«La UE sospenda il Patto». La soddisfazione su Fitch


Un consiglio e una «provocazione». Il primo è reagire con razionalità, senza cedere allo sgomento, alla politica del dazi del presidente Usa Donald Trump. La seconda è rivolta a Bruxelles: come è avvenuto ai tempi del Covid, riattivi la sospensione generale del Patto di stabilità per mettere in sicurezza i settori maggiormente colpiti dalla guerra commerciale. Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti interviene al Forum Ambrosetti di Cernobbio dopo due giorni di crollo dei listini e pessimismo diffuso, parla a una platea nella quale un manager su tre – rileva un sondaggio – chiede alla Ue di rafforzare le relazioni commerciali con altri partner diversi dagli Stati Uniti. E prova a riportare la calma: «Siamo impegnati in una de-escalation con l’amministrazione Trump. Il messaggio è che non bisogna pigiare il bottone del panico. Le Borse agiscono in modo razionale e talvolta irrazionale, seguendo altri tipi di istinti». Come governo, afferma, «dobbiamo cercare di mantenere il sangue freddo, valutare gli impatti ed evitare di partire con una politica di contro dazi che potrebbe essere semplicemente dannosa per tutti e per noi».

Contributi e agevolazioni

per le imprese

 


RATING POSITIVO

Proprio in questa «nuova fase» contraddistinta da una accentuata instabilità, due giorni fa l’agenzia di rating Fitch ha confermato la tripla B per l’Italia, con prospettive positive che riflettono rischi fiscali e finanziari ridotti a medio termine «grazie a una migliore stabilità politica e gestione fiscale». Un risultato che ora Giorgetti rivendica tra i risultati dell’esecutivo, sottolineando come nell’ambito degli sforzi per garantire la sostenibilità finanziaria e il consolidamento fiscale «mi limito a rinviare a Fitch, che descrive esattamente la situazione e testimonia l’operato del governo». Certo, riflette, «il debito pubblico e gli spazi di bilancio ridotti sono un dato di fatto, un vincolo di cui tener conto in qualsiasi tipo di decisione. Questo enorme debito che arriva dal passato non si può e non si deve ignorare». Da qui la sua proposta a Bruxelles: nella direttiva che ha riformato la governance economica comunitaria, spiega il ministro, «c’è l’articolo 26» che prevede le clausole di salvaguardia nazionali come quella indicata dalla commissione Ue per aumentare le spese militari dei Paesi. Ma «c’è anche l’articolo 25 che forse andrebbe riletto» e permette agli Stati membri di deviare dal percorso della spesa netta nel caso di una grave congiuntura negativa, a condizione che la sostenibilità di bilancio nel medio termine non ne risulti compromessa. Dunque, secondo Giorgetti, «gli aiuti per i settori e le imprese danneggiate da questa situazione» si traducono «in interventi di tipo economico-finanziario a carico del bilancio dello Stato», ma «se ciò è vero» questo «deve essere consentito dalle regole europee». Un’ipotesi condivisa dal ministro per gli Affari europei, il Pnrr e le politiche di coesione Tommaso Foti, che la definisce «una strada percorribile».

Investi nel futuro

scopri le aste immobiliari

 

Giorgetti rassicura quindi manager e banchieri che il governo italiano, sulla questione dazi, si sta attivando con «un approccio pragmatico e razionale» e confida nella capacità di risposta delle aziende: «L’Italia, che per definizione è fatta da imprenditori assai svegli e reattivi, dimostra una resilienza superiore alla media. Si è già verificato in occasione della pandemia». Quanto al criterio con cui sono stati fissati i dazi, per il ministro dell’Economia l’eventuale vicinanza politica con Washington non rientra tra i parametri di calcolo: «Dall’amministrazione Trump c’è stato un approccio di puro business». Tanto che «ci sono Paesi, per semplificare, palesemente guidati da governi socialisti, per non dire comunisti, che sono stati trattati molto meglio rispetto a Paesi in cui la cultura liberal-democratica è consolidata». La tendenza al protezionismo degli Stati Uniti, sostiene, «era già chiaramente delineata» con la precedente presidenza di Joe Biden e ora «la fase della globalizzazione è in crisi in modo evidente». Questo perché «abbiamo ignorato le conseguenze sociali, e quindi poi politiche, di una globalizzazione che oggettivamente ha favorito anche coloro che hanno utilizzato ampiamente strumenti non di mercato», tra cui intere economie come la Cina.

IMPRESE IN FUGA

E ora le aziende italiane saranno tentate dalla delocalizzazione della loro produzione? Sapranno reagire, si augura Giorgetti. «Scappare sarebbe un atto non coerente con quello che dovrebbe fare un imprenditore italiano», insiste il ministro degli Esteri Antonio Tajani. «Credo che la guerra commerciale faccia male a tutti, ma che si debba stare a schiena dritta – esorta – Dobbiamo avere una reazione coordinata. Fare trattative private, a parte che non si possono fare, significherebbe fare male alle nostre imprese». Come rimarca Isabel Schnabel, membro del consiglio d’amministrazione esecutivo della Bce, «l’Unione europea non è nata per fregare gli Stati Uniti, ma per far prosperare l’Europa. Oggi è imperativo rafforzare la capacità dell’Europa di resistere ai venti contrari geopolitici. La risposta migliore ai cambiamenti globali è rendere l’Europa più forte». Tuttavia avverte che il “Liberation Day” potrebbe non essere il picco dell’incertezza, altre scosse potrebbero arrivare. Quanto all’inflazione, «è scesa relativamente in fretta» dai massimi del 2022, «in parte grazie alla nostra politica monetaria, e è ora punta verso l’obiettivo del 2%. Ci avviamo verso un atterraggio morbido».

Dazi, stop all’import friulano di plastica, legno e liquori





Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link

Conto e carta

difficile da pignorare

 

Sconto crediti fiscali

Finanziamenti e contributi