I numeri spiegano perché Giorgetti è il Ministro delle Finanze dell’anno

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito


di ANTONIO GOZZI

Qualche settimana fa Giancarlo Giorgetti è stato indicato dalla rivista ‘The Banker’, pubblicazione mensile del Financial Times, come il Ministro delle Finanze dell’anno 2024.

Tra le motivazioni del riconoscimento “l’aver onorato il suo impegno a ridurre il crescente deficit in Italia e l’aver sostenuto gli investimenti pubblici con un piano a lungo termine volto a ridurre l’imponente rapporto debito/PIL”.

Per la testata inglese, letta in oltre 120 paesi, il Ministro italiano si è guadagnato il rispetto per la sua attività concreta e silenziosa e per la sua capacità di stimolare, nei limiti del possibile, la crescita stabilizzando l’economia italiana.

Fare il ministro dell’Economia e delle Finanze in Italia, secondo la rivista britannica, è un compito ingrato. I problemi economici che affliggono il Paese sono molteplici: crescita lenta, bassa produttività dei servizi e della Pubblica Amministrazione, significativa evasione fiscale e uno dei maggiori oneri del debito pubblico del mondo.

Ciò spiega perché negli ultimi due decenni molti governi italiani hanno fatto ricorso alla nomina di ministri dell’Economia e delle Finanze tecnici.

Nelle motivazioni del riconoscimento a Giorgetti, il mensile inglese cita anche la Commissione Europea che ha elogiato il suo lavoro, giudicando la legge di bilancio italiana del 2025 in linea con le raccomandazioni della Commissione stessa e con le sue regole, e definendo il piano di rimborso del debito “credibile e sostenibile”.

Per un Paese come il nostro, che ha un debito pubblico monstre, avere credibilità e reputazione internazionale è fondamentale. La sottoscrizione del debito e il suo costo sono funzione di questa reputazione e credibilità, e quindi avere un Ministro delle Finanze serio ed efficace riduce il costo del debito e lo rende più sostenibile.

L’efficacia nella gestione dei conti pubblici italiani è stata recentemente certificata dall’Istat. L’Italia torna, per la prima volta dopo il 2019, all’avanzo primario: + 0,4 per cento. Il dato è migliore anche delle stime del Governo, che prevedevano un + 0,1 per cento. Stesso discorso per il deficit sul PIL: – 3,4 per cento contro il -3,8 per cento previsto dal Governo.

Il miglioramento è sostanziale e di grande importanza, soprattutto se si tiene conto che nel 2023 il deficit è stato pari al 7,2 per cento del PIL. Come giustamente rilevato da Luciano Capone sul ‘Foglio’ di qualche giorno fa, si tratta del più corposo consolidamento fiscale del dopoguerra, che per giunta non ha danneggiato la crescita. Il PIL è cresciuto dello 0,7 per cento, esattamente come nel 2023 e vi sono alcuni analisti che sostengono che la crescita del PIL nel 2024 potrebbe arrivare, con le ultime rilevazioni, fino allo 0,8 per cento.

Giancarlo Giorgetti commentando questi dati ha dichiarato con semplicità e sobrietà: “I dati Istat confermano che la finanza pubblica italiana è in una condizione migliore del previsto. L’avanzo primario certificato dall’Istat è una soddisfazione morale”.

Avere un quadro di finanza pubblica sotto controllo, nonostante il grande debito dell’Italia, è estremamente importante in una fase così difficile come l’attuale. L’anno scorso, a causa dell’effetto superbonus sul bilancio pubblico, sempre l’Istat aveva certificato un deficit fuori controllo, circa 2 punti di PIL in più rispetto alle previsioni, e ciò proprio a causa dei crediti fiscali da superbonus che spuntavano come funghi in grande quantità.

Oggi, dopo un anno, non solo la falla del superbonus è stata finalmente tappata ma l’Istat certifica una situazione migliore delle previsioni ufficiali.

Tutto ciò è il frutto di un incremento delle entrate del più 3,7 per cento e di una riduzione delle uscite del -3,6 per cento.

L’incremento delle entrate è dovuto essenzialmente a due fattori: recupero dell’evasione (cresce il gettito di tutte le imposte dirette, cresce il gettito dell’Iva, crescono i versamenti per contributi sociali) e aumento dell’occupazione complessiva che ha, anch’essa, incrementato le entrate per imposte dirette e contributi sociali.

La caduta delle uscite è sostanzialmente dovuta al crollo della voce “contributi agli investimenti”, in sostanza la fine delle agevolazioni edilizie dovute al superbonus.

In sintesi, sia pure in un anno difficile come il 2024, si è riusciti a tenere sotto controllo il deficit e il debito senza deprimere oltre modo l’economia.

Bravo Giorgetti!! Operazione di equilibrio riuscita, e non era scontato.

Ma, come si diceva, il mestiere di Ministro dell’Economia e delle Finanze è un mestiere molto difficile e il 2025 si presenta, se possibile, come una sfida ancor più dura di quella dell’anno prima: stagnazione economica generalizzata in molte parti del mondo, rivolgimenti internazionali, eventi bellici non risolti, prezzo dell’energia, guerre commerciali e dazi, crisi  gravi di  alcuni settori industriali con conseguente crescita della CIG, segnano la situazione attuale in maniera per certi versi drammatica.

L’Italia ha ancora bisogno di un Ministro dell’Economia e delle Finanze come Giancarlo Giorgetti, che con la sua serietà e sobrietà tenga la barra dritta ma contemporaneamente trovi il modo di dare una mano all’economia reale e alle imprese italiane, contribuendo a rafforzare ulteriormente la credibilità internazionale dell’Italia.



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link