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ecco il piano per i dipendenti #finsubito prestito immediato


Il Cda della Rai ha deciso gli interim per tre direttori – Tg3 con Terzulli, TgR con Pacchetti, RaiSport con Mascolo – ma ha soprattutto scelto di intraprendere un percorso di rinnovamento industriale e di innovazione culturale che passa anche dalla deliberazione di avviare un piano di pre-pensionamenti su base volontaria per i circa 13mila dipendenti del servizio pubblico. Chi vuole, e ne ha i requisiti, può lasciare l’azienda anzitempo, un’azienda nella quale l’età media dei dipendenti supera abbondantemente i 50 anni. E non c’è neanche un giornalista sotto i 30 anni.

Nessun esodo forzato, ma figuriamoci. Il voto in Cda riguarda la possibilità, per «operai, impiegati, quadri, dirigenti, giornalisti», di anticipare il momento della pensione. Potranno andarci con la spinta di un incentivo – non è stata stabilita la quota di denaro per facilitare le uscite, ma dovrebbe trattarsi almeno di due anni di stipendio una volta lasciata la Rai – tutti coloro che hanno raggiunto quota cento (62 anni d’età e 38 di lavoro) e i lavoratori vicini ai 67 anni e con una ventina d’anni di contribuzione. Quanti saranno ad uscire? Questo non si sa essendo su base volontaria l’uscita e dipendendo dall’entità delle buonuscite. Un altro piano di pre-pensionamenti, che non coinvolgeva però al contrario di questo i giornalisti, ha avuto oltre trecento adesioni. E stavolta? Un piano così non solo, ragionano ai vertici del palazzo di Viale Mazzini, può generare risparmi aziendali ma soprattutto aiuta il ricambio generazionale. Perché la televisione pubblica che aspira a diventare una digital media company ha bisogno di immettere giovani abituati al linguaggio e alle tecniche della comunicazione più innovativa. Per due che vanno via verrà assunto un giovane? Questo lo schema di massima ma si vedrà. Intanto, il ragionamento che circola ai piani alti è il seguente: «E’ come nel calcio. Devi svecchiare la squadra, anche se è una grande squadra, per andare a prendere giocatori più giovani che possono garantire un nuovo percorso». Nessun proposito di rottamazione, per carità, anche se il sindacato dell’Usigrai già protesta ma l’idea di un rinnovamento non può non essere naturale in un’azienda che deve affrontare le sfide della contemporaneità e stare su un mercato internazionale molto competitivo.

IL FUTURO

C’è chi dice intanto: se aderissero in mille, tra i dipendenti, sarebbe un colpaccio. Ma non potrebbero aderire ancora più persone? Dipende da come verranno invogliate a farlo. In Cda, il rappresentante dei dipendenti, Davide Di Pietro, si è schierato contro questo piano di incentivazione all’esodo volontario. «Tale manovra – così osserva – continua a generare carenze di organico, mettendo a rischio la tenuta di interi settori, aggravando situazioni già al limite della sostenibilità». E ancora: «Sarebbe auspicabile iniziare a considerare tutti i lavoratori della Rai come una risorsa da valorizzare e non come un numero e un costo da ridurre».

Ieri si è riunito anche il Cda di Rai Pubblicità, presieduta da Maurizio Fattaccio, e ha nominato ad Luca Poggi. In più, l’ad di Viale Mazzini, Giampaolo Rossi, e il consiglio del servizio pubblico hanno deciso un’altra mossa importante. Che in serata, a Borse chiude, è stata annunciata così, con un comunicato congiunto tra mondo Rai e mondo Mediaset: «Rai, F2i e MFE (MediaForEurope) hanno sottoscritto un Memorandum of understanding non vincolante per l’avvio di taluni approfondimenti preliminari sugli aspetti industriali di una eventuale aggregazione tra Rai Way ed Ei Towers». Si è deciso di lavorare insomma a un’ipotesi di fusione con Mediaset per quanto riguarda le torri di trasmissione. Un’operazione importantissima, in prospettiva, che per ora significa un’apertura di dialogo per verificare se esistono le condizioni industriali per realizzarla, arrivando ad avere un‘unica società. Mediaset, non da ora, è interessata. RaiWay non da ora si dice disposta a cedere una parte di quote. E per questo eventuale sviluppo di un’idea, molto concreta e sulla quale si crede assai da più parti, già c’è il via libera del Mef.

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