Dal fiore della speranza nasce il seme della pace: 6° Giovedì di Santa Rita

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Proseguono le riflessioni delle monache del Monastero Santa Rita da Cascia e dell’agostiniano Padre Pasquale Cormio, sui 15 Giovedì , che in quest’anno giubilare, sono incentrate sul Portare la Speranza insieme a Santa Rita!

Semi di speranza: la pace

Nell’anno del Giubileo risuona con insistenza l’invito a desiderare e alimentare la speranza, a ricercare quei semi a partire dai quali la speranza può rifiorire nella nostra storia e nella nostra vita. Uno dei primi semi da spargere con abbondanza è il seme della pace.

Da dove partire se vogliamo costruire la pace?

Dallo scavo delle fondamenta, che papa Francesco individua in un’attenzione da porre «al tanto bene presente nel mondo per non cadere nella tentazione di ritenerci sopraffatti dal male e dalla violenza». L’esigenza della pace è un appello che riguarda tutti: in uno scenario mondiale interpella i responsabili delle Nazioni, per i quali preghiamo perché pongano fine ai troppi conflitti in corso; in uno scenario familiare e comunitario riguarda tutti i membri che ne fanno parte, perché non siano preda della violenza, della sopraffazione, dell’odio reciproco; in un contesto personale, ciascuno di noi deve vigilare sui propositi e sulle scelte da adottare perché il cuore non sia occupato dal peccato, causa di disgregazione e divisione con sé stessi, con gli altri e con Dio.

Per Agostino chi ricerca la pace contribuisce a diffonderne l’effetto benefico e salutare, ed invita altri a possedere questo bene prezioso, la cui condivisione non comporta una diminuzione, ma un accrescimento:

Se ami, tieni e possiedi la pace, puoi invitarne quanti vuoi alla partecipazione di questo possesso. […] Se vuoi con te pochi partecipi della pace, avrai una pace ben limitata. Ma se vuoi veder crescere questo tuo possesso, aumenta il numero dei possessori.

Sant’Agostino – (serm. 357, 1-2)

La sede ufficiale della pace è il cuore dell’uomo; se la possiedi, la comunichi agli altri. Con il linguaggio del fuoco che brucia, il vescovo di Ippona incoraggia ad amare la pace:

Ardi d’amore tu, così sarai in grado di attirare un altro allo stesso amore, in modo che egli veda ciò che tu vedi, ami ciò che tu ami, possegga ciò che tu possiedi. È come se ti parlasse la pace, la tua diletta, e ti dicesse: “Amami e mi avrai sempre”.

Sant’Agostino – (serm. 357, 3).

Come si realizza un programma di pace?

Un primo passo è considerare che la pace vera e duratura è dono di Dio, da implorare nella preghiera: Cristo, infatti, ne è l’autore, l’istitutore, il fondatore. Nella Messa rispondiamo all’invito del sacerdote: “La pace del Signore sia sempre con voi”, riconoscendo che la pace, lasciata in eredità da Gesù, è la sua stessa vita donata, perché ogni conflitto sia spento non con la forza delle armi, ma dell’amore. Per essere nella pace occorre dunque coltivare la virtù della mitezza, curare la via del dialogo e del confronto con gli altri: spesso l’incomunicabilità e la chiusura in sé stessi è all’origine di tante situazioni conflittuali. Pregare per i propri nemici e persecutori o per chi si rivela ostile con un suo gesto o una parola, aiuta a irrobustire la pazienza, l’attesa di chi si augura che un avversario si trasformi in amico della pace. Anche il modo di esprimersi scaturisce da ciò che si custodisce nel cuore, deve essere improntato alla benedizione, a un dire-bene dell’altro. Infine alla causa della pace concorre la volontà di perdonare e di riconciliarsi con chi ci ha offesi, mettendo da parte rancore ed orgoglio

Santa Rita e la scuola della pace

Santa Rita è cresciuta alla scuola della riconciliazione e del perdono, aiutata dai suoi genitori, che ricoprivano il compito di “pacieri”, di costruttori di pace nel tempo in cui la violenza e gli scontri tra guelfi e ghibellini erano nella loro massima espressione.

Sant’ Agostino non esita a definire la pace come “la nostra diletta, la nostra amica” (serm. 357, 1) e, sempre lui, ci dice che chi la ricerca contribuisce a diffonderne l’effetto benefico e salutare, ed invita altri a possedere questo bene prezioso, la cui condivisione non comporta una diminuzione, ma un accrescimento.

Quanti si fanno operatori di pace, potranno essere chiamati a buon titolo come figli di Dio.





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