Una cerimonia per ricordare il Giorno della Memoria, ma anche per riflettere su quanto sta accandendo in tutto il mondo, e in particolare in Medio Oriente. Da Auschwitz a Gaza, il presidente Sergio Mattarella ha ripercorso non solo gli anni dello sterminio nazista e dei totalitarismi del Novecento, ma anche il ritorno di un linguaggio di odio, di disprezzo, che ora allarma nuovamente la nostra società. Al Quirinale, il presidente della Repubblica è stato affiancato anche da Liliana Segre, superstite dell’Olocausto, e dalla premier Giorgia Meloni. In platea oltre ai presidenti di Camera e Senato, Lorenzo Fontana e Ignazio La Russa, anche il vicepremier Antonio Tajani, il ministro della Difesa Guido Crosetto, dell’Interno Matteo Piantedosi, dell’Istruzione Giuseppe Valditara, della Cultura Alessandro Giuli.
La cerimonia al Quirinale
La cerimonia è stata condotta da Emma D’Aquino. Nel corso della celebrazione, aperta da un filmato a cura di RaiCultura, sono intervenuti la Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, Noemi Di Segni, e il Ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara. La Senatrice a vita Liliana Segre, sopravvissuta ad Auschwitz-Birkenau, ha portato la sua testimonianza intervistata da due studenti. L’attrice Elena Sofia Ricci ha letto alcuni brani tratti dal libro “La farfalla impazzita – dalle Fosse Ardeatine al processo Priebke” di Giulia Spizzichino e Roberto Riccardi. Durante la manifestazione, Simona Bondanza, accompagnata da Fausto Beccalossi, Rodolfo Cervetto e Stefano Bergamaschi, ha eseguito i brani musicali “Elì Elì”, “Dance me to the end of love” e “Rue des Rosiers”. La cerimonia si è conclusa con il discorso del Presidente della Repubblica. Erano presenti il Presidente del Senato della Repubblica, Ignazio La Russa, il Presidente della Camera dei Deputati, Lorenzo Fontana, il Presidente del Consiglio dei Ministri, Giorgia Meloni, rappresentanti del Governo, del Parlamento, delle Associazioni degli ex internati e deportati, della Comunità ebraica, e autorità politiche, civili e militari. Prima della cerimonia il Capo dello Stato ha consegnato la medaglia d’onore al Sig. Antonio Gnasso, ex internato e deportato e sono state premiate le scuole vincitrici del Concorso nazionale promosso dal Ministero dell’Istruzione e del Merito «I giovani ricordano la Shoah». In occasione della premiazione sono intervenuti la Presidente dell’UCEI, Di Segni, e il Ministro Valditara.
Liliana Segre: «Noi ebrei deportati nell’indifferenza di Milano»
«Eravamo incerti non sapevamo cosa fare, poi mio papà decise che saremmo scappati in Svizzera, ci preparò, ebbe un permesso dalle autorità di Como», «non immaginavamo che una volta entrati in Svizzera gli svizzeri ci avrebbero respinto, riaccompagnati al confine e iì arrestati». «Avevo 13 anni e mi sembrava impossibile, io italiana, essere arrestata da italiani, così cominciò il giro delle prigioni italiane finchè un giorno da San Vittore fummo portati alla Stazione Centrale, nei sotterranei della stazione dove oggi c’è il Memoriale della Shoah».
Questi alcuni passaggi dell’intervento della senatrice a vita Liliana Segre, in occasione della celebrazione della Giornata della Memoria al Quirinale. «Con grande indifferenza della città di Milano – ha ricordato Liliana Segre – il 30 gennaio del 1944 siamo stati portati su camion scoperti, tra calci e pugni di tedeschi e fascisti, fummo caricati su vagoni bestiame, con un poco di paglia per terra». «Il viaggio per arrivare ad Auschwitz durò una settimana, i più fortunati erano quelli che pregavano, io no, venivo da una famiglia atea, altri piangevano, poi solo silenzio». Al Memoriale della Shoah a Milano c’è la scritta Indifferenza, voluta dalla senatrice Segre che ha ricordato che «solo tre delle mie compagne di scuola sono rimaste mie amiche e hanno continuato a invitarmi», dopo l’approvazione delle leggi razziali. «Anche la maestra fu indifferente, come il mondo intorno a me». Liliana Segre era rimasta senza mamma, e la delusione provocata dal comportamento della maestra fu grande. «Sostengo- ha detto Liliana Segre – che nel ricco vocabolario italiano non ci sono le parole per descrivere quello che sono state le persecuzioni, i campi di sterminio». «Avevo compiuto 14 anni da prigioniera, sono stata prigioniera schiava fino al Primo maggio del 1945, cose che, per ora, si studiano sui libri di storia». La sottolineatura di quel «per ora» fa riferimento ai tanti episodi di antisemitismo che emergono in Europa, legati anche alla guerra tra Israele e Hamas dopo gli attacchi del 7 ottobre 2023 a civili e militari israeliani. «Vedevamo questo nervosismo dei nostri carcerieri, mi pare che nella marcia della morte siamo partiti in 58mila, degli scheletri», ha detto Liliana Segre ricordando che dopo l’apertura dei cancelli di Auschwitz continuò per i deportati la lotta per la sopravvivenza, «sentivo quelli che cadevano che non ce la facevano, allora si sentiva uno sparo, io camminavo, volevo vivere». «Sono stata così amata da bambina, per i miei primi 13 anni ho avuto così tanto amore che ho avuto uno scudo fantastico che sapevo di avere anche quando avevo l’uniforme stracciata di Auschwitz», ha ricordato Liliana Segre parlando dell’amore ricevuto dai suoi familiari, tutti uccisi nella Shoah.
Le parole di Sergio Mattarella
Ieri ad Auschwitz «abbiamo vissuto un evento storico, di straordinaria importanza, che tesse insieme, in un’unica tela, passato e futuro, memoria e responsabilità di oggi. Un evento che ha espresso anche il significato di rinnovare un patto tra le nazioni e i popoli che, in tempi difficili come quelli che stiamo attraversando, in cui la violenza, l’aggressione, l’inimicizia, la guerra sembrano voler prendere il sopravvento, accende una speranza. Auschwitz, con le recinzioni elettrificate, le minacciose torrette, le camere a gas, le ciminiere, i crematori…Le crudeli selezioni, le percosse, la fame, il gelo, la paura, i criminali esperimenti medici…Auschwitz provoca sempre infinito orrore, scuote le nostre coscienze, le nostre convinzioni. Genera angoscia, turbamento, interrogativi laceranti. Non si va, non vi si può andare, come se fosse solo un memoriale di un’epoca passata, un sito storico oggi trasformato in un monumento alle vittime di tanta sofferenza. Da Auschwitz – smisurato cimitero senza tombe – si torna ogni volta sconvolti. Perché Auschwitz è il «non luogo» per eccellenza, una nebulosa, dove le coordinate spaziali si smarriscono e il tempo si ferma. Non è una parentesi, per quanto orribile. Alberga nel fondo dell’animo dell’uomo. È un monito insuperabile e, insieme, una tentazione che sovente affiora».
«Lo sterminio nazista non nacque per un caso. Fu una macchina di morte lucidamente progettata da uomini – utilizzando i ritrovati della tecnica e una accurata organizzazione burocratica – per sopprimere uomini e donne innocenti, intere comunità, culture, popoli, considerati inferiori. Ebrei provenienti da tutta l’Europa, uccisi a milioni. Rom e sinti, deportati politici, minoranze religiose, omosessuali, malati di mente e disabili. Persone che, secondo quella follia sanguinaria, non erano tali, non avevano diritto di esistere. Un pensiero letale e mefitico prese forma di partito e, con il terrore e la propaganda, divenne regime. Arrivando a convincere milioni di cittadini, che la loro felicità, il benessere loro e della nazione, fossero ostacolati dalla sparuta presenza degli ebrei; e di altre piccole minoranze».
«Come notò Sigmund Bauman, parlando dei totalitarismi del Novecento, le vittime di Hitler e di Stalin «furono uccise perché non rientravano, per una ragione o per un’altra, nel progetto di una società perfetta: […] un mondo comunista. O un mondo ariano, puro dal punto di vista razziale. Come quella delle erbe infestanti, la loro natura non poteva essere modificata. Esse non si prestavano per essere migliorate o rieducate. Dovevano essere eliminate».
«Auschwitz è la conseguenza diretta delle leggi razziste, ignominiosamente emanate anche in Italia dal regime fascista e della furia antiebraica nazista, di cui il regime fascista e la Repubblica di Salò furono complici e collaboratori, fino alla soluzione finale. Auschwitz rappresenta l’abisso più profondo e oscuro mai toccato nella storia dell’umanità». La Shoah rappresenta «un universo di orrore e di abiezione, che appartiene a quello stesso genere umano che oggi guarda a quella stagione con dolore, sconcerto, talvolta con la tragica indifferenza di chi pensa che si tratti di un passato che non può tornare», ha aggiunto il presidente. «Anche con la definitiva sconfitta del nazifascismo in Europa, con la ripresa delle democrazie, le ferite non si sono mai del tutto rimarginate. Era arrivata la liberazione. Ma ombre, parole e fantasmi continuarono – e continuano – a generare inquietudine. Sosteneva in quegli anni Primo Levi: “Auschwitz è fuori di noi, ma è intorno a noi. La peste si è spenta, ma l’infezione serpeggia”. Cominciava un’era di libertà e di solidarietà, ma il suo avvio era accompagnato da non piena consapevolezza degli orrori più perversi degli anni della guerra, da dubbi sulle prime notizie, talvolta da incredulità rispetto a quanto era avvenuto nei campi nazisti. Lo sa bene chi è sopravvissuto a quella tragica e disumana esperienza».
«La sofferenza vostra e dei vostri cari, così come il sacrificio dei tanti caduti per la libertà, hanno plasmato lo spirito e la forma della nostra Costituzione, che è nata – e vive – per cancellare i principi, le azioni, le parole d’ordine del cupo dominio nazifascista, di cui il sanguinoso conflitto mondiale e i campi di sterminio furono gli esiti crudeli e inevitabili».
Giorgia Meloni: «Importante attualizzare il messaggio»
«Condivido quello che ho sentito penso che sia particolarmente importante in questo momento attualizzare questo racconto come è stato ampiamente detto, tanto dalla senatrice Segre quanto dalla presidente Di Segni e dal presidente della Repubblica e dal ministro Valditara È una di quelle battaglie che non si finisce mai di combattere». Così la presidente del Consiglio Giorgia Meloni lasciando il Quirinale dopo la celebrazione del Giorno della Memoria.
Valditara: «Nei lager demolizione programmata dell’essere umano»
«Mentre riflettevo su questo mio breve intervento, mi sono tornate in mente le parole con cui Primo Levi descrive l’impatto con quel luogo dell’orrore che è il lager: “allora per la prima volta ci siamo accorti che la nostra lingua manca di parole per esprimere questa offesa, la demolizione di un uomo. In un attimo, con intuizione quasi profetica, la realtà ci si è rivelata: siamo arrivati al fondo. Più giù di così non si può andare: condizione umana più misera non c’è, e non è pensabile”. È il paradosso dell’indicibilità, la cifra dell’orrore puro. L’evidenza per cui il nostro linguaggio, il nostro apparato di categorie, tutto il grandioso edificio culturale allestito nei secoli dalla nostra civiltà incentrata sul valore della persona umana, in prima istanza non può che sfasciarsi di schianto e rimanere muto, appunto, di fronte all’indicibile, come scriveva Primo Levi: la demolizione programmatica dell’essere umano realizzata da uomini». Lo ha detto nel suo discorso alle celebrazioni della Giornata della Memoria al Quirinale, il ministro dell’Istruzione e del merito Giuseppe Valditara «Eppure, come insegna lo straordinario itinerario di testimonianza di Primo Levi, si tratta di un’evidenza che bisogna superare. Non far vincere l’orrore significa anche reperire faticosamente le parole e i concetti per raccontarlo, coltivare l’urgenza, prima ancora che il dovere, della Memoria.Mi fa piacere ricordare che è lo spirito con cui ogni anno il Ministero dell’Istruzione e del Merito- ha proseguito Valditara – promuove l’iniziativa “I giovani ricordano la Shoah”: un concorso che mira innanzitutto ad ascoltare le nostre studentesse e i nostri studenti, ad imparare da loro, dalla loro sensibilità e dalla loro creatività, cosa è stata e cosa significa questa tragedia immane, definitiva, insormontabile, non dimenticabile». «La traccia scelta quest’anno – ha detto Valditara – riprende un’espressione utilizzata dalla senatrice Liliana Segre per descrivere il marchingegno dell’orrore assoluto: “Per la sola colpa di essere nati”. È stato questo, alla radice, il salto di qualità vertiginoso della Shoah rispetto ai pur innumerevoli e devastanti orrori che hanno costellato la storia umana: non l’eliminazione del Nemico, di un altro uomo giudicato avversario irriducibile, ma l’eliminazione dell’Errore, di un non-uomo giudicato sbagliato intrinsecamente perché non appartenente alla Razza Eletta, e quindi come tale da rimuovere». «È l’uomo trasformato in cosa. Ieri ero al memoriale di Milano e ho visto e ho sentito parlare di questi Stücke, pezzi, blocchi di uomini trasformati in pezzi da caricare su quei carri piombati. Colpevole l’uomo, appunto, di essere nato, e di aspirare a un’umanità che non gli appartiene per statuto. Era l’esistenza stessa delle vittime, ad essere sommamente offensiva per i carnefici: solo in questo capovolgimento morale totale può prendere corpo qualcosa come lo sterminio di massa, che è anche sterminio meccanizzato, burocratico, impersonale», ha concluso Valditara.
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