Claudio Feltrin, Presidente di FederlegnoArredo, in occasione della Conferenza stampa di chiusura Salone, è stato intervistato da Il Giornale d’Italia
L’Unione Europea continuerà ad agire politicamente sul fronte delle politiche ambientali, cosa vi aspettate?
“Ci aspettiamo che queste politiche siano più aderenti alla realtà. Per quanto ci riguarda, il problema principale è la deforestazione. Nessuno mette in discussione il principio su cui si basa il nuovo decreto, ma quello che critichiamo è la modalità con cui si intende applicarlo.
Le modalità attuali rischiano di tradire proprio l’obiettivo che si vuole perseguire: complicano la vita alle imprese, al punto che alcune sono costrette a chiudere o a cercare vie alternative, anche se questo è spiacevole da dire. Ma quando è in gioco la sopravvivenza, le aziende devono reagire.
Ora che l’entrata in vigore del decreto è stata posticipata, lavoreremo – come Federazione italiana e insieme ad altre realtà europee coinvolte – per modificarlo e renderlo davvero utile, invece che dannoso come appare oggi.”
A proposito di Europa: siamo passati dal Green Deal al “Rearm Europe”, dalla padella alla brace?
“Direi che Trump, in questo ambito, ha semplicemente messo il dito nella piaga. Da anni si sapeva che noi europei non rispettavamo certi impegni presi in passato. È vero che da noi esistono servizi pubblici che altrove non ci sono, ma prima o poi era inevitabile un riequilibrio.
Non si tratta di un’inversione di marcia, ma di rimettere le cose nella giusta prospettiva. Se un domani ci trovassimo nella necessità di difenderci, e non potessimo contare sull’aiuto americano, dobbiamo essere pronti. Non possiamo più permetterci di restare in attesa.”
Difenderci dall’Europa o difenderci dalla Russia?
“Difenderci da qualsiasi minaccia, che sia la Russia o altro. Noi produciamo mobili, quindi ci interessa soprattutto che all’interno dell’Europa non vengano introdotti ostacoli normativi privi di logica.
Non dico che il regolamento EUDR non persegua un obiettivo giusto, ma lo fa con modalità sbagliate. Così si ottiene un doppio danno: da un lato si manca l’obiettivo ambientale, dall’altro si penalizza un sistema industriale sano.
Il nostro comparto è già sostenibile: usiamo legno certificato FSC, proveniente da foreste controllate. Non c’è rischio di deforestazione illegale. Ma se a questo si aggiungono ulteriori vincoli burocratici, le nostre PMI non riescono a reggere. E tutto ciò è inutile, perché non porta realmente al risultato desiderato.”
Il DEF ha dimezzato la stima di crescita per il 2025, passando dall’1,2% allo 0,6%. Quali sono i rischi per il vostro settore?
“Un’economia stagnante o in sofferenza si riflette su tutti, anche sui consumatori. Le aziende, in momenti di incertezza, tendono a frenare gli investimenti.
Adesso si parla molto di dazi e c’è chi ipotizza di spostare la produzione negli Stati Uniti. Ma non è così semplice: non siamo la finanza, non possiamo spostare un’impresa con un click. Servono due anni per costruire uno stabilimento, e poi servono le persone per farlo funzionare. Negli USA la disoccupazione è al 3,5%, quindi trovare manodopera qualificata è un’altra sfida, che può richiedere altri due o tre anni.
Nel frattempo potrebbero già essere cambiati presidente e scenario globale. Dobbiamo essere realistici: la leva su cui possiamo agire subito è l’Europa. È lì che dobbiamo concentrarci per ridurre l’impatto di una congiuntura globale complicata e proteggere le nostre imprese.”
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