Finanziamenti e benefici pubblici per i minori: l’erogatore deve informare ambedue i genitori

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La Regione, con oltre settanta rivoli, spesso clientelari, ed altre istituzioni pubbliche elargiscono a gogò finanziamenti, benefici fiscali, agevolazioni varie, anche sull’edilizia popolare, senza renderne conto a nessuno, nonostante i soldi dati con molta generosità ad alcune madri ed evidente parsimonia ad altre, in nome della tutela dei minori, siano soldi pubblici ed esistono organismi amministrativi di controllo specifici, da nessuno attivati, seriamente. L’ente locale, la Regione che gestisce direttamente o tramite deleghe ad altre istituzioni o enti locali erogano somme ingenti di beneficenza, che, in Valle d’Aosta, superano di gran lunga il miliardo di euro. E’ impossibile, per il cittadino, venire a capo dello sperpero dei soldi pubblici per mancanza di un unico registro dei finanziamenti e dei benefici fiscali delle persone che ne beneficiano. I servizi sociali gestiscono, pertanto, una somma di danaro pubblico con la massima discrezionalità, che, spesso, rasenta la discriminazione tra genitore e genitore, tra cittadino e cittadino. Il regolamento sul funzionamento dei servizi sociali in presenza di affido dei minori è quanto mai urgente per porre fine alla diffusa discriminazione di genere operata da un servizio sociale, privo delle dovute garanzie di oggettività e rispetto delle persone.

La politica lo sa, ma continua a tollerare questo ignobile abuso del servizio sociale, che non opera con imparzialità nella tutela dei minori, agevolando sempre la madre, e nulla fa per garantire al padre, ridotto alla fame, una dignità genitoriale, permettendo anche a lui di accedere ad una casa popolare dove vivere ed ospitare i figli quando sono con lui. Non avere una casa dove ospitarli e farli dormire incide negativamente sulla crescita dei minori, che, indubbiamente, dinnanzi ad una spaziosa casa in cui vivono con la madre (e che, spesso, è anche di proprietà del padre), anziché l’angusto monolocale in cui devono vivere con il padre, li rattrista e scelgono la casa materna. Monolocale che il genitore non collocatario non può permettersi, poiché è ridotto alla miseria e alla emarginazione socio-genitoriale dagli allegri provvedimenti del tribunale e dalle discriminazioni del servizio sociale che tiene nascoste, anche al giudice, le somme realmente percepite in varie forme dalla madre.
E’ fuori dubbio che il giudice, prima di emettere provvedimenti economici legati all’affido dei figli, deve avere una visione chiara delle e somme, realmente, della proprietà della casa assegnata alla madre, presso cui i figli sono prevalentemente collocati, e del possibile mutuo, che, convivendo, pagava il padre, ma che ora deve essere calcolato per determinare l’assegno di mantenimento del figlio a carico del genitore non collocatario, quasi sempre il padre, come pure devono essere considerate tutte le entrate di cui la madre collocataria può beneficiare e che, talvolta, sono anche consistenti.

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Per porre termine alle menzogne della madre, contenute negli atti di affido del minore, e alla discriminazione, pesante e, talvolta, causa prevalente di suicidio del genitore oppresso dalle istituzioni, gli amministratori della Regione, come da tempo stiamo sostenendo, devono dare precise e trasparenti disposizioni sulla gestione delle somme pubbliche elargite ai minori in difficoltà, creando il registro unico (comprensivo anche dei contributi pagati anche dalle varie articolazioni dello Stato, come, per es. l’Inps) e disponendo che di ogni finanziamento dati ai minori debba essere informato anche il padre, obbligato a versare l’assegno di mantenimento per il figlio. Considerata la vacuità dell’assessorato alle Politiche sociali, che non evidenzia una particolare attenzione alle impellenti e drammatiche situazioni dei separati e dei figli in affido, il giudice, nell’emettere il provvedimento di mantenimento dei figli da parte del genitore collocatario, dovrebbe elencare tutte le somme disponibili o alla madre e dovrebbe prevedere, come dovuto, l’entità dell’assegno dei figli spettante alla madre collocataria prevalente. Il mantenimento dei figli da parte di ambedue i genitori è un dovere per entrambi e lo stabilisce l’art. 30 della Costituzione. Il giudice, nel deliberare l’affido e il mantenimento del figlio, deve anche prevedere che qualsiasi variazione dei redditi e delle entrate di ambedue i genitori, devono essere comunicate tempestivamente a controparte, pena la revisione dell’affido.

Chi amministra le risorse pubbliche ha il dovere di non creare discriminazione tra cittadini ed effettuare i dovuti monitoraggi, provvedendo a rimuovere e richiamare alle proprie responsabilità civili e penali. Certo, per fare tutto ciò occorrono giudici non approssimativi nell’affido dei minori, servizi sociali con incarichi chiari e determinati dal giudice, che, comunque, riferiscono sui minori e sulla loro famiglia, senza proporre soluzioni di affido che sono di stretta competenza del giudice.

I politici sono chiamati a dare delle risposte chiare, ma e non equivoche sull’affido dei minori e sulla gestione dei soldi pubblici, ricordando loro che una cattiva gestione può portare alla loro condanna nelle sedi opportune e alla loro non rielezione nel prossimo autunno.

Con patti chiari, si evitano abusi e soprusi su inermi minori e sul genitore estromesso dalla loro vita. I troppi suicidi dei padri separati, in Valle d’Aosta, sono additabili anche alla cattiva politica sociale.

 

Ubaldo Valentini, pres. Associazione Genitori Separati per la Tutela dei Minori (aps)
www.genitoriseparati. it – contatti: tl. 347.650 4095 o Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.



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