Ue: la solidità del mercato del lavoro potrebbe vacillare

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Tasso di disoccupazione nella zona euro ai minimi storici e un’economia, del blocco, stagnante. Una coppia strana se si pensa che l’attuale contesto economico dovrebbe portare ad una crescente debolezza del mercato del lavoro. “In genere l’occupazione si espande a circa la metà del tasso di crescita del Pil reale, ma in realtà ha superato la crescita del Pil dal 2022”, ha spiegato la Bce nel suo ultimo Bollettino economico sul mercato del lavoro, aggiungendo che “la performance del mercato del lavoro della zona euro è stata eccezionale rispetto alle variazioni del prodotto”.

La Bce precisa infatti come a settembre 2024 il tasso di disoccupazione nella zona euro si sia attestato al 6,3%, il più basso mai registrato dall’introduzione dell’euro e di 1,1 punti percentuali al di sotto del livello pre-pandemia osservato nel gennaio 2020. Il calo del tasso di disoccupazione è stato generalizzato in tutti i paesi, con alcune variazioni. La Spagna e l’Italia, ad esempio, hanno registrato le maggiori riduzioni dei tassi di disoccupazione nello stesso periodo (rispettivamente -2,6 punti percentuali e -3,5 punti percentuali), mentre la Germania ha registrato un lieve aumento (+0,3 punti percentuali). Il calo a livello dell’area dell’euro è stato determinato da un lieve calo del numero di disoccupati, pari a circa 1,3 milioni di persone, accompagnato da un aumento significativo della forza lavoro, pari a 8,6 milioni di unità rispetto a gennaio 2020.

Occupazione e produzione non allineate, come è possibile?

Il calo iniziale dei salari reali all’inizio della crisi energetica ha contribuito allo scollamento tra occupazione e crescita della produzione. Inizialmente, poi, il calo dei salari reali ha superato il calo della produttività ed è stato proprio questo divario tra salari reali e produttività che ha sostenuto la creazione di nuovi posti di lavoro incentivando le imprese ad assumere o trattenere più lavoratori. “Quando i salari reali diminuiscono rispetto agli altri prezzi dei fattori produttivi, il lavoro diventa più accessibile dell’energia, del capitale e dei beni intermedi, con conseguenti effetti di riallocazione e sostituzione”, spiega la Bce.

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Altro fattore che ha sostenuto la dinamica dell’occupazione in un contesto di stagnazione economica è stato “l’accaparramento della manodopera” da parte delle aziende. L’aumento dei margini di profitto ha infatti permesso alle aziende di trattenere i propri dipendenti più a lungo del solito, nonostante il calo dei ricavi. La decisione delle imprese di accumulare manodopera, spiega la Bce, è razionale e coerente con gli obiettivi di massimizzazione del profitto a lungo termine, visto che le imprese che massimizzano il profitto scelgono di favorire l’accaparramento di manodopera quando i costi dei licenziamenti, del reimpiego o della formazione superano i costi del mantenimento dei lavoratori.

Previsioni per il futuro

Due sono i temi:

  • Da una parte c’è da evidenziare che i salari reali sono in aumento e stanno raggiungendo i trend storici, mentre i prezzi dell’energia, fattore chiave dei costi, si stanno stabilizzando, riducendo il divario tra produzione e occupazione. L’accumulo di manodopera ha inoltre raggiunto un picco nel terzo trimestre del 2022 e la capacità o la volontà delle imprese di tenersi stretti i propri lavoratori sta diminuendo, secondo la Bce: “Si prevede che il mercato del lavoro della zona euro torni a essere più vicino alla sua storica correlazione con la produzione”. Tuttavia, secondo l’istituto centrale, non si prospetta una debolezza drammatica: “Il tasso di disoccupazione dovrebbe rimanere basso nei prossimi trimestri”, si legge. “Nel complesso, i dati delle indagini suggeriscono un mercato del lavoro relativamente stabile in prospettiva”.
  • La Bce continuerà anche nel 2025 a essere cauta nel taglio dei tassi, “apportando solo piccoli tagli ai tassi di interesse nel primo trimestre del 2025”. Dinamica che continua a non piacere a molti esponenti del mondo economico. Secondo un sondaggio fatto dal Financial Times quasi la metà dei 72 economisti dell’Eurozona intervistati, il 46%, ha dichiarato che la banca centrale è “rimasta indietro” e non è in sintonia con i fondamentali economici, rispetto al 43% fiducioso che la politica monetaria della BCE sia “sulla strada giusta”.

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