Abstract (*)
Il contributo analizza la nuova disciplina della transazione fiscale nella Composizione Negoziata della Crisi (CNC), interrogandosi sulla natura, dispositiva o meno, di tale “accordo transattivo” e sulla eventuale giustiziabilità del mancato accordo, muovendo dalle ragioni che hanno condotto alla modifica normativa che è parzialmente attuativa dell’art. 9 della delega fiscale.
The treatment of tax and social security credits in the crisis settlement negotiations – This paper analyses the new discipline of the tax settlement in the Composizione Negoziata della Crisi (CNC), questioning the dispositive or non-dispositive nature of such an agreement and the possible enforceability of the non-agreement, considering the reasons that led to the legislative amendment that partially implements Article 9 of the law of delegation for the tax reform.
Sommario: 1. Premessa. – 2. Le ragioni dell’estensione alla CNC. – 3. L’ambito applicativo. – 4. Il procedimento. – 5. La valutazione delle Agenzie fiscali. – 6. La giustiziabilità del diniego.
1. Essenzialmente due sono le prospettive di sistema dal quale traguardare la definizione della c.d. debitoria fiscale mercè il ricorso a strumenti di composizione delle crisi di impresa, cui si fa riferimento anche in termini di transazione fiscale (espressione che, per comodità, verrà utilizzata in appresso[1]) o accordo transattivo.
Trattasi, da un lato, della prospettiva dell’indisponibilità dell’obbligazione tributaria, questa qui intesa come indisponibilità del credito erariale certo nell’an e nel quantum ovvero come impossibilità di rinunciare parzialmente alla sua riscossione in caso di manifesta inesigibilità dello stesso[2]; indisponibilità, sia detto subito, non dotata di copertura costituzionale secondo sia i giudici di legittimità che la stessa Corte costituzionale; quest’ultima, nella nota sentenza n. 225/2014 si è, infatti, espressa nel senso che l’art. 182-ter della legge fallimentare, ossia l’omologo precedente del vigente art. 88 del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (di seguito “Codice”), «è, di per sé, disciplina eccezionale rispetto al principio dell’indisponibilità della pretesa erariale», principio, pertanto derogabile con norma avente forza di legge ordinaria[3].
Dall’altro lato viene in considerazione il ruolo della natura del credito oggetto di definizione nella c.d. questione distributiva, ossia la configurazione del rapporto tra il credito tributario ed i diritti dei creditori diversi dall’ente impositore (assumendo, evidentemente, che vi sia coincidenza tra ente impositore e soggetto creditore), configurazione in cui trovano composizione, secondo ragionevolezza e non arbitrarietà, una serie di interessi che vanno da quello erariale, alla prosecuzione dell’impresa, alla salvaguardia dei livelli occupazionali, tutti aventi, diretta o indiretta, copertura costituzionale[4].
La ratio della transazione fiscale, come noto diretta espressione dei principi di economicità ed efficienza di cui all’art. 97 Cost.[5], è stata finora considerata quella concorsuale, essendo la stessa funzionale alla definizione debitoria concordataria, di “incidente tributario”[6]. In tal senso se ne è ravvisato il significato fin dall’originaria disciplina fissata dal sopra citato art. 182-ter della legge fallimentare, come indicato nella nota sentenza della CGE DeganoTrasportiS.a.s. del 7.4.2016 (causa C-546/14), in termini di «strumento per perseguire l’interesse pubblico all’effettiva riscossione dei tributi a fronte di soluzioni liquidatorie di capienza non comparabili»[7].
La sua estensione alla Composizione Negoziata della Crisi (di seguito “CNC”) con il Correttivo ter del Codice (D.Lgs. n. 136/2024) può inserirsi in quello che in dottrina si è detto essere il cammino verso una sempre più marcata “privatizzazione” degli “strumenti giuridici” caratterizzanti la “gestione” del “rapporto giuridico di imposta” – nella fase del pagamento/estinzione e, almeno in alcuni casi (diversi, evidentemente, da quello che ne occupa), della consensuale determinazione dell’an e del quantum, percorso da tempo avviato dal legislatore anche in ragione dello sviluppo della giurisprudenza nazionale e comunitaria che spesso svolge una funzione sostitutiva e suppletiva del legislatore medesimo[8]. Si pensi al notissimo tema della falcidiabilità dell’Iva nel concordato preventivo in relazione al quale la Suprema Corte, sulla scorta della menzionata sentenza della Corte di Giustizia UE Degano Trasporti, ha equiparato il credito tributario alle stesse regole dei crediti privati di pari rango.
Alla luce della suddetta duplice prospettiva è dunque opportuno dare uno sguardo alla nuova disciplina della transazione fiscale nella CNC, interrogandosi in particolare sulla natura, dispositiva o meno, di tale “accordo transattivo” (così lo definisce il nuovo comma 2-bis dell’art. 23 del Codice) e sulla eventuale giustiziabilità del mancato accordo; ciò muovendo dalle ragioni che hanno condotto alla modifica normativa che è parzialmente attuativa dell’art. 9 della delega fiscale di cui alla L. n. 111/2023, il quale prevede la possibilità «di raggiungere un accordo sul pagamento parziale o dilazionato dei tributi, anche locali, nell’ambito della composizione negoziata, prevedendo l’intervento del tribunale, e introdurre analoga disciplina per l’istituto dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi».
2. Il motivo dell’attenzione riservata dalla delega alla transazione fiscale nella CNC e nell’amministrazione straordinaria è noto.
Con il Codice e le successive novelle la tipologia delle procedure si è arricchita con una pluralità di strumenti e declinazioni aggiuntive a quelle degli accordi di ristrutturazione e del concordato preventivo, senza tuttavia generalizzare la previsione del potere di transigere la debitoria tributaria, così come richiedeva la Corte costituzionale nella sentenza n. 245/2019 laddove si stigmatizzava l’illegittimità del trattamento differenziato, riservato sotto questo profilo, al caso, ad esempio, della ristrutturazione dei debiti del consumatore ex L. n. 3/2012.
Sicchè fino ad oggi la disciplina della CNC, anche in ragione di prassi conforme dell’Agenzia[9], non ha consentito la ristrutturazione della suddetta debitoria diversa da quella consistente nel pagamento rateizzato e/o nella riduzione delle sanzioni e degli interessi ai sensi dell’art. 25bis del Codice (non operante, peraltro, per i debiti previdenziali e assicurativi)[10], non essendo possibile un’applicazione estensiva o analogica della transazione fiscale al di fuori di concordato e accordi di ristrutturazione in forza della sopra ricordato principio dell’indisponibilità dell’obbligazione tributaria[11].
E ciò ancorchè non siano mancati in dottrina tentativi di rinvenire la copertura legislativa necessaria ai fini dell’estensione generalizzata dell’istituto la recente e progressiva “concorsualizzazione” del trattamento dei debiti tributari, confermata dalla Suprema Corte con riferimento all’individuazione della giurisdizione (quella civile) quanto all’impugnazione del diniego, argomentando dalla presenza di disposizioni in generale riferibili a tutti i crediti, astrattamente in grado, tali disposizioni, di essere riferite anche ai crediti tributari quali specie del ceto creditorio[12]. In tal senso avrebbero potuto essere valorizzate, tra l’altro, quelle disposizioni del Codice che attribuiscono al giudice civile il potere/dovere di omologa forzosa anche per le mancate adesioni in procedure come il concordato minore nella cui disciplina non si trova espressa menzione al potere transattivo dell’ente creditore tributario[13].
Con la delega si sono dunque superati gli ostacoli che venivano frapposti all’estensione della transazione alla CNC e tra questi: (i) l’assenza di un controllo dell’Autorità giudiziaria che non consentirebbe un’adeguata tutela alle ragioni erariali mancando, appunto, nello strumento che ne occupa il giudizio di omologazione; (ii) il timore di una contrazione delle entrate tributarie; (iii) l’assenza di informazioni e valutazioni affidabili, provenienti da un professionista indipendente (l’attestatore di cui agli accordi di ristrutturazione e al concordato preventivo), sulla base delle quali l’Amministrazione finanziaria possa esprimersi sulla convenienza della transazione fiscale; (iv) il presupposto del ricorso alla CNC il cui accesso avrebbe dovuto essere riservato soltanto alle imprese in situazione di pre-crisi o di crisi leggera, in relazione alla quale non sono richieste falcidie o dilazioni di pagamento dei debiti fiscali più favorevoli di quelle contemplate nel su citato art. 25-bis del Codice[14].
E ciò pur tenuto conto che in ogni caso, ancor prima della estensione alla composizione negoziata, non si escludeva la possibilità di presentare una proposta di transazione fiscale durante il suo svolgimento qualora nel corso della stessa (se non anche nel momento in cui si presenta il progetto di piano di risanamento) già se ne prevede l’esito in termini di accordo di ristrutturazione dei debiti o di concordato preventivo ai sensi dell’art. 23, comma 2, del Codice[15].
3. Vediamo dunque le modalità privilegiate dal legislatore per attuare (per ora parzialmente) l’art. 9 della legge delega.
Orbene, con il Correttivo ter del Codice è stato aggiunto all’art. 23 del Codice il comma 2-bis, prevedendo che anche nel corso delle trattative avviate a seguito dell’attivazione della CNC, ma anche a conclusione delle stesse[16], possa essere stipulato ciò che la nuova disposizione chiama “un accordo transattivo” tra il debitore e le Agenzie fiscali.
Trattandosi di accordo che può essere concluso all’interno della procedura di CNC o alla conclusione della stessa, ne possono fruire, ai sensi dell’art. 12 del Codice, imprenditori commerciali e agricoli in situazione di crisi ovvero in stato d’insolvenza, ovvero, ancora, «anche soltanto in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendono probabile la crisi o l’insolvenza e risulta ragionevolmente perseguibile il risanamento dell’impresa».
Secondo quanto prevede il suddetto comma 2-bis, l’accordo riguarda il pagamento parziale e/o dilazionato della debitoria fiscale, inclusa la parte relativa ai tributi fatta eccezione per quelli che costituiscono risorse proprie dell’Unione Europea (ma è falcidiabile l’IVA, come afferma la relazione illustrativa al D.Lgs. n. 136/2024 e ciò sulla scorta della decisione UE – Euratom 2020/2053 del Consiglio UE 14 dicembre 2020). Rimangono invece non falcidiabili, e non può neppure esserne dilazionato il pagamento (se non nei termini ordinari), i debiti verso gli enti previdenziali e assicurativi.
Trattasi, tuttavia, di un’esclusione che viene giustamente ritenuta priva di giustificazione alcuna, dacché non si comprende la ragione per cui i tributi possano essere falcidiati e i contributi previdenziali no, laddove gli interessi al cui servizio le prestazioni in questione sono imposte vantano tutti una diretta copertura costituzionale; così come non si comprende per quale motivo i contributi potrebbero essere falcidiati nell’ambito di altri istituti, e in alcuni di essi anche forzosamente, mentre non potrebbero esserlo in alcun modo, neppure escludendo il cram down, nella composizione negoziata. Di qui l’opportunità di un intervento correttivo.
Nonostante la delega di cui al citato art. 9 L. n. 111/2023 prevedesse diversamente, non possono essere oggetto dell’accordo transattivo nemmeno i crediti relativi ai tributi di cui sono titolari gli enti pubblici territoriali, esclusione che si spiega in ragione della mancanza del tempo necessario per completare i necessari confronti con le parti interessate entro il termine di definitiva approvazione del decreto correttivo (si consideri che il Correttivo ter non costituisce formale attuazione del su citato art. 9). Una sistemazione a riguardo, fatta salva la copertura finanziaria, sarebbe evidentemente opportuna ad opera del decreto delegato sulla fiscalità della crisi.
Occorre peraltro sul punto considerare che la delega fiscale di cui al citato art. 9 riguarda solo la transazione fiscale nella composizione negoziata e non anche negli altri istituti disciplinati dal Codice (quali l’accordo di ristrutturazione dei debiti, il piano di ristrutturazione omologato, ecc.), il che rischia di provocare un’ulteriore ingiustificata discriminazione a danno degli strumenti di composizione della crisi diversi dalla CNC in cui pure è praticabile la transazione fiscale, ma senza il coinvolgimento dei tributi degli enti territoriali.
4. Quanto al procedimento, lo schema prefigurato dal comma 2-bis dell’art. 23 è quello di una proposta del contribuente cui può aderire o meno l’Agenzia fiscale volta a volta coinvolta. L’adesione comporta la sottoscrizione dell’accordo transattivo, formula che parrebbe evocare uno schema negoziale atipico in cui l’Amministrazione finanziaria dismette parte della propria pretesa, appunto su proposta del contribuente, il quale nella stessa si riconosce debitore.
Nel superare uno dei sopra ricordati ostacoli che si riteneva si frapponesse alla fruizione della transazione fiscale nella CNC, onde consentire alle Agenzie fiscali di pronunciarsi sulla proposta di accordo formulata dal debitore in base a informazioni affidabili provenienti da soggetti terzi (valutando quando l’accordo è conveniente per l’Erario rispetto alla liquidazione giudiziale), il comma 2-bis dell’art. 23 prevede che sia predisposta da un professionista indipendente una relazione che ne attesti la convenienza, la quale dovrà essere allegata alla proposta unitamente a una relazione sulla completezza e veridicità dei dati aziendali redatta dal revisore legale del soggetto proponente, se esistente, ovvero, in caso contrario, da un revisore legale a tal fine designato (si discute se la relazione del revisore possa essere redatta dallo stesso attestatore indipendente).
L’accordo sottoscritto dalle parti deve essere comunicato all’esperto, e produce effetto con il suo deposito presso il tribunale competente.
Pur non essendo espressamente previsto, si ritiene comunque che, qualora l’accordo arrechi pregiudizio ai creditori o alle prospettive di risanamento dell’impresa, l’esperto dovrebbe segnalarlo all’imprenditore e all’organo di controllo ai sensi dell’art. 21, comma 3, del Codice, rilevandolo anche nella relazione finale richiesta dall’art. 17, comma 8, del Codice.
Ed invero, a seconda del relativo contenuto, l’accordo proposto alle Agenzie fiscali potrebbe in effetti rivelarsi potenzialmente non coerente con le trattative eventualmente avviate con gli altri creditori e con il risanamento aziendale (perché, ad esempio, è troppo oneroso e sottrae risorse essenziali per soddisfare altre preminenti esigenze); di qui l’esigenza di un approccio preventivo e una funzione dissuasiva dell’esperto, il quale deve comunicare il proprio eventuale dissenso all’organo amministrativo e a quello di controllo, motivandolo mercè l’indicazione degli effetti negativi che l’accordo può generare nei confronti dei creditori e rispetto al riequilibrio della situazione dell’impresa debitrice. Al contrario, l’assenza di qualsiasi censura, dovrebbe costituire implicito assenso alla transazione.
Un ulteriore ostacolo teorico che si frapponeva all’estensione della transazione fiscale alla CNC, viene superato dal comma 2-bis dell’art. 23 del Codice ivi prevedendosi l’intervento autorizzativo del giudice, il quale, previa verifica della regolarità dell’accordo e dei suoi allegati, appunto, ne autorizza l’esecuzione con decreto oppure, nel caso in cui non ne ravvisi la regolarità, dichiara che esso è privo di efficacia.
La regolarità che il giudice è chiamato ad accertare, secondo i primi commentatori, benchè non orientato ad una eventuale sostituzione del consenso dei creditori (inclusi quelli pubblici), non sarebbe di natura meramente notarile dovendo, il giudice medesimo, assicurarsi che l’accordo non pregiudichi il risanamento[17].
È vero peraltro che in un “accordo transattivo”, inserito in un procedimento essenzialmente privatistico non avente carattere concorsuale[18], come la transazione fiscale, l’autorizzazione del giudice non sarebbe astrattamente necessaria, ma lo diventa soprattutto per fornire all’Amministrazione finanziaria, un conforto esterno che possa contribuire alla sua “deresponsabilizzazione”; conforto che non dovrebbe arrivare al punto di consentire al Tribunale una valutazione della legittimità sostanziale dell’accordo che riguardi anche la comparazione dello stesso con l’esito della liquidazione giudiziale giacchè ciò significherebbe introdurre un inutile duplicato del vaglio che già è compendiato nella relazione del professionista indipendente (benedetta dal silenzio dell’esperto) che accompagna la proposta e che è previsto, in taluni casi, solo in sede di omologa del concordato preventivo dall’art. 112 del Codice[19].
In assenza di un giudizio di omologazione e in ragione della natura privatistica del procedimento, il cram down fiscale non è previsto nella CNC.
Quanto alla sottoscrizione dell’accordo (che, come detto, va comunicato all’esperto[20]), per i tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate, il comma 2-bis dell’art. 23 si limita a prevedere che la firma è quella del Direttore dell’Ufficio su parere conforme della Direzione regionale (e, evidentemente, la sola firma della Direzione regionale in caso di “grande contribuente”), laddove per i tributi amministrati dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli la firma è quella del Direttore delle Direzioni territoriali, del Direttore della Direzione territoriale interprovinciale, nonché, per gli atti emessi dagli Uffici delle Direzioni centrali, del Direttore delle stesse. La norma non fornisce alcuna indicazione circa il momento in cui va determinata la competenza (che comunque dovrebbe essere individuata in funzione del domicilio fiscale dell’impresa proponente), se cioè quello della domanda di nomina dell’esperto oppure quello in cui vengono avviate le trattative[21].
L’ultima parte del comma 2-bis dell’art. 23 prevede, infine, che l’accordo si risolva di diritto: i) in caso di apertura della liquidazione giudiziale o della liquidazione controllata o in caso di accertamento dello stato d’insolvenza; ii) per inadempimento se il debitore non esegue integralmente, entro sessanta giorni dalle scadenze previste, i pagamenti dovuti. Disciplina, questa, del tutto analoga a quella prevista dall’art. 63 con riguardo alla transazione fiscale attuata nell’ambito dell’accordo di ristrutturazione dei debiti (laddove il caso dell’apertura delle procedure liquidatorie o dell’accertamento dello stato d’insolvenza corrisponde alla prassi dell’Amministrazione finanziaria, che negli atti transattivi conclusi nell’ambito dell’accordo di ristrutturazione è solita indicare tali eventi come causa di risoluzione).
5. Il riferimento nel comma 2-bis dell’art. 23 all’accordo transattivo che segue una “proposta” del contribuente fa sì che sia difficile negarne, almeno sul piano formale, la configurabilità in termini di modulo consensuale. Senonchè il tema è quello delle coordinate che guidano l’espressione della determinazione dell’Amministrazione finanziaria.
In tal senso occorre considerare che, secondo quanto prevede il comma in questione, mentre il professionista indipendente deve attestare la convenienza della proposta rispetto all’alternativa della liquidazione giudiziale, nulla è detto con riferimento alla valutazione che pertiene alle Agenzie; di qui l’interrogativo se anche queste ultime, come parrebbe preferibile, devono orientare la decisione soltanto in funzione della maggiore convenienza della proposta rispetto all’alternativa liquidatoria senza considerare gli effetti dell’accordo ai fini del risanamento (valutazione che compete all’esperto prima e, poi, eventualmente al Tribunale).
Assumendo che all’interrogativo debba darsi una risposta positiva, allora, lato Amministrazione, si tratterebbe di un potere di accedere alla proposta che è anche dovere in quanto legato ad una alternativa che parrebbe “secca”, quella cioè proposta/esito della liquidazione giudiziale ossia tra quanto verrebbe riscosso in base alla proposta e quanto, invece, nell’alternativa liquidatoria. In buona sostanza, il “contenitore normativo”[22] dal quale discenderebbe la deroga al principio di indisponibilità dell’obbligazione tributaria, nella specie, individua anche il quantum “disponibile” e ciò, tuttavia, solo nel senso che non è accettabile il pagamento di meno di quanto verrebbe incassato nell’alternativa liquidatoria.
Nonostante in giurisprudenza, in relazione agli accordi transattivi concorsuali con gli enti impositori, non manchino riferimenti ad ampi margini di discrezionalità di cui sarebbe dotata l’Amministrazione[23], in realtà è difficile ipotizzarne di effettivi nella CNC, laddove l’Ufficio deve adottare la scelta che assicuri la maggiore soddisfazione secondo parametri oggettivi di valutazione rappresentati dal contenuto delle attestazioni.
Ed invero l’esercizio del potere amministrativo di addivenire all’accordo accettando la proposta, mediata dall’esperto, si inserisce nella cornice definita dalla proposta di accordo, dalla relazione dell’attestatore indipendente e da quella del revisore legale e dall’alternativa quantificazione della soddisfazione all’esito della liquidazione giudiziale. In tale cornice, si è visto, il ruolo dell’autorizzazione del Tribunale è di pura verifica della regolarità formale dell’accordo.
Si consideri che il Correttivo ter ha novellato anche l’art. 87 del Codice inserendovi nel comma 1, lett. c) una definizione chiara del valore di liquidazione, il quale viene fatto corrispondere «al valore realizzabile, in sede di liquidazione giudiziale, dalla liquidazione dei beni e dei diritti, comprensivo dell’eventuale maggior valore economico realizzabile nella medesima sede dalla cessione dell’azienda in esercizio nonché delle ragionevoli prospettive di realizzo delle azioni esperibili, al netto delle spese». Un intervento che mira a recepire la prassi che riteneva necessario considerare l’azienda come “viva” e operante e, come tale, meritevole di valorizzazione anche nell’ambito della simulazione dello scenario di liquidazione giudiziale, così opponendosi alla tesi che imponeva la equivalenza tra liquidazione giudiziale e vendita atomistica dei singoli asset; intervento che comunque non elimina la complessità della determinazione del valore del patrimonio aziendale, da operare in una logica “prospettica” e di accentuata variabilità (e opinabilità) dovendosi tener conto di un complesso di elementi futuri (continuità della gestione, valore dell’attivo liquidato in bonis o in sede fallimentare, esito delle azioni revocatorie o dei giudizi di responsabilità ecc.)[24].
La convenienza dell’“accordo transattivo” rispetto alla liquidazione giudiziale è esclusivamente quella economica[25], la cui valutazione prescinde del tutto dalla distinzione tra credito privilegiato o chirografario, da ciò derivandone che quanto offerto al Fisco dovrà essere superiore rispetto al grado di soddisfacimento complessivo che lo stesso riceverebbe in sede di liquidazione, tanto per i propri crediti privilegiati, quanto per quelli chirografari.
In altri termini, mediante una valutazione prognostica, si richiede la verifica circa l’esperibilità e il grado di accoglimento di eventuali revocatorie, in guisa da individuare il grado di soddisfacimento che sarebbe riservato al Fisco in caso di liquidazione e a questo rapportare quanto offerto con la proposta transattiva, il quale dovrà essere comunque superiore, nell’ottica evidenziata, rispetto all’alternativa liquidatoria.
Dovrebbero quindi rimanere estranei alla valutazione delle Agenzie non secondari interessi, nella prospettiva del risanamento, quali, ad esempio, quelli occupazionali e dell’indotto, i quali costituiscono «elementi esterni al modello partecipativo appartenendo solo alla sfera autocognitiva dell’Ufficio (almeno in teoria: nella pratica essi, pur richiamati nelle guidelines della prassi, sono di solito rappresentati dallo stesso contribuente)»[26].
Insomma l’adesione alla proposta da parte dell’Amministrazione finanziaria, in presenza della sua preferibilità all’esito liquidatorio, dovrebbe essere necessitata, attività di mero adempimento priva di momenti di discrezionalità[27]; manca in detta attività un effettivo momento volitivo (sussistendo solo quello intellettivo).Volendo azzardare un accostamento, il modulo consensuale in questione non appare molto distante dall’obbligo di contrarre del monopolista e dei concessionari di pubblici servizi di trasporto di cui agli artt. 1679 e 2597 c.c., obbligo soggetto alla parità di trattamento e all’osservanza delle condizioni generali volta a volta risultanti o direttamente dalla legge, ovvero dall’atto di concessione ovvero ancora (come accade per ENEL) dalla predisposizione da parte del monopolista, di schemi contrattuali standardizzati.
Nella transazione fiscale, in effetti, l’Amministrazione oltre ad essere obbligata nel fine, è altresì obbligata nel volere e ciò nel senso di non poter esercitare, una volta verificata la sussumibilità del caso concreto nella fattispecie generale e astratta, alcuna tipologia di scelta, divenendo l’applicazione della fattispecie un atto dovuto (specialmente nel silenzio dell’esperto).
Parlare di disponibilità dell’obbligazione tributaria in tal caso è un fuor d’opera posto che il comma 2-bis dell’art. 23 del Codice fissa condizioni e modalità dell’accordo. Ed invero, è stato a riguardo acutamente osservato, seppure con riferimento all’art. 63 del Codice, che se il concetto giuridico di indisponibilità, «deve essere inteso quale limitazione di una o più facoltà e poteri relativi al contenuto di una situazione giuridica soggettiva e, principalmente, delle facoltà di cessione, rinuncia, rifiuto o compensazione di essa, allora è evidente come nel caso in esame non parrebbe ricorrere nessuno dei ridetti poteri»[28].
6. Passando al tema della giustiziabilità dell’eventuale mancata accettazione della proposta di accordo transattivo certificata nella relazione finale dell’esperto che chiude la procedura di CNC con l’archiviazione, il tema nelle sue coordinate astratte non è nuovo.
Il “diniego” di transazione fiscale, infatti, benché inserito in un modulo consensuale, quanto all’Amministrazione finanziaria è pur sempre l’esito di un procedimento il cui atto finale, appunto, potrebbe consistere nel non accedere alla proposta del contribuente nonostante la sua preferibilità all’alternativa liquidatoria.
L’ipotesi della giustiziabilità del diniego evidentemente non è solo di scuola considerato che, se è pur vero che la suddetta proposta deve essere accompagnata dall’attestazione del professionista indipendente e che di tale relazione l’Amministrazione non può non tener conto, è altrettanto vero che non si può escludere di potersi imbattere in attestazioni che l’Amministrazione medesima non ritenga affatto convincenti se non palesemente errate; né si può postulare l’obbligo dell’Amministrazione di attenersi all’esito dell’attestazione senza poterla valutare nel suo contenuto. Di qui il possibile interesse del contribuente all’impugnazione allorquando voglia “difendere” l’attestazione.
Orbene, nel senso della non giustiziabilità parrebbero deporre le previsioni relative al cram down fiscale in sede di omologa degli accordi di ristrutturazione e del concordato preventivo in una logica del tipo ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit. Se, infatti, il legislatore ha previsto espressamente il possibile superamento della determinazione dell’Amministrazione finanziaria contraria all’accordo in procedure di regolamentazione della crisi “giudiziali”, è ragionevole ritenere che l’assenza di analoghe previsioni nei moduli, come la CNC, meramente consensuali è indicativa della volontà di escludere soluzioni di analoga portata (oltretutto laddove, come, appunto, nella CNC, l’intervento del giudice è solo di “benedizione” formale dell’accordo).
Senonché, ove si acceda alla tesi dell’accostamento dell’accordo transattivo che ne occupa in termini di obbligo legale di contrarre in capo all’Amministrazione finanziaria, alla quale sarebbe sempre imposto l’accordo sussistendone la convenienza economica rispetto all’alternativa liquidatoria (in assenza finanche di momenti di mera discrezionalità tecnica), si potrebbe forse addirittura ipotizzare la strada del ricorso alla sentenza costitutiva di cui all’art. 2932 c.c. Ed invero, benché la fruibilità di tale strumento nel caso di violazione dell’obbligo legale di contrarre sia dibattuta nella dottrina civilistica, come noto alcuni precedenti della Suprema Corte l’ammettono[29].
Strada, questa appena ipotizzata, che presupporrebbe evidentemente la giurisdizione dell’AGO. Giurisdizione che troverebbe peraltro conferma, non tuttavia nella sua declinazione del giudice competente in ordine alle procedure concorsuali o paraconcorsuali[30] non potendosi considerare tale la CNC, nella rilevata assenza di discrezionalità nell’attività dell’Amministrazione finanziaria volta alla valutazione della proposta del contribuente[31].
Nella ricostruzione di cui sopra, in particolare, l’alternativa dell’accordo transattivo, nel caso di sua preferibilità alla soluzione liquidatoria, si configura, in termini di diritto soggettivo perfetto.
La giurisdizione dell’AGO potrebbe essere postulata, a ben vedere, anche ipotizzando un percorso diverso da quello del ricorso all’art. 2932 c.c. ossia quello della tutela risarcitoria avverso l’illegittimo diniego.
Nè, assumendo la giustiziabilità della mancata accettazione della proposta transattiva, può essere aprioristicamente esclusa la giurisdizione esclusiva tributaria in ragione della portata dell’elenco degli atti impugnabili dinanzi alle Corti di Giustizia tributarie di cui all’art. 19 D.Lgs. n. 546/92, portata che, come noto, ha finora tollerato la giustiziabilità anche di atti innominati con funzione comunque impositiva, e ciò in quanto la predetta disposizione riguarda i c.d. limiti interni della giurisdizione esclusiva tributaria, venendo in considerazione solo una volta appurata l’appartenenza della lite alla cognizione del Giudice tributario[32]. E ciò pur senza considerare che non sono mancati in giurisprudenza tentativi di ricondurre il diniego di transazione fiscale nella lett. h) del suddetto art. 19 sul presupposto che la transazione, in luogo del pagamento del dovuto, è una forma di «definizione agevolata del rapporto tributario in corso, dovendosi correttamente riferire tale espressione […] ad ogni residuale forma di chiusura del rapporto tributario con una posizione vantaggiosa per il contribuente»[33].
(*) Il saggio è stato sottoposto a double blind peer review con valutazione positiva. Esso confluirà nel fascicolo n. 1/2025 (semestrale) della Rivista telematica di diritto tributario.
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
Allena M., La transazione fiscale nell’ordinamento tributario, Padova, 2017, 34
Andreani G., Le misure premiali fiscali nella composizione negoziata della crisi, in Diritto della crisi, 14 ottobre 2024
Andreani G., Transazione fiscale, indisponibilità del credito tributario e composizione negoziata della crisi, in Diritto della crisi, 15 gennaio 2024, 8 ss.
Andreani G., L’introduzione della “transazione fiscale” nella composizione negoziata della crisi, in Diritto della crisi, 30 settembre 2024, 17 ss.
Audino A., Art. 48, in Alberti M. (a cura di), Commentario breve alle leggi su crisi d’impresa ed insolvenza, Padova- Milano, VII ed., 2023, 314-315
Audino A., Art. 112, in Alberti M. (a cura di), Commentario breve alle leggi su crisi d’impresa ed insolvenza, Padova- Milano, VII ed., 2023, 803 ss.
Bana M., Transazione fiscale estesa alla composizione negoziata della crisi, in il fisco, 2024, 41, 3815 ss.
Del Federico L., Margini di tutela del debitore-contribuente e riparto di giurisdizione in tema di transazione fiscale, in Tax News – Supplemento online Riv. trim. dir. trib., 2021, 2, 451 ss.
Del Federico L., Transazione fiscale, profili procedimentali e tutela del contribuente, in Fregni M.C. – Giovannini A. – Logozzo M. – Pierro M. – Sammartino S. – Sartori N. (a cura di), Studi in memoria di Francesco Tesauro, tomo II, Milano, 2023, 757
Ficari V., Accordi e “formazione condivisa” di atti impositivi e di valori imponibili alla luce della riforma tributaria, in Riv. trim. dir. trib., 2024, 2, 259 ss.
Ficari V., Transazione fiscale e disponibilità del “credito” tributario: dalla tradizione alle nuove “occasioni” di riduzione “pattizia” del debito tributario, in Riv. dir. trib., 2016, 4, I, 481 ss.
Ficari V., Spunti controcorrente su giurisdizione ordinaria e mancata transazione fiscale, in Tax News – Supplemento online Riv. trim. dir. trib., 2022, 2, 741 ss.
Fiorentino S., La nuova “transazione fiscale” tra discrezionalità (tecnica) e riparto giurisdizionale, in Fregni M.C. – Giovannini A. – Logozzo M. – Pierro M. – Sammartino S. – Sartori N. (a cura di), Studi in memoria di Francesco Tesauro, tomo II, Milano, 2023, 763 ss.
Fransoni G., Trattamento dei debiti tributari e concordato preventivo: dal procedimento al processo, in Rass. trib., 2021, 2, 304 ss.
Golisano M., La nuova “transazione fiscale” dell’art. 63 del Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, in Riv. trim. dir. trib., 2019, 3, 499 ss.
Guidara A., Indisponibilità del tributo e accordi in fase di riscossione, Milano, 2010, 61 ss.
Marini G., La transazione fiscale: profili procedimentali e processuali, in Paparella F. (cura di), Il diritto tributario delle procedure concorsuali e delle imprese in crisi, Milano, 2013, 679 e
Nigro A. – Vattermoli D., Diritto della crisi delle imprese. Le procedure concorsuali, Bologna, VI ed., 2023, 93 s.
Pagano A.J., Composizione negoziata della crisi e profili fiscali: tra problemi irrisolti e prospettive future, in Dir. prat. trib., 2024, 3, 949 ss.
Paparella F., La questione distributiva nelle procedure concorsuali nel rapporto tra i crediti tributari e i diritti degli altri creditori, in Riv. dir. trib., 2023, I, 227
Versiglioni M., Accordo e disposizione nel diritto tributario. Contributo allo studio dell’accertamento con adesione e della conciliazione giudiziale, Milano, 2001, 321 ss.
[1] Espressione comunque ritenuta “imprecisa sul piano giuridico ed in parte superata dalle indicazioni legislative”: così Paparella F., La questione distributiva nelle procedure concorsuali nel rapporto tra i crediti tributari e i diritti degli altri creditori, in Riv. dir. trib., 2023, I, 227.
[2] Sulla nozione di indisponibilità con specifico riferimento all’ordinamento tributario, tra gli altri, v. Guidara A., Indisponibilità del tributo e accordi in fase di riscossione, Milano, 2010, 61 ss. e Versiglioni M., Accordo e disposizione nel diritto tributario. Contributo allo studio dell’accertamento con adesione e della conciliazione giudiziale, Milano, 2001, 321 ss.
[3] Diversamente, nel senso che il principio di indisponibilità dell’obbligazione tributaria avrebbe copertura costituzionale, non intendendo tuttavia l’indisponibilità come intangibilità assoluta dell’esistenza e della misura del debito, in dottrina v. Allena M., La transazione fiscale nell’ordinamento tributario, Padova, 2017, 34.
[4] Cfr. Paparella F, op. cit., 226.
[5] V. Corte cost., sent. 29 novembre 2019, n. 245, nella quale, con specifico riferimento ad un accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento con coinvolgimento dell’IVA (art. 7, comma 1, terzo periodo, L. n. 3/2012), si legge quanto alle pretese tributarie che «non può non rimarcarsi […] che, in questo ambito, la possibilità di operare la falcidia, compensata dalla maggiore soddisfazione garantita rispetto alla alternativa liquidatoria, costituisce diretta espressione dei canoni di economicità ed efficienza ai quali deve conformarsi, ai sensi dell’art. 97 Cost., l’azione di esazione della PA.
La possibilità di prospettare un pagamento anche parziale dell’obbligazione tributaria, pur se assistita da prelazione, a fronte della grave situazione debitoria del proponente, non adeguatamente supportata da un patrimonio tale da assicurare l’effettività della riscossione anche coattiva della relativa pretesa, garantisce il male minore, sia per il privato debitore, sia per l’amministrazione finanziaria: il primo, attraverso tale decurtazione, può evitare azioni liquidatorie complessive, se del caso anche protraendo l’attività economica sino a quel momento svolta, acquisendo anche il diritto alla esdebitazione; la seconda realizza il miglior risultato possibile alla luce della condizioni patrimoniali e finanziarie del contribuente, evitando di far ricadere sulla comunità l’onere delle conseguenze finanziarie corre late ad una escussione fortemente posta in dubbio quanto alle effettive possibilità di recuperare il credito in termini più favorevoli rispetto al quantum proposto dal debitore».
[6] Così Cass., Sez. Un., ord. 25 marzo 2021, n. 8504, commentata in modo parzialmente critico, tra gli altri, da Del Federico L., Margini di tutela del debitore-contribuente e riparto di giurisdizione in tema di transazione fiscale, in Tax News – Supplemento online Riv. trim. dir. trib., 2021.
[7] Si legge nella circ. 29 dicembre 2020, n. 34 che «la ratio sottesa all’istituto della transazione fiscale (art. 182-ter, LF) inizialmente nato per tutelare, in misura prevalente, gli interessi erariali e l’azione amministrativa, si è evoluta nel senso di contemperare i predetti interessi con la massima salvaguardia della continuità aziendale e dei connessi livelli occupazionali. Le finalità dell’istituto si sono in tal modo assestate nell’ottica di individuare soluzioni condivise tra gli operatori economici e il Fisco, così da consentire un equo contemperamento tra gli interessi dei primi e quelli erariali».
[8] V. Ficari V., Accordi e “formazione condivisa” di atti impositivi e di valori imponibili alla luce della riforma tributaria, in Riv. trim. dir. trib., 2024, 2, 271.
[9] V. Circ. 18 aprile 2008, n. 40/E, circ. 29 dicembre 2020, n. 34/E e Risposta ad interpello n. 443/2023.
[10] Su cui, tra gli altri, v. Andreani G., Le misure premiali fiscali nella composizione negoziata della crisi, in Diritto della crisi, 14 ottobre 2024 e Pagano A.J., Composizione negoziata della crisi e profili fiscali: tra problemi irrisolti e prospettive future, in Dir. prat. trib., 2024, 3, 949 ss.
[11] Una conferma dell’inutilizzabilità della transazione fiscale in ambito di CNC si rinviene nel decreto dirigenziale 28 settembre 2021 (aggiornato con il decreto 21 marzo 2023), il quale prevede che l’esperto nominato per il predetto strumento, nell’indicare l’esito delle trattative, può suggerire (nel caso, evidentemente, di una rilevante debitoria fiscale), il ricorso alla transazione fiscale attuata mediante un accordo di ristrutturazione dei debiti o un concordato preventivo; in giurisprudenza nel senso che «la falcidia delle obbligazioni tributarie non è consentita nell’ambito della composizione negoziata, atteso che la c.d. transazione fiscale è disciplinata unicamente dagli artt. 63 e 88 CCII, rispettivamente con riferimento agli accordi di ristrutturazione dei debiti ed al concordato preventivo», onde «in presenza di debiti tributari, la situazione di crisi o di insolvenza reversibile può trovare soluzione nell’ambito della composizione negoziata unicamente quando il debito tributario venga composto secondo gli strumenti di volta in volta consentiti dalla legge per la definizione del debito tributario e dalle conseguenti determinazioni di Agenzia delle entrate», v. Trib. Monza, 17 aprile 2023.
[12] In questi termini la sopra citata ordinanza delle Sezioni Unite n. 8504/2019.
[13] Così ancora Ficari V., op. e loc. cit., 272; sul punto v. anche Andreani G., Transazione fiscale, indisponibilità del credito tributario e composizione negoziata della crisi, in Diritto della crisi, 15 gennaio 2024, 8 ss.
[14] Senonchè, osservava giustamente Andreani G., op. e loc. ult. cit., 17, che, «sulla base dell’orientamento generale», hanno finora avuto accesso alla CNC «anche i soggetti che si trovano in un reale stato di crisi, talvolta costituito persino da una situazione d’insolvenza (purchè risanabile), nel qual caso è difficile che le misure di cui all’articolo 25-bis si rivelino sufficienti, come i primi due anni di applicazione dell’istituto di cui trattasi hanno ampliamente dimostrato».
[15] Ritiene errata la prassi in senso contrario di taluni Uffici dell’Agenzia delle Entrate, Andreani G, op. e loc. ult. cit., 14-15; in giurisprudenza sul punto cfr. decreto del Tribunale di Bergamo in data 21.9.2022 rinvenibile al seguente indirizzo https://www.transazione-fiscale.it/wp-content/uploads/2023/10/Tribunale-di-Bergamo-21-settembre-2022.pdf.
[16] V. l’ultimo comma dell’art. 23 del Codice.
[17] Così Bana M., Transazione fiscale estesa alla composizione negoziata della crisi, in il fisco, 2024, 41, 3815 ss., il quale attribuisce all’intervento del Tribunale il ruolo di mero “certificatore” della regolarità della documentazione allegata, salvo poi precisare che il predetto intervento potrebbe «non essere meramente formale, ma maggiormente sostanziale, al fine di accertare la sussistenza di alcune circostanze essenziali, soprattutto se non già risultanti dalle predette relazioni allegate, in particolare che: – i creditori fiscali hanno ricevuto aggiornate e complete informazioni sulla situazione patrimoniale, finanziaria e reddituale del debitore, nonché sull’accordo e i propri effetti; – il piano di risanamento sottostante all’accordo è coerente con la regolazione della crisi d’impresa o dell’insolvenza; – le trattative si sono svolte secondo correttezza e buona fede; – l’intesa non risulta pregiudizievole per gli altri creditori»; nello stesso senso si esprime Andreani G., L’introduzione della transazione fiscale nella composizione negoziata della crisi, cit., 11, secondo cui la regolarità che il Tribunale è chiamato ad accertare è quella formale «considerata l’esigenza di non snaturare la CNC e di evitare un procedimento giurisdizionale per sostituire il consenso dei creditori pubblici»; ciò, tuttavia, ritenendo altresì che «la funzione del giudice non possa essere meramente “notarile” e che, in presenza di ragioni anche sostanziali che rendano l’accordo pregiudizievole rispetto al risanamento, debba anche solo per tale motivo dichiarane l’inefficacia».
[18] Secondo Nigro A. – Vattermoli D., Diritto della crisi delle imprese. Le procedure concorsuali, Bologna, VI ed., 2023, 93 s., il procedimento di CNC non rappresenta «neppure un meccanismo di soluzione (o composizione) della crisi in senso stretto, avendo quale obiettivo prioritario quello di agevolare la conclusione dell’accordo tra il debitore e i creditori (che rappresenta, in senso proprio, lo strumento di soluzione della crisi), attraverso, per un verso, una puntuale regolamentazione delle trattative che precedono il perfezionamento dello stesso e, per altro verso, l’opera di un professionista negoziatore all’uopo incaricato (l’esperto)».
[19] Per riferimenti giurisprudenziali sull’oggetto del giudizio di omologazione v. Audino A., Art. 48, in Alberti M. (a cura di), Commentario breve alle leggi su crisi d’impresa ed insolvenza, Padova- Milano, VII ed., 2023, 314-315 nonché dello stesso Autore, Art. 112, ivi, 803 ss.
[20] Rileva Bana M., Transazione fiscale estesa alla composizione negoziata della crisi, cit., come la comunicazione all’esperto consente allo stesso di «verificare la coerenza dell’accordo rispetto alle trattative in corso oppure alle intese perfezionate con altri creditori» (laddove, invece, l’informativa in questione potrebbe risultare superflua «qualora l’intesa sia perfezionata nella forma di accordo stragiudiziale, che richiede la sottoscrizione dell’esperto, con la quale costui dà atto che il piano è coerente con la regolazione della crisi o dell’insolvenza»).
[21] Nel senso che si dovrebbe aver riguardo al momento in cui vengono avviate le trattative si esprime Andreani G., L’introduzione della “transazione fiscale” nella composizione negoziata della crisi, in Diritto della crisi, 30 settembre 2024, 17.
[22] L’espressione è tratta da Ficari V., Transazione fiscale e disponibilità del “credito” tributario: dalla tradizione alle nuove “occasioni” di riduzione “pattizia” del debito tributario, in Riv. dir. trib., 2016, 4, I, 487.
[23] Di «ampia discrezionalità riconosciuta all’Amministrazione finanziaria nello stipulare accordi transattivi concorsuali» parla la citata ordinanza delle Sezioni Unite n. 8504/2021; di disponibilità “controllata” dell’obbligazione tributaria da parte dell’Amministrazione finanziaria, riconoscendo un certo margine di discrezionalità nello stipulare i predetti accordi, parla Allena M., op. cit., 192 ss.
[24] Cfr. Fransoni G., Trattamento dei debiti tributari e concordato preventivo: dal procedimento al processo, in Rass. trib., 2021, 2, 323.
[25] Per una ricognizione dei criteri utilizzabili per apprezzare la convenienza rispetto alla liquidazione giudiziale v., tuttavia, Paparella F., cit., 240, che, tra l’altro, pone l’accento sui termini di adempimento (ad avviso di chi scrive comunque potendo rientrare, tali termini, nel parametro della convenienza economica).
[26] Così ancora Ficari V., Accordi e “formazione condivisa” di atti impositivi e di valori imponibili alla luce della riforma tributaria, cit., 273, che, tuttavia, non si riferisce alla transazione fiscale “interna” alla CNC.
[27] Con riferimento all’omologazione sostitutiva del Tribunale fallimentare relativa alla proposta di transazione fiscale, testualmente legata alla condizione della maggiore convenienza rispetto all’alternativa liquidatoria, esclude l’esistenza di spazi di vera e propria discrezionalità amministrativa (non tecnica) Fiorentino S., La nuova “transazione fiscale” tra discrezionalità (tecnica) e riparto giurisdizionale, in Fregni M.C. – Giovannini A. – Logozzo M. – Pierro M. – Sammartino S. – Sartori N. (a cura di), Studi in memoria di Francesco Tesauro, tomo II, Milano, 2023, 763 ss.
[28] Golisano M., La nuova “transazione fiscale” dell’art. 63 del Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, in Riv. trim. dir. trib., 2019, 3, 499 il quale così si esprime con riferimento alla transazione fiscale nell’ambito degli accordi di ristrutturazione.
[29] È il caso di Cass. n. 86/3914; contra Cass. n. 78/298.
[30] Come invece ritenuto dalle Sezioni Unite nell’ordinanza n. 8504/2021 a proposito di un rigetto di proposta di trattamento dei crediti tributari nell’ambito di un accordo di ristrutturazione dei debiti ex artt. 182-bis e ter della legge fallimentare.
[31] Assumendo che in assenza di discrezionalità amministrativa e in presenza di una posizione giuridica di diritto soggettivo in capo al contribuente proponente possa non venire in considerazione il divieto per gli organi giurisdizionali di sostituirsi, nella decisione di merito, alla Pubblica Amministrazione di cui agli artt. 4 e 5 L. n. 2248/1865, allegato E: sul punto cfr. Del Federico L., Transazione fiscale, profili procedimentali e tutela del contribuente, in Studi in memoria di Francesco Tesauro, cit., 757 e Ficari V., Spunti controcorrente su giurisdizione ordinaria e mancata transazione fiscale, in Tax News – Supplemento online Riv. trim. dir. trib., 2022, 2, 741. Per l’applicazione dell’art. 2932 c.c. anche nei rapporti con la Pubblica Amministrazione v., ad esempio, Cass., sez. I civ., 21 febbraio 2017, n. 4400, secondo cui nelle assegnazioni in locazione di alloggi di edilizia economica e popolare con patto di futura vendita l’assegnatario vanta, quando si siano maturati i presupposti, e alle condizioni di cui al patto stesso, un diritto al trasferimento del diritto di proprietà sull’alloggio assegnatogli, tutelabile dinanzi al giudice ordinario, al quale l’assegnatario può rivolgersi per ottenere una sentenza che tenga luogo del contratto non concluso, appunto, a norma dell’art. 2932 cc.: ciò la Corte argomentando dal fatto che la pronuncia ottenibile sulla base dell’anzidetta disposizione, «non configurando un provvedimento esecutivo per la realizzazione coattiva di un “facere” della pubblica amministrazione, ne’ interferendo sul potere dispositivo delle parti, ma bensì configurando un atto costitutivo rivolto ad attuare direttamente la volontà della legge, in relazione all’accertamento dell’imputabile inadempienza del soggetto obbligato alla prestazione del consenso, non implica alcuna violazione del divieto di annullare, revocare o sostituire l’atto amministrativo, posto dall’art. 4 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E»).
[32] Con riferimento al cram down in sede di omologa del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione nei confronti dell’Amministrazione finanziaria e degli enti previdenziali di cui all’art. 48, comma 5, del Codice, nel senso della impugnabilità dinanzi al Giudice tributario del parere obbligatorio e vincolante della Direzione regionale nonché del diniego di transazione fiscale basato su una illegittima quantificazione/certificazione dell’indebitamento tributario v. Del Federico L., op. ult. cit., 753 ss.
[33] Così Cons. St., sez. IV, n. 4341/2008; in dottrina cfr. Marini G., La transazione fiscale: profili procedimentali e processuali, in Paparella F. (cura di), Il diritto tributario delle procedure concorsuali e delle imprese in crisi, Milano, 2013, 679 e Del Federico L, op. ult. cit., 759.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link