- L’Italia rimane indietro nella corsa all’adozione dell’intelligenza artificiale sul lavoro e nelle imprese, rispetto agli altri paesi europei.
- La percentuale di imprese che in Italia adottano l’AI nei propri sistemi è ancora molto bassa, ovvero è arrivata al 8,2% nel 2024, mentre in altri paesi UE tale numero viene raddoppiato (ad esempio in Germania, in cui il 19,7% delle aziende impiega regolarmente tale tecnologia).
- Dal punto di vista delle competenze, nel bel paese sono soprattutto i più giovani a usare l’AI come supporto al lavoro, ovvero lavoratori sotto i 34 anni di età.
L’intelligenza artificiale è indubbiamente la novità più grande degli ultimi anni a tema tecnologia, che può supportare le persone in diverse operazioni, anche sul posto di lavoro. Ma in Italia l’adozione di tale strumento nelle aziende è ancora carente, se confrontata con l’uso che ne viene fatto da altri paesi europei e del mondo.
L’ultima analisi del Censis1 rileva come, seppur in crescita, la percentuale di imprese italiane ad usare l’AI nel 2024 è arrivata all’8,2%, con numeri nettamente più bassi rispetto ad altri paesi e alla media UE del 13,5%. Le aziende del bel paese sono ancora restie ad integrare l’intelligenza artificiale nelle operazioni quotidiane, mentre all’estero generalmente si è più propensi al suo impiego.
Se da un lato l’adozione dell’AI può sembrare un rischio per molte professioni, in molti casi il cambiamento verso processi supportati da questa tecnologia sembra inevitabile.
AI anxiety: i timori verso l’intelligenza artificiale
C’è un fattore da considerare quando si parla di integrazione dell’intelligenza artificiale sul lavoro, a supporto di dipendenti, freelance e aziende: molti temono questa nuova tecnologia. Questa paura non è solo italiana, tant’è che si parla di “AI anxiety2“, ovvero il timore di essere sostituiti nel proprio lavoro dalle macchine e in particolare dall’AI.
Come tutte le novità che vanno a stravolgere le abitudini precedenti, anche questa tecnologia ha un impatto sulla quotidianità di molte persone, per cui non è sempre vista come una risorsa positiva. Le AI e in particolare ChatGPT fanno progressi ogni giorno, continuando ad aggiornarsi per rispondere in modo sempre più efficace alle necessità degli utenti, fornendo testi, codici di programmazione, immagini, video e molto altro.
Questo fattore aumenta le preoccupazioni di molti lavoratori anche negli USA: secondo la stima di Scientific American i timori principali intorno alle AI riguarderebbero i rischi collegati ai dati personali, alla prospettiva di perdere il proprio posto di lavoro e perfino agli imbrogli durante esami scolastici e test.
Dal punto di vista storico è normale avere timore di qualcosa di nuovo (un esempio del passato è l’avvento dei computer), ma questo potrebbe portare ad una vera e propria paralisi.
Tornando all’Italia, una sorta di resistenza intorno all’adozione di tali tecnologie è registrata dai dati, che rappresentano un tessuto imprenditoriale ancora lontano dall’utilizzare l’AI come supporto quotidiano. Le motivazioni da un lato sono collegate all’AI anxiety, ma dall’altro anche dalla mancanza di competenze reali per utilizzare al meglio questa tecnologia e risorse per investire.
Uno dei rischi maggiormente discussi è quello della violazione del copyright da parte delle AI: il diritto di autore viene messo in discussione dallo stesso “AI Overview” comparso dopo l’ultimo aggiornamento Google, che mette a rischio il lavoro dell’intero settore del giornalismo e dell’editoria.
Oppure si può pensare alla recente problematica nata dalla creazione da parte di ChatGPT di immagini del tutto simili a quelle proposte dallo stile specifico dello Studio Ghibli nei suoi lavori, per cui viene sollevato un tema oggi importante: la AI fin dove possono spingersi nell’emulazione del lavoro umano, e quale protezione può esserci intorno alle violazioni del diritto d’autore compiute dalle macchine?
Intelligenza artificiale e aziende: l’Italia rimane indietro
L’Italia rimane indietro rispetto a molti paesi del mondo e alla maggior parte dei paesi europei sull’impiego delle AI a livello aziendale. I dati raccolti dal Censis sugli ultimi anni descrivono un andamento comunque in crescita, ma che non arriva agli stessi livelli raggiunti in alcuni paesi vicini alla penisola. L’Italia infatti arranca nella corsa all’adozione dell’AI: come rilevato in tabella, la percentuale delle imprese che adottano l’AI nel 2024 è dell’8,2%.
2021 | 2023 | 2024 | |
Germania | 10,6% | 11,6% | 19,7% |
Spagna | 7,7% | 9,2% | 11,3% |
Francia | 6,7% | 5,9% | 9,91% |
Italia | 6,2% | 5% | 8,2% |
Unione europea | 7,6% | 8% | 13,5% |
La media europea delle aziende che hanno già integrato l’AI è molto più alta rispetto all’Italia (ma anche alla Francia). Il paese quindi è tra gli ultimi ad adottare progressivamente la nuova tecnologia come supporto al lavoro delle persone. Se, come visto prima, numerosi sono i timori di lavoratori e imprese, va anche ricordato che anche altri fattori incidono su questi dati.
La mancanza di regolamenti chiari intorno a questi strumenti (sopraggiunti solamente di recente con l’AI Act europeo e con alcune iniziative italiane mirate) può essere un fattore che disincentiva la scoperta delle nuove potenzialità delle AI nel mondo del lavoro e nelle imprese.
Si possono riscontrare percentuali di impiego delle AI diverse in base al settore di riferimento, ma anche alla tipologia di azienda e al numero di dipendenti assunti.
1. AI e dimensione dell’impresa
Un fattore che incide sull’impiego delle AI, non solo in Italia ma anche presso altri paesi europei, è la dimensione dell’azienda. Sono prevalentemente le aziende di grandi dimensioni, con più di 250 lavoratori assunti, a scegliere questa tecnologia per velocizzare i processi.
Questo trend coinvolge anche Germania, Francia e Spagna, per cui all’opposto le piccole e medie imprese con meno di 50 dipendenti raramente scelgono di usare l’intelligenza artificiale. Oggi sono ancora poche le piccole imprese italiane ad investire nelle AI, per cui a livello di competitività il paese su questo aspetto è molto indietro.
La mancanza di formazione, cultura intorno all’AI, quindi di competenze, sono fattori centrali nella scarsità d’uso di questa tecnologia soprattutto nelle piccole realtà, che hanno meno risorse da poter investire in un’evoluzione dei sistemi.
2. AI e settore lavorativo
Settore | Italia | Unione europea |
Informazione e comunicazione | 34,6% | 48,7% |
Attività professionali, scientifiche e tecniche | 19,6% | 30,5% |
Commercio all’ingrosso e al dettaglio, riparazione di autoveicoli e motocicli | 8,2% | 12,10% |
Manifattura | 8% | 10,6% |
Attività amministrative e di supporto | 7,7% | 14,3% |
Attività immobiliari | 6,2% | 15,5% |
Trasporto e stoccaggio | 5,2% | 8,1% |
Costruzioni | 5,2% | 6,1% |
Attività di alloggio e ristorazione | 2,7% | 6,1% |
Fornitura di energia elettrica, gas, vapore e aria condizionata | – | 25,7% |
Approvvigionamento idrico, fognatura, rifiuti e bonifica | – | 8,4% |
Un altro fattore ad incidere sull’impiego dell’AI è il settore: la nuova tecnologia infatti non può essere adoperata per supportare qualunque mansione o lavorazione, per cui è particolarmente adatta ad alcuni ambiti specifici. Nella tabella, i dati Censis rilevano la percentuale di impiego dell’AI nelle aziende in Italia rispetto a quella riscontrata come media europea.
Il settore informatico e quello della comunicazione sono quelli per cui l’AI è maggiormente impiegata, ma in linea generale va anche evidenziato che le attività intellettuali sono quelle per cui questa tecnologia può essere maggiormente di supporto e per cui è più percepito il rischio di sostituzione.
Per quanto riguarda la propensione ad investire nel futuro nell’intelligenza artificiale, sono soprattutto le attività nell’editoria (47,10%) e nella produzione cinematografica (39,2%) ad essere maggiormente interessate.
3. L’età dei lavoratori
Un fattore importante da considerare è l’età media dei lavoratori che utilizzano strumenti moderni di intelligenza artificiale. Sono proprio le generazioni più giovani, ovvero chi ha meno di 34 anni di età, ad avvicinarsi più facilmente a questi canali, anche per il lavoro.
Potrebbe essere proprio questa generazione a guidare in futuro le aziende verso una più consistente introduzione di sistemi AI nei processi. Attualmente sono soprattutto i diplomati ad utilizzare questi strumenti per redigere email o messaggi, mentre i laureati li usano soprattutto per scrivere il proprio CV e per redigere report.
AI in azienda: una questione di competenze
Al di là delle preoccupazioni intorno all’intelligenza artificiale, il fattore delle competenze rimane importantissimo alla luce delle possibili novità che uno strumento del genere potrebbe apportare presso un’azienda. Anche se un’impresa intende investire in questa direzione, non è scontato che abbia internamente le competenze per farlo.
Ad usare le più note AI (come ChatGPT) come supporto nella pratica sono comunque molti lavoratori: il 23,3% per la scrittura di email, il 24,6% per mandare messaggi, il 25% per la stesura di rapporti e il 28,5% nella stesura di un CV. Nonostante questo, sono ancora poche le aziende che utilizzano questa tecnologia, in Italia, a livello strutturale.
Inoltre il nostro paese è ancora indietro rispetto ad altri Stati del mondo per tasso di crescita di assunzioni di lavoratori che detengono competenze specifiche nell’AI (nel periodo 2022-2023 si registrava un +6,03%, contro il +9,63% della Spagna e il +28,83% di Hong Kong.
Ma quali sono le competenze che potrebbero essere richieste ai lavoratori, nei prossimi anni, intorno a questa nuova tecnologia? L’intervento umano ancora oggi è imprescindibile, nonostante le capacità di ragionamento, continuamente incrementate, delle AI. Saranno necessarie quindi forti competenze nell’analisi delle risposte date da queste macchine, ma anche conoscenze informatiche specifiche.
A queste si sommano le capacità di gestire dati, di problem solving e di creare input specifici da dare all’intelligenza artificiale per ottenere il risultato richiesto. In breve i lavoratori dovranno essere in grado di dialogare con queste macchine in modo da generare risposte il più possibili accurate, che a loro volta dovranno essere verificate.
Anche dal punto di vista della creatività, nonostante le diverse polemiche recenti intorno alla creazione di immagini simili a quelle proposte da noti disegnatori, fumettisti o grafici (come la “Ghibli mania” recente), sarà sempre necessario l’intervento umano.
Se da un lato l’arrivo dell’AI stravolge e mette in discussione il lavoro di aziende e liberi professionisti, dall’altro lato un’evoluzione di questo tipo è già iniziata e per il futuro non innovarsi potrebbe significare rimanere indietro, rispetto a chi invece decide di investire in questo campo.
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