Barriere architettoniche: il condominio è obbligato a rimuoverle?

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Riferimenti normativi: L.n.13/1989 – L.n.67/2006 – art.1120 c.c.

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Focus: Non solo i portatori di handicap ma qualsiasi persona può avere difficoltà motorie che limitano o rendono difficoltosa l’accessibilità e gli spostamenti in ambito condominiale in presenza di barriere architettoniche rappresentate da sopraelevazioni, scale, rampe di eccessiva pendenza e modalità di apertura delle porte di accesso agli alloggi. Il condominio ha l’obbligo di mettere in atto qualsiasi intervento utile all’abbattimento delle barriere architettoniche?

Principi generali: In via preliminare è necessario ricordare che per barriere architettoniche si intendono “gli ostacoli fisici che sono fonte di disagio per la mobilità di chiunque, ed in particolare di coloro che, per qualsiasi causa, hanno una capacità motoria ridotta o impedita in forma permanente o temporanea, e che limitano o impediscono a chiunque la comoda e sicura utilizzazione di spazi, attrezzature o componenti” (Decreto del Presidente della Repubblica n.503/1996). In ambito condominiale è la legge n.13/1989 che ha disciplinato inizialmente l’accessibilità degli spazi con riguardo sia ai portatori di handicap che a qualsiasi persona con disagi fisici e difficoltà motorie. Essa è stata successivamente modificata dalla legge n.220/2012, la quale prevede che la realizzazione di un servoscala e l’installazione di un ascensore idoneo al trasporto dei disabili siano approvate dall’assemblea condominiale, “in prima o in seconda convocazione, con le maggioranze previste dal secondo comma dell’art. 1120 del codice civile”. 

L’art.1120 c.c. stabilisce che l’amministratore deve convocare l’Assemblea entro 30 giorni dall’istanza presentata da un solo condòmino che deve contenere l’indicazione delle modalità di esecuzione di detti interventi. Poiché tali interventi che consentono di superare le barriere architettoniche in condominio costituiscono innovazioni, la normativa vigente prevede un quorum deliberativo costituito dalla maggioranza degli intervenuti e da almeno la metà del valore dell’edificio, tanto in prima quanto in seconda convocazione. In assenza di una maggioranza sufficiente, gli interessati all’abbattimento delle barriere architettoniche in un condominio possono provvedere a proprie spese.Tale principio di diritto è stato ribadito dalla Corte di Cassazione la quale, con la sentenza n.6129/2017, ha affermato che <<in tema di condominio, l’installazione di un ascensore su area comune, allo scopo di eliminare barriere architettoniche, rientra fra le innovazioni e va approvata dall’assemblea con la maggioranza prescritta dall’articolo 1136, commi 2 e 3, Codice civile (almeno la metà più uno dei condòmini), ma in caso di deliberazione contraria o omessa nel termine di tre mesi dalla richiesta scritta può essere installata, a proprie spese, dal portatore di handicap>>. In ogni caso, gli interventi realizzati non devono arrecare alcun pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato e non devono alterare il decoro architettonico. Come emerge dal dettato normativo la rimozione delle barriere architettoniche è un obbligo per il condominio, al fine di facilitare la vita sociale delle persone disabili nel rispetto della dignità umana e del diritto alla salute, ai sensi dell’art. 32 della Costituzione, che trova conferma nella giurisprudenza. 

La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n.17138 del 15 giugno 2023, ha ravvisato che rientrano nella categoria di discriminazione indiretta, ai sensi dell’art. 2 della legge n. 67/2006, le barriere architettoniche che ostacolano l’accesso agli edifici e il libero movimento. Nel caso di specie, il condominio aveva applicato tale discriminazione indiretta perché aveva omesso qualsiasi intervento utile all’abbattimento delle barriere architettoniche, impedendo al ricorrente di poter vivere e partecipare pienamente a tutti gli ambiti dove svolge la sua personalità, ai sensi degli artt.2 e 3 della Costituzione. La Corte, ravvisando un danno morale ed esistenziale del ricorrente per la presenza di dette barriere architettoniche, ha confermato che “l’ampia definizione legislativa e regolamentare di barriere architettoniche e accessibilità rende immediatamente applicabile la normativa sull’obbligo di rimuovere tali ostacoli e sul diritto all’accessibilità per le persone con disabilità permettendo loro di ricorrere alla tutela antidiscriminatoria quando l’accessibilità è impedita o limitata, a prescindere dalla presenza di normative specifiche che qualifichino determinati stati dei luoghi come barriere architettoniche”. Altresì, la Corte di Appello di Roma, con la recente sentenza n.3062/2024, si è pronunciata su un caso in cui per consentire l’accesso allo stabile di una donna affetta da Alzheimer, madre di una condomina, era stata installata una piattaforma elevatrice alla quale si opponevano fermamente altri due condòmini che ne chiedevano la rimozione perché la struttura aveva modificato il decoro dell’edificio. Il giudice di appello ha respinto la richiesta di rimozione della struttura di supporto alla persona disabile, tenuto conto del sacrificio economico sostenuto dai familiari condòmini per realizzare la struttura e del principio dell’accessibilità universale consacrato nella Convenzione delle Nazioni unite sui diritti delle persone con disabilità e richiamato dalla Corte costituzionale nella sentenza n.251/2008. 

 

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