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Nuova tassazione auto aziendali date ai dipendenti, con le modifiche questo fringe benefit ha poco senso #finsubito prestito immediato – richiedi informazioni –


Le modifiche proposte nella Legge di Bilancio introducono un nuovo regime fiscale per le auto aziendali concesse in uso promiscuo. Questa riforma, secondo le associazioni di categoria Aniasa e Anfia, rischia di trasformare un importante fringe benefit in un onere eccessivo per i dipendenti e per le imprese. Le auto aziendali sono una quota importante del mercato automobilistico italiano, pari al 45% delle immatricolazioni complessive nel 2023. L’aumento della tassazione previsto dal nuovo regime potrebbe provocare una contrazione di questo comparto.

Con la nuova disciplina, la tassazione per i veicoli a combustione interna e ibridi subirà un incremento fino al 67%. Questo aumento grava su oltre un milione di lavoratori dipendenti con la conseguenza di rendere le auto aziendali meno convenienti sia per chi le utilizza sia per le aziende che le forniscono. La riforma non prevede alcuna agevolazione per incentivare l’adozione di veicoli elettrici, una lacuna che mina gli obiettivi di sostenibilità ambientale dichiarati dal governo. Capiamo meglio:


  • L’impatto della nuova tassazione auto aziendali su imprese e lavoratori

  • Le proposte per una riforma più equilibrata su tassazione e fringe benefit

L’impatto della nuova tassazione auto aziendali su imprese e lavoratori

Le modifiche proposte alla nuova tassazione auto aziendali date ai dipendenti comporteranno costi per i dipendenti, che vedranno aumentare il loro imponibile fiscale e contributivo. Per una vettura a motore termico, l’aumento della tassazione potrebbe tradursi in un costo aggiuntivo di 1.600 euro all’anno. Nel settore del noleggio, che è una parte importante del mercato delle auto aziendali, l’aumento annuo stimato oscilla tra 1.100 e 1.800 euro per veicolo. Questo aggravio riguarda l’85% dei veicoli noleggiabili attualmente sul mercato.

Le aziende, a loro volta, subiranno un incremento dei costi previdenziali pari a 122 milioni di euro, a cui si aggiungeranno le spese legate all’aumento dell’imponibile contributivo. Molte imprese potrebbero così rinviare l’acquisto di nuovi veicoli o a prorogare i contratti di noleggio esistenti, con effetti negativi sull’intero comparto automobilistico. Si stima che il numero di ordini di nuove auto aziendali potrebbe ridursi di 60.000 unità, causando una perdita di 112 milioni di euro di gettito fiscale e un impatto negativo sul Pil pari a 2,1 miliardi di euro.

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Uno degli obiettivi della riforma è incentivare la transizione verso una mobilità più sostenibile, ma le misure proposte – viene contestato – sembrano andare in direzione opposta. La tassazione non differenziata tra veicoli ibridi ed endotermici penalizza sia le aziende che i lavoratori, soprattutto in assenza di incentivi concreti per l’adozione di veicoli elettrici.

Le associazioni di categoria hanno sottolineato la necessità di introdurre agevolazioni fiscali per le ricariche domestiche dei veicoli elettrici, una misura per supportare la transizione tecnologica. Senza interventi, molte aziende e dipendenti saranno costretti a mantenere veicoli meno sostenibili, vanificando gli sforzi per ridurre le emissioni di CO2.

L’aumento dei costi rischia poi di frenare gli investimenti nel settore automobilistico e rallentare la diffusione di veicoli ecologici e aggravando le disparità territoriali. Le imprese del Sud Italia, già penalizzate da un contesto economico meno favorevole, potrebbero essere ulteriormente svantaggiate da questa riforma.

Le proposte per una riforma più equilibrata su tassazione e fringe benefit

Aniasa e Anfia hanno richiesto al governo di modificare il nuovo regime fiscale per le auto aziendali, proponendo soluzioni che bilancino la necessità di sostenere il bilancio pubblico con quella di incentivare la sostenibilità ambientale. Tra le proposte avanzate c’è una tassazione ridotta per i veicoli ibridi rispetto a quelli a combustione interna, per incentivare gradualmente il passaggio a modelli più sostenibili.

Quindi l’introduzione di incentivi fiscali per le ricariche domestiche dei veicoli elettrici, al fine di favorire l’adozione di queste tecnologie sia da parte delle aziende che dei dipendenti. Dopodiché la salvaguardia degli ordini effettuati prima dell’entrata in vigore della legge, per evitare effetti retroattivi che potrebbero penalizzare imprese e lavoratori.

Secondo le associazioni, queste misure non solo aiuterebbero a raggiungere gli obiettivi di sostenibilità ambientale, ma eviterebbero anche di compromettere un settore strategico per l’economia italiana.

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