29%), l’industria alimentare e delle bevande (986 milioni di euro, pari al 9,4%). Senza contare l’impatto e le ripercussioni sulla farmaceutica (circa 650 milioni di euro, pari al 6,2%).

Al momento non è possibile stimare, neanche con approssimazione, l’impatto di questi costi sui volumi futuri di beni provenienti dall’Emilia-Romagna e importati dagli Stati Uniti. Però cresce la preoccupazione dopo l’introduzione di nuovi dazi del 20% su tutti i prodotti provenienti dall’Ue con destinazione Usa: il costo complessivo dei prodotti esportati dalle imprese dell’Emilia-Romagna potrebbe crescere tra 2,1 e 2,7 miliardi di euro. Costi che si scaricherebbero innanzitutto sugli importatori/consumatori americani: questo si configura come una tassa aggiuntiva sul valore di un bene importato, pagata dall’importatore americano a vantaggio del Governo federale.

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L’elevata internazionalizzazione del sistema emiliano-romagnolo potrebbe amplificare l’impatto negativo dei dazi. Però un tessuto produttivo solido e ben inserito nelle catene internazionali, quale quello dell’Emilia-Romagna, può essere nelle condizioni di mettere in atto strategie efficaci per mitigare l’aumento delle tariffe, con una diversificazione dei mercati come quelli dell’Oriente, come dimostrerà anche la presenza del sistema economico dell’Emilia-Romagna all’Expo di Osaka, in Giappone. Ora- concludono- ci aspettiamo un’Italia protagonista in Europa nel difendere gli interessi del sistema manifatturiero italiano a tutela del Made in Italy.



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