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Da quando è uscita in Italia la legge che norma la tassazione delle plusvalenze crypto, uno dei grossi dubbi che è sempre circolato è la natura fiscalmente rilevante o meno della stablecoin DAI.
La legge infatti da questo punto di vista non era chiarissima, e le successive norme europee del MiCA avevano ulteriormente complicato la questione.
A dire il vero c’era stato un pronunciamento ufficiale dell’Agenzia delle Entrate, ma questi pronunciamenti non hanno valore legale, quindi i dubbi permanevano.
Ora sembrano essere stati definitivamente chiariti.
La questione della stablecoin DAI in Italia
Per dirimere una volta per tutte la questione, l’onorevole Giulio Centemero ha inviato una lettera ufficiale al Ministro dell’Economia e delle Finanze italiano chiedendo esplicite precisazioni riguardo la tassazione delle plusvalenze generate da vendite di criptovalute in stablecoin.
Infatti, DAI (ora chiamata anche USDS) è a tutti gli effetti una stablecoin ancorata al dollaro USA, anche se non è collateralizzata in USD.
La domanda di Centemero riguarda specificatamente la permuta di criptovalute in stablecoin ancorate a valute fiat.
In particolare, distingue tra e-money token (EMT) e asset-referenced token, proprio perché la nuova normativa europea individua all’interno della categoria delle stablecoin la sottocategoria degli e-money token.
Il punto chiave è che se da un lato era già certo che le permute in e-money token fossero fiscalmente rilevanti, non era ancora del tutto chiaro se lo fossero anche quelle in asset-referenced token.
La risposta del Ministro
Nella sua risposta scritta il Ministro scrive esplicitamente che la permuta tra cripto-valute e asset-referenced-token “non è fiscalmente rilevante“.
La questione quindi si può dire chiarita una volta per tutte.
Il Ministro aggiunge anche che la motivazione alla base di questa sua affermazione è che gli asset-referenced-token non sono classificabili come moneta elettronica, e soprattutto non sono rimborsabili al valore nominale.
In effetti, i token DAI (o USDS) sono emessi da un protocollo di finanza decentralizzato (MakerDAO, ora Sky), e non sono rimborsabili al valore nominale. Il loro valore nominale viene sempre artificialmente mantenuto a 1$ grazie ad appositi algoritmi, ma non è possibile restituire i token all’emittente in cambio di USD.
Invece, le stablecoin collateralizzate come USDT e USDC sono redimibili alla pari in dollari, e stando a ciò che dice il Ministro dell’Economia e delle Finanze italiano sarebbe questa la discriminante principale.
Nel suo scritto dice:
“qualora il detentore della stablecoin non abbia il diritto di credito al valore nominale nei confronti dell’emittente, l’eventuale permuta della stessa con una cripto-valuta non costituisce una fattispecie realizzativa”.
Tutto ciò fa riferimento al testo di legge, ed in particolare all’articolo 67, comma 1, lettera c-sexies), del TUIR, in cui c’è scritto che “Non costituisce una fattispecie fiscalmente rilevante la permuta tra cripto-attività aventi eguali caratteristiche e funzioni”.
La questione USDT
La questione della rilevanza fiscale di DAI (USDS) in Italia quindi è da considerare chiusa.
Rimane però aperta la questione della rilevanza fiscale di USDT (Tether).
USDT rientra nella categoria delle stablecoin collateralizzate in USD che danno al detentore il diritto di credito al valore nominale nei confronti dell’emittente. Infatti, chiunque può restituire USDT a Tether, ad esempio attraverso l’exchange Bitfinex che fa da mercato primario, ricevendo in cambio USD alla pari.
Tuttavia, la normativa europea MiCA non lo include negli e-money token, perché Tether non è registrata nella UE come emittente di e-money (moneta elettronica).
In altre parole, ad oggi stando alla normativa europea USDT non può essere considerato moneta elettronica, anche se è redimibile direttamente in fiat alla pari.
D’altronde la domanda dell’onorevole Centemero era specificatamente dedicata agli asset-referenced token, e non alla natura fiscalmente rilevante di USDT in Italia. A questo punto occorrerà presumibilmente attendere un ulteriore pronunciamento esplicito in merito.
La stablecoin DAI collaterallizata on-chain
DAI (o USDS) è una stablecoin algoritmica.
Ovvero sebbene il suo valore di mercato venga tenuto sempre attorno a 1$, non è collateralizzata in dollari, ma in criptovalute (in particolare Bitcoin e Ethereum).
Proprio per questo motivo i rischi di depeg sono maggiori, anche se a dire il vero dal 2021 ad oggi il suo valore di mercato non si è mai veramente depeggato dal dollaro USA.
Ciò significa che non è consigliabile detenere DAI a lungo termine, perchè il rischio depeg c’è, ma non ci sono problemi a detenerlo sul medio/breve periodo, a patto di non detenerla quando i mercati crypto crollano.
Un problema però c’è.
Infatti la nuova normativa europea vieta agli exchange di fornire agli utenti UE servizi in stablecoin che non siano e-money token, ed infatti l’utilizzo di DAI è stato già ampiamente limitato da molti exchange crypto.
Anzi, a partire da aprile in teoria tutti gli exchange che hanno utenti residenti nella UE dovranno togliere loro l’accesso alle coppie di scambio in DAI, che quindi rimarrà solo convertibile in USDC, altre stablecoin autorizzate, o valuta fiat.
Pertanto chi vuole continuare a poter vendere crypto in DAI nella UE dovrà utilizzare gli exchange decentralizzati.
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