Il Parlamento ha approvato la riforma costituzionale che rafforza la tutela delle vittime di reato

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Il Parlamento si mostra unanime nell’approvare la modifica dell’articolo 24 della Costituzione, che rafforza la tutela delle vittime di reato. Una riforma che, a differenza del controverso disegno di legge sulla separazione delle carriere, sembra seguire un percorso condiviso e privo di ostacoli, con un solo voto contrario e astenuto.

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In un clima di rara concordia parlamentare, prende forma una riforma costituzionale che mira a consolidare la tutela delle vittime di reato. Mentre la Camera discute, tra polemiche, il disegno di legge sulla separazione delle carriere, che sancisce la netta distinzione tra giudici e pubblici ministeri, il Senato approva quasi all’unanimità, con un solo voto contrario e un’astensione, la modifica dell’articolo 24 della Costituzione. Questa riforma rappresenta il primo passo di un percorso legislativo lungo e articolato, che richiederà quattro votazioni complessive, che gode tuttavia di un consenso trasversale mai visto prima. La proposta nasce dalla fusione di quattro iniziative parlamentari e si propone di riconoscere come obbligo dello Stato la protezione delle vittime e delle persone danneggiate dal reato, garantendo loro un trattamento adeguato durante il processo.

Alfredo Bazoli, esponente del Partito Democratico, ha sottolineato come sia essenziale evitare che il processo diventi uno strumento di vendetta: “La cultura giuridica consolidata occidentale e liberale del diritto ci dice che il processo è dedicato alla verifica delle responsabilità del reo, all’interno di una cultura che deve tenere al riparo l’indagato e l’accusato dai rischi di vendetta, cioè dai rischi che, anziché destinatari di una pena adeguata e proporzionata al fatto eventualmente commesso, l’indagato e l’accusato siano invece oggetto di una vendetta, sulla base dei sentimenti, delle pulsioni più di base presenti nell’opinione pubblica, che possono essere veicolati anche attraverso il dolore delle vittime“, ha dichiarato in aula.

Anche Sergio Rastrelli, di Fratelli d’Italia, ha elogiato l’inserimento nell’articolo 24, che consente di recepire le indicazioni delle istituzioni europee senza alterare il giusto processo, mantenendo intatte le garanzie per gli imputati: “il perfezionamento attraverso l’articolo 24″, ha dichiarato Rastrelli, “sta nel fatto che questa norma lascia integro l’articolo 111 della Costituzione, non sovrappone impropriamente il piano della tutela della vittima con le garanzie dell’imputato, recependo in modo intelligente tutte le sollecitazioni in campo internazionale della Corte di giustizia europea, dell’Unione europea e dei rilievi delle corti penali internazionali”. 

Come cambia l’articolo 24 con la nuova riforma

La nuova formulazione prevede ora l’aggiunta di “la Repubblica tutela le vittime di reato”, con una collocazione diversa rispetto alla proposta iniziale: inizialmente la norma era stata infatti pensata per l’articolo 111 della Costituzione, dedicato al giusto processo, poi è stata invece inserita nell’articolo 24, che regola invece il diritto di difesa. Questa scelta è frutto di un approfondimento che ha coinvolto, anche in questo caso, tutte le forze politiche e ha evitato il rischio di compromettere l’equilibrio del processo penale, proteggendo al contempo i diritti degli indagati.

Chi sono le vittime di reato

Quando si parla di vittime di reato si intendono non solo coloro che subiscono un danno diretto da un’azione illecita, come le vittime di violenza o furto, ma anche le persone che subiscono conseguenze indirette, come per esempio i familiari o altre figure coinvolte emotivamente o materialmente. Questa riforma ha quindi l’obiettivo di garantire loro un ruolo centrale nei procedimenti giudiziari, senza per questo sovrapporre il piano della tutela con le garanzie costituzionali riservate agli imputati.

Il dibattito sulla separazione delle carriere

A fare da sfondo a questa riforma c’è il controverso tema della separazione delle carriere, che punta a distinguere nettamente le funzioni dei magistrati giudicanti da quelle dei pubblici ministeri. Questa proposta, che divide invece fortemente il Parlamento e l’opinione pubblica, deve essere ancora approvata alla Camera.





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