Si può aumentare l’affitto prima della scadenza del contratto?

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Dilazioni debiti fiscali

Assistenza fiscale

 


Posso rifiutare un aumento dell’affitto prima della scadenza del contratto? Come comportarsi se il proprietario di casa chiede un supplemento del canone e cosa si rischia se non si paga.

Non poche volte il proprietario di casa chiede un aumento del canone di affitto prima della scadenza del contratto. Dinanzi a tale decisione unilaterale, arbitraria e improvvisa come deve comportarsi l’inquilino? Potrebbe subire uno sfratto qualora dovesse rifiutarsi di versare il supplemento, continuando a pagare l’importo originariamente concordato? In questo articolo vedremo se si può aumentare l’affitto prima della scadenza del contratto.

Forniremo consigli pratici su come rispondere a una richiesta di “canone extra” da parte del locatore ed elencheremo i diritti dell’inquilino.

Si può chiedere un aumento del canone di affitto?

Nelle locazioni ad uso abitativo, il canone di locazione non può essere aumentato prima della scadenza del contratto, salvo che non sia stato espressamente previsto, nel contratto stesso, un aggiornamento ISTAT (possibilità quest’ultima vietata nelle locazioni con cedolare secca).

Mutuo 100% per acquisto in asta

assistenza e consulenza per acquisto immobili in asta

 

L’articolo 13 della Legge 9 dicembre 1998, n. 431, stabilisce che è nulla ogni pattuizione volta a determinare un importo del canone superiore a quello risultante dal contratto scritto e registrato. Pertanto, qualsiasi richiesta di aumento del canone non prevista contrattualmente è da considerarsi priva di valore anche laddove accettata dall’inquilino e formalizzata in un accordo scritto e firmato da entrambe le parti.

Cosa rischia l’inquilino che non paga l’aumento del canone?

Il locatore non può sfrattare l’inquilino che non accetta l’aumento del canone e continua a corrispondere l’importo stabilito nel contratto di locazione. L’unico diritto che questi può esercitare è la disdetta dell’affitto alla successiva scadenza.

Come si può aumentare il canone di affitto?

Il locatore che voglia aumentare il canone di locazione ha solo due opzioni:

  • concordare con l’inquilino una disdetta anticipata del contratto di affitto e procedere alla stipula di una nuova scrittura, con canone aumentato. Tale soluzione non è praticabile però se non c’è l’intesa tra le parti;
  • avviare la procedura di modifica delle condizioni contrattuali prima del tacito rinnovo del contratto. In tal modo è possibile rinegoziare il contenuto dell’accordo. Per farlo, deve comunicare la propria volontà al conduttore almeno 6 mesi prima della scadenza del contratto, tramite lettera raccomandata A/R o PEC. La comunicazione deve essere chiara e inequivocabile, indicando in modo preciso le nuove condizioni proposte. Dovrà altresì chiarire se, in mancanza di accettazione delle nuove condizioni, si intende comunque rinnovare il contratto alle vecchie condizioni oppure no. Entro 60 giorni dal ricevimento della comunicazione, il conduttore può: 1) accettare la proposta: in tal caso, il contratto si rinnova alle nuove condizioni. Il locatore dovrà comunicare la variazione del canone all’Agenzia delle Entrate tramite il modello RLI; 2) fare una controproposta, proponendo a sua volta condizioni diverse. A questo punto, la palla torna alla controparte che dovrà a sua volta accettare o rifiutare; 3) rifiutare il rinnovo: in questa ipotesi il contratto termina alla scadenza.

Se la comunicazione di modifica delle condizioni arriva a meno di 6 mesi prima della scadenza, il contratto si rinnova automaticamente alle stesse condizioni. La proposta di modifica tardiva sarà quindi inefficace.

Quali sono i diritti dell’inquilino in caso di richiesta di modifica del canone di affitto?

Come anticipato, il conduttore non è tenuto ad accettare la richiesta di aumento del canone di locazione. Ma anche laddove lo faccia, sottoscrivendo una apposita scrittura privata, tale impegno non esplica alcun effetto giuridico e non è vincolante. La scrittura pertanto non può essere usata dal locatore per procedere allo sfratto per morosità.

L’inquilino che, nonostante ciò, versi la maggiorazione rispetto all’importo indicato nel contratto di locazione registrato, può pretendere la restituzione delle somme in più versate nel corso della locazione. La richiesta, da poter far valere anche tramite ricorso in tribunale, va avanzata entro il termine massimo di sei mesi dalla scadenza della locazione.

La giurisprudenza ha più volte confermato tali principi. Ad esempio, il Tribunale di Palermo, nella sentenza n. 771/2021, ha affermato che una volta firmato il contratto, le parti non possono stabilire aumenti del canone di locazione. Perché questi siano validi, è necessario attendere la scadenza del contratto e stipularne uno nuovo.

Inoltre, il Tribunale di Roma, nella sentenza n. 17098/2022, ha dichiarato nulla la clausola di aumento graduale del canone (canone a scaletta) nelle locazioni ad uso abitativo, sottolineando che il canone deve essere stabilito in misura fissa.

Sconto crediti fiscali

Finanziamenti e contributi

 

Pertanto, se il proprietario richiede un aumento del canone prima della scadenza del contratto, il conduttore ha il diritto di rifiutare tale richiesta. Non vi sono conseguenze legali per il conduttore che si rifiuta di pagare un aumento non dovuto.

Locazione a uso commerciale: è possibile aumentare il canone di affitto?

È possibile aumentare in modo graduale il canone di locazione nel contratto di affitto ad uso diverso da quello abitativo? Secondo la giurisprudenza è legittima la clausola del contratto che contempli aumenti graduali del canone, ma solo a determinate condizioni. Vediamo quali sono.

In generale, i contratti di locazione adibiti ad uso diverso dall’abitazione sono caratterizzati dalla libera contrattazione delle parti sulla misura del canone, nel senso che il locatore, nel quantificare il corrispettivo della locazione, è vincolato solo al rispetto delle normali leggi non scritte di mercato e della concorrenza, che di fatto indicano i limiti dell’ammontare annuo dei canoni da richiedere per immobili, con medesime caratteristiche, siti nella zona in cui è posto l’immobile da concedere in locazione.

Tale principio trova unica deroga nella possibilità per le parti di contrattualmente prevedere l’aggiornamento ISTAT annuale del canone nei limiti della misura del 75% dell’indice dei prezzi Istat al consumo.

Ogni patto avente ad oggetto aumenti del canone è nullo. Difatti, secondo l’art. 79 della legge 392/1978, sono privi di effetti vincolanti gli accordi volti a pretendere un canone maggiore. Quindi anche nella locazione a uso commerciale non è modificabile il canone nel corso del rapporto.

Quanto detto non pone, però, ostacoli alla legittimità della clausola del contratto che contempli aumenti graduali del canone, ove tale necessità sia scaturita da determinati fatti o vicende che hanno avuto incidenza sulla funzione economica e sull’equilibrio dell’intero rapporto: condizione imprescindibile per l’ammissibilità di una modifica quantitativa del corrispettivo inizialmente pattuito è che il c.d. aumento a scaletta trovi espressa giustificazione in elementi oggettivi predeterminati ed idonei, come tali, ad influire sull’equilibrio economico del sinallagma contrattuale (Cass. civ., Sez. III, sent. 30 settembre 2015, n. 19524).

Secondo la Suprema Corte, l’aumento del canone diverso dall’aggiornamento all’ISTAT deve ritenersi legittimo solo se ancorato ad elementi predeterminati in contratto, la cui prova deve essere rigorosamente posta a carico del locatore.

Contributi e agevolazioni

per le imprese

 

Alla stregua del principio generale della libera determinazione convenzionale del canone locativo per gli immobili destinati ad uso diverso da quello di abitazione, sono legittimi, tanto il patto con il quale le parti, all’atto della conclusione del contratto, predeterminano il canone in una misura differenziata e crescente per frazioni successive di tempo nell’arco del rapporto, quanto il patto successivo con il quale le parti provvedono consensualmente, nel corso del rapporto, a stabilire una misura del canone diversa da quella originariamente stabilita (Cass. civ., Sez. III, sent. 12 novembre 2021, n. 33884).

Deve, dunque, escludersi la legittimità di tali patti laddove emerga, dal contenuto del contratto o da altri elementi, che le parti abbiano invero perseguito lo scopo di neutralizzare soltanto gli effetti della svalutazione monetaria, così incorrendo nella sanzione di nullità prevista dall’art. 79, comma 1, legge 392/1978.

Per l’aumento a scaletta del canone, devono però sussistere alcuni elementi essenziali affinché simile accordo non venga travolto dalla nullità invece sancita dal citato art. 79. Deve esserci, in primo luogo, una predeterminazione sin dall’inizio del rapporto di locazione della misura finale del canone a cui si giungerà mediante successivi aumenti frazionati per un determinato lasso temporale. È indispensabile inoltre che vi sia la specifica indicazione in contratto dei motivi giustificativi di tale scelta, quale possono essere la necessità di eseguire sull’immobile opere di manutenzione straordinaria con onere a carico del conduttore oppure la previsione del conduttore di sviluppo futuro dell’attività svolta nel bene locato.

Le parti, in buona sostanza, restano libere di fissare la misura del canone, prevedendone anche modifiche purché in via preventiva. L’unico divieto resta pertanto quello di prevedere aumenti non predeterminati nel contratto e non ancorati al mutato potere d’acquisto della moneta e, come tali, destinati ad avere una entità non prevedibile al momento della stipulazione del contratto.

Deve peraltro ritenersi legittima la clausola che quantifica il canone annuo di locazione sulla base dell’andamento degli affari del conduttore, ad esempio anche nel caso di un immobile ad uso di sala cinematografica, al costo unitario del biglietto d’ingresso ed al numero dei biglietti venduti annualmente, salvo che risulti che le parti abbiano in realtà perseguito surrettiziamente lo scopo di neutralizzare soltanto gli effetti della svalutazione monetaria, eludendo i limiti quantitativi posti dall’art. 32, legge 392/1978 (nella formulazione originaria ed in quella novellata dall’art. 1, comma 9-sexies, legge 118/1985) ed incorrendo così nella sanzione di nullità prevista dal successivo art. 79, comma 1, della stessa legge (cit. Cass. civ., Sez. III, sent. 10 novembre 2016, n. 22909).



Source link

Finanziamo agevolati

Contributi per le imprese

 

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link