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Vinitaly al via con lo spettro dei dazi, ma Urso tranquillizza i produttori


L’era dei dazi incombe sulla 57esima edizione di Vinitaly, il salone internazionale del vino e dei distillati, aperto a Verona e in programma fino al 9 aprile, con la partecipazione di 4mila azienda da tutte le regioni d’Italia e oltre 30mila operatori del settore provenienti da 140 Paesi nel mondo.

Nonostante alla kermesse siano presenti oltre 3mila buyer americani, i produttori italiani non nascondono le loro preoccupazioni per le tariffe del 20% imposte dal presidente Usa Donald Trump. Timori che il ministro dell’Impresa e del Made in Italy, Adolfo Urso, e il titolare del dicastero dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, hanno tentato di placare.

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I timori dei produttori di vino

Con una nota congiunta le associazioni della filiera vitivinicola italiana, Alleanza Cooperative Agroalimentari, Assoenologi, Cia, Confagricoltura, Copagri, Federdoc, Federvini e Unione Italiana Vini, hanno lanciato ancora una volta l’allarme per le ripercussioni che i dazi Usa potrebbero provocare su un settore strategico per l’economia italiana che vale complessivamente 45 miliardi di euro tra impatto diretto e indiretto, con un peso dell’1,1% sul Pil ed esportazioni per oltre 8 miliardi, dando lavoro a quasi un milione di persone.

In particolare, spiegano le associazioni, il mercato Usa è la prima destinazione per l’export del settore vitivinicolo italiano, per “un valore pari a 2 miliardi di euro“.

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L’appello delle associazioni

“L’applicazione delle tariffe si tradurrà in un duro colpo per uno dei settori simbolo dell’eccellenza del Made in Italy, con effetti diretti sull’export e sulle prospettive di crescita delle imprese” hanno ribadito le associazioni del comparto, mandando un appello alle istituzioni italiane ed europee affinché cerchino di sostenere con determinazione il dialogo multilaterale con le controparti statunitensi e per giungere nel più breve tempo possibile quanto meno a una sospensione dei dazi.

A turbare il sonno dei produttori è anche l’effetto che la guerra commerciale potrà avere sulle migliaia di aziende Usa operative nell’import e nella distribuzione dei prodotti italiani, innescando una spirale inflattiva che coinvolgerebbe tutta la catena commerciale e andrebbe a incidere sulle abitudini d’acquisto dei consumatori americani.

La risposta di Urso e Lollobrigida

La risposta alle preoccupazioni dei produttori di vino è arrivata dal ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, presente all’inaugurazione di Vinitaly 2025 insieme al ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, per portare la linea dell’Esecutivo.

Il titolare del Mimit ha ribadito il “no a risposte di pancia e a ritorsioni“, già espresso da Giorgia Meloni, ma ha lanciato piuttosto l’esigenza di “riflettere e cercare una risposta unitaria Ue e soprattutto spingere per accelerare sugli accordi di libero scambio come quelli col Mercosur (America Latina) e con l’India”.

Secondo la visione del rappresentante del Governo, una “ritorsione” da parte dell’Unione europea provocherebbe danni maggiori, per cui “l’idea è quella di proporre alla Commissione Ue una de escalation” per ridurre i dazi anziché aumentarli.

Sulla stessa falsariga le parole del collega all’Agricoltura e sovranità alimentare: “Il nostro obiettivo – ha detto il ministro Lollobrigida – è innanzitutto quello di evitare guerre commerciali. Poi ci concentreremo su semplificazione e protezione e sugli strumenti per rafforzare la competitività delle imprese. Per esempio, per contrastare i falsi prodotti made in Italy che potrebbero guadagnare spazio approfittando dei dazi abbiamo lanciato i contrassegni di Stato tricolore per le bottiglie di vino. Ma lavoreremo per aprire nuovi mercati e consolidare quelli attuali compreso quello degli Stati Uniti”.





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