Dazi e impresa: testimonianze di esperti


Allarme dazi per l’impresa made in Italy. I ricercatori Cristina Pensa e Matteo Pignatti hanno analizzato per Confindustria cosa succede nelle aziende a seguito delle tensioni geopolitiche tra le due sponde dell’Atlantico. “E’ dal 2018 che si moltiplicano le barriere tariffarie introdotte dagli Stati Uniti“, spiegano gli esperti della Confederazione generale dell’industria italiana. Secondo la principale organizzazione rappresentativa delle imprese manifatturiere e di servizi italiane, i dazi sono già applicati all’import di lavatrici e pannelli fotovoltaici (8 miliardi di dollari) e di acciaio e alluminio (45 miliardi, di cui 30 temporaneamente esentati). L’obiettivo dell’amministrazione Trump è definito: “Cambiare le regole del gioco degli scambi globali, indebolendo il ruolo di arbitro internazionale del Wto per far valere il peso degli Stati Uniti in contrattazioni bilaterali con i partner commerciali”. Le motivazioni profonde sono connesse all’emergere del gigante cinese. “La Cina è ancora un’economia non di mercato e si avvale di pratiche scorrette, come il dumping, in particolare nei metalli, e le acquisizioni forzate di conoscenze proprietarie, specie tecnologiche – osservano Cristina Pensa e Matteo Pignatti-. Soprattutto, l’esplosione industriale cinese ha spiazzato intere filiere produttive nel mondo avanzato. Determinando, secondo alcune stime, la perdita di un milione di posti di lavoro nel manifatturiero americano”. Confindustria avverte che “la risposta protezionistica ha effetti controproducenti per la stessa economia Usa e fortemente destabilizzanti per gli equilibri geo-economici globali. Nel caso di acciaio e alluminio, i dazi favoriscono l’attività siderurgica Usa ma penalizzano molti settori manifatturieri domestici che si riforniscono di metallo“.

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Dazi anti-impresa

Studi empirici ed esperienze passate puntano a un effetto complessivamente negativo per l’economia statunitense. Le barriere tariffarie danneggiano, secondo Confindustria, i partner commerciali. Compresi quelli esentati dai dazi, perché distorcono i flussi di scambio e interrompono le catene globali del valore. E provocano, quindi, reazioni uguali e contrarie da parte dei paesi colpiti. La Cina ha già applicato contro dazi su 3 miliardi di dollari di acquisti dagli Usa e si appresta a vararne su altri 50 miliardi, in risposta alle prossime tariffe americane. “Regna l’incertezza, che già di per sé blocca commesse e investimenti all’estero- evidenziano Cristina Pensa e Matteo Pignatti-. Ma il vero pericolo è quello di cadere in una spirale di misure e contro-misure protezionistiche, cioè in una guerra commerciale. In quel caso, come insegna la storia, sarebbero a rischio gli stessi rapporti economici e politici tra le nazioni”. Fare impresa in Italia è un’iniziativa che si occupa di innovazione, sostenibilità e scenari economici. Il convegno. organizzato dall’università Lumsa, è giunto alla nona edizione. Fare impresa in Italia costituisce, per i promotori, “un importante tassello nella costruzione di un percorso che l’ateneo porta avanti da anni per creare una rete di professionisti e imprese – da quelle storiche del made in Italy alle startup – in costante dialogo con gli studenti nel loro ruolo di figure professionali di domani”. Intelligenza artificiale e sostenibilità: questi i temi della nona edizione di Fare impresa in Italia. Il convegno su imprenditoria e sostenibilità è organizzato e promosso dall’Università Lumsa in collaborazione con Lumsa Alumni Network (Lan). Nel workshop organizzato dall’associazione studentesca Jemsa, gli studenti si sono confrontati con Pasquale Viscanti, co-founder di IA Spiegata Semplice, su come “Creare valore con l’intelligenza artificiale”.

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Foto di Gerd Altmann da Pixabay

AI e impresa

“Fino a qualche mese fa, negli Stati Uniti, si lavorava all’intelligenza artificiale che ormai è entrata nelle nostre vite, da quella di Google a quella di Meta, perfettamente integrata in Instagram, Whatsapp e Facebook, e ovviamente anche OpenAI con ChatGPT”, spiega Viscanti-. Poi la Cina ha fatto sentire la sua voce, creando delle AI che diventano delle vere e proprie rivali, dando vita a un dualismo Usa-Cina: una su tutte, DeepSeek. In Europa si stanno muovendo dei passi importanti, con la Commissione Europea che vuole stanziare fondi per far nascere un vero e proprio ecosistema alternativo a questo dualismo. In Italia viviamo in un contesto in cui l’AI si produce e si sviluppa. Un ecosistema che conta ormai centinaia di aziende che stanno creando delle valide soluzioni: non le ChatGPT di turno, ma imprese più piccole e molto utili soprattutto per le nostre piccole e medie imprese (pmi)“. Nel successivo panel, dedicato alle “Storie di imprenditorialità e startup”, Chiara Cavallo (co-founder di Alfred), dialogando con Valentina Righetti, (founder Your personal trainer), Emanuele Bianconi (co-founder SQUP) e Claudio Vaccaro (general partner Kobo Ventures), ha approfondito il tema dell’IA applicata alle tecnologie per il supporto dei lavoratori.

Foto di fancycrave1 da Pixabay

Start up

“Alfred è una startup che ha sviluppato una soluzione per la gestione e ottimizzazione delle scadenze dei prodotti alimentari nei supermercati e negozi del settore” racconta Cavallo- “La nostra tecnologia registra e segnala in modo mirato i prodotti in scadenza, permettendone un recupero che ha un triplice impatto positivo e di sostenibilità: economico, ambientale e sul lavoro umano. Alfred prende il nome dal personaggio di Batman, che è molto più di un maggiordomo ma è a tutti gli effetti una spalla per l’eroe, perché la tecnologia per noi deve avere esattamente questo ruolo: supportare il lavoro delle persone e non sostituirle. Si parla tanto di tech e intelligenza artificiale, ma l’innovazione davvero sostenibile è quella che migliora l’esperienza di chi la sta utilizzando”. Al dibattito hanno preso parte anche Giovanni Battista Dagnino, direttore del LUMSA International Research Center for Artificial Intelligence Management (LICAIM), Giacinto Fiore, co-founder IA Spiegata Semplice – AI Week, Shalini Kurapati, CEO ClearBox AI, fr. Riccardo Lufrani, O.P., docente di Teologia, Università Lumsa, Maurizio Naldi, professore ordinario di Computer Science, Università Lumsa, Domenico Nesci, CEO e co-founder Deep Ocean Capital SGR. Filippo Giordano, professore ordinario di Economia aziendale all’Università Lumsa e ideatore di Fare impresa in Italia afferma: “Fare Impresa in Italia, che arriva quest’anno alla sua nona edizione, è l’evento dell’Università Lumsa attraverso il quale riusciamo a raccontare ai nostri studenti l’imprenditorialità come stile di vita. Le storie delle imprese che abbiamo raccontato negli anni, dalle grandi aziende alle startup, sono diverse tra loro ma accomunate da una stessa visione, dalla tenacia nei successi così come nelle sconfitte e dal desiderio di raggiungere determinati obiettivi”.

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Foto di Gerd Altmann da Pixabay

Potenziale

“L’intelligenza artificiale, e nel complesso l’intera rivoluzione digitale, ha il potenziale di creare un mondo migliore, in cui possa esserci una spinta ad affrontare i grandi problemi e anche una spinta verso una maggiore uguaglianza”, sostiene Tiziana Catarci. Il presidente della Società Italiana per l’Etica dell’Intelligenza Artificiale ha partecipato alla tavola rotonda “Intelligenza artificiale e sostenibilità“. E ha proseguito: “Purtroppo questo, adesso, non sta succedendo, anche a causa di questa congiuntura politica, economica e sociale. Ho trovato molto interessanti le parole di Papa Francesco nella nota Antico et Nova, un’analisi lucida su questo aspetto, che ci si aspetterebbe più da una persona di scienza. Il Papa sostiene che, invece di andare verso il miglioramento, le disuguaglianze sembrano aumentare a tutti i livelli. Tra gli Stati, tra gruppi di individui e tra singoli individui. Questo perché assistiamo a un avanzamento tecnologico solo in alcuni Stati, che stanno iniziando a sviluppare una sorta di neocolonialismo digitale, per cui gli Stati meno avanzati vengono considerati produttori di materie prime e di lavoro a basso costo”. Poi c’è la differenza tra gruppi di persone a seconda della provenienza, dell’istruzione, e della capacità di governare il nuovo mondo del digitale. Quindi, conclude l’evento Lumsa, “il digital divide aumenta, aumentano anche i pregiudizi, le discriminazioni, e i bias nei dati prodotti dagli esseri umani, che sono quelli utilizzati per addestrare gli algoritmi. Così, invece di valorizzare la diversità si ha un mondo sempre più omologato”.

 

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